sabato 31 dicembre 2011

del filo nero

A me piacerebbe tanto sapere come fanno delle cose a tornarmi in mente così all’improvviso, senza che io riesca a vedere come ci sono arrivate. Ero lì a pensare ai fatti miei, qualcosa simile al tirare le somme dell’anno che sta finendo, quando mi è tornata in mente una favola che mia mamma ci raccontava quando eravamo piccole. E non è tornata intera, no, solo un pezzo e adesso mi toccherà chiedere a mia mamma se se la ricorda ché la cosa che non me la ricordo bene mi innervosisce. In questa storia c’era un fagiolo che rideva e rideva così tanto che era scoppiato dal ridere. Ma non per modo di dire, che si dice: mi fai scoppiare dal ridere, proprio nel senso di quelle parole. Si era spaccato in due a forza di ridere. In due per il lato lungo, come si dividono i fagioli quando da bambina la maestra di scienze li fa mettere nel cotone bagnato e poi, dopo un po’ di giorni, si son divisi in due e compare la piantina. Dicevo che questo fagiolo era scoppiato dal ridere e poi, nella favola, era passato un sarto e gli aveva dato un punto per rimetterlo insieme, ma il sarto con e sé aveva solo del filo nero e così i fagioli avevano tutti il segno del filo nero del sarto. E io me li ricordo che i fagioli che c’erano in casa dei miei, quelli che mia mamma usava per fare la pasta e fagioli avevano sul serio un puntino nero come quello della favola. Pensavo che fossero i Borlotti, poi ho cercato su google immagini e invece non son loro. Chissà che fagioli sono quelli che son marroni, di media dimensione e con il punto nero ma soprattutto: che cosa aveva fatto ridere così tanto il fagiolo?

venerdì 30 dicembre 2011

un consiglio

Cato mi ha consigliato di non star qua con il computer sulle gambe, di chiuderlo e riaprire il libro che si stava molto più comodi come prima di cena. Ha sopportato che controllassi la posta, poi era contento che avessi ricevuto una mail dalla mia amica Ange (è un gatto altruistico ed è contento se i suoi umani domestici sono contenti e poi è meglio che dimostri la sua gratitudine fingendo di non essere disturbato dal mio battere sulla tastiera dal momento che mentre cucinavo gli ho dato una fetta di cotto), ha sopportato che rimanessi in questa posizione mentre le rispondevo ma ora reclama le mie gambe. E bon, la pianto qua e gli do retta.

giovedì 29 dicembre 2011

una specie di sentimento

C’è un che di gradevole nel cibo casalingo, è difficile spigarlo, ma è un qualcosa di unico, una specie di sentimento. Come se lo stomaco potesse distinguere il cibo che non hai pagato e che qualcuno ha preparato con un certo amore. E il mio stomaco, dopo tutte le pizze, i piatti cinesi e i take away che ha ingollato da che sono arrivato qui, sapeva apprezzare quel dono e lo ricambiava con rigurgiti di calore che di tanto in tanto risalivano dal petto.

Pizzeria Kamikaze – Dalla raccolta “Il centro di vacanze di Kneller” - Etgar Keret - pag. 34

(anche il mio stomaco sa distinguere il cibo preparato con un certo amore, è per quello che dopo le feste, dopo aver festeggiato tutti insieme il 24, essermi fermata il 25 e averli aiutati a finire gli avanzi il 26 e bene non farsi venire idee del tipo: salire su una bilancia che ha la pila)

mercoledì 28 dicembre 2011

sulla funzione dell'ugola

… chiese al rabbino della sinagoga sefardita /…/ quale fosse la funzione dell’ugola secondo la tradizione ebraica. Sapeva che i rabbini, al contrario dei medici, avevano sempre una risposta per qualunque cosa.
“/../ L’ugola è la barriera tra l’anima e la voce che esce dall’uomo. È una barriera che dice all’uomo: rifletti su ogni parola che esce dalla tua bocca. Perché nel momento che esce dalla bocca, lei non è più tua. Appartiene a tutti. ”

Ogni casa ha bisogno di un balcone – Rina Frank – pag. 189

martedì 27 dicembre 2011

tornata



Ieri pomeriggio sul tardi mi son fatta un giretto fino in stazione e mi son comprata il biglietto del treno per tornare alla base. Mi son piaciuti questi tre giorni e qualcosina, son stata bene. Mangiato troppo ma questo l’avevo messo in conto dal momento che sono andata a casa e alle mamme, si sa, piace nutrire le figlie. Anche ai papà però (almeno al mio).
Arrivata qua, proprio appena uscita dalla stazione di Brignole ho sentito caldo, ho guardato in alto, sopra quella specie di grattacielo che c’è di fronte a Brignole, segnava sedici gradi. Quando son partita da Bergamo ce ne erano sei, sfido che sento caldo, mi son detta. Poi sul terrazzo di casa ho visto che non è più uno, son tre i tulipani che hanno messo fuori dalla terra una puntina verde. Chissà se ce la faranno. Vedremo.

sabato 24 dicembre 2011

giovedì 22 dicembre 2011

una bambina bergamasca

Non so bene come mai ma quest’anno Natale mi ha preso male. E questo è strano, non è da me. Perché io di solito faccio l’albero l’8 dicembre, metà dei regali fatti da me (e a volte questo vuol dire iniziare realmente molto prima), canticchio canzoncine stupide per quasi tutto il mese di dicembre e inforno teglie di biscotti dalle forme assurde (ma che dovrebbero sembrare abeti). E quest’anno invece niente albero, solo tre regali sono fatti da me (nel senso di con le mie manine) e il forno non l’ho acceso se non per scaldare. Va be’ starò invecchiando o forse a volte capita e bon, bisogna farsene una ragione. Però a cercar regali mi sono divertita. Questo almeno sì. Anche l’ultimo della lista che mi ero fatta. È un telaio per lavorare con le perline di Hello Kitty, mi piace molto e penso piacerà anche a chi lo riceverà. È per una bambina che l’altra sera ha detto a sua nonna: guarda che io lo so che Babbo Natale non esiste. E poi, rispondendo alla nonna che le chiedeva se era proprio sicura ha aggiunto: sì, i regali veri li porta S. Lucia. Quelli di Babbo Natale sono i regali dei nonni, dei cugini, degli amici.

lunedì 19 dicembre 2011

una foto

Sto guardando una foto che è stata scattata a luglio del ’67. Ci siamo io, mia sorella e mia zia, la sorella di mia nonna. In quella foto Latte bimba non ha ancora compiuto i tre anni, le manca poco però. Ho chiesto a Daniele se me la scansiva così potevo farla ristampare e metterla nella cornice che voglio regalare a mia zia. Vedere quella foto mi mette allegria e tristezza insieme. Mi sa che qua invece che perdermi nei ricordi che, bello è bello, ma si sa dove si inizia e non dove si arriva, sarà meglio che vada a vedermi la puntata dedicata a Jannacci e a cucire uno scalda collo (ribattezzato copri gola) che ho fatto.

domenica 18 dicembre 2011

raffinato

Oggi sono andata a comprare un CD. Adesso Ricordi e Feltrinelli sono in unico negozio e passando per andare a cercare il CD ho sentito un aggettivo che messo lì, in quella frase lì, era realmente curioso. Mi stava fin venendo voglia di fermarmi, fingere di cercare qualcosa a quel piano e sentire come andava avanti quel dialogo.

Commessa: Ha bisogno?
Cliente: Sì. Mi consiglia un libro?
Commessa: Per chi?
Cliente: Per un bambino di cinque anni.
Commessa: Un illustrato.
Cliente: No, avrei bisogno di un libro raffinato. È un regalo.

lotteria

Oggi ho fatto un bancomat, ero rimasta con meno di due euro e volevo comprarmi un pezzo di pizza. Sono andata allo sportello e mi è comparsa una scritta che mi avvertiva che non potevo prelevare. Io ero sicura sicura che invece potevo, però nella strada che ho fatto per cercare un altro sportello ero lì a dirmi: e se non potessi sul serio prelevare fino alla fine del mese? È un casino. Poi allo sportello dopo invece non mi è comparso scritto che non potevo. Ti sei preoccupata per niente, dicevo a me stessa, lì avevan finito i soldi è per quello che ti han messo quel messaggio. Ho prelevato, ho contato i soldi e c’eran venti euro in meno. Li ho contati una seconda volta, ne mancavano sempre venti. Chissà se mi crederanno quando lunedì andrò a vedere se riesco a recuperare i venti che mi mancano.
Poi arrivata a casa c’erano, due banconote stavan appiccicate tra loro ma eran due. Ora, mentre aspetto che la pizza si scaldi nel forno, mi sembra di aver vinto alla lotteria. Venti euro.

sabato 17 dicembre 2011

si fatica, a volte

Avevo segnato su un pezzetto di carta dei titoli e così ‘sta mattina, che ero in giro a cercar regali ho provato a vedere se li trovavo. Anche gli autoregali sono contemplati quando si va in giro a cercar regali. Ecco, di otto titoli ne ho trovato uno. Il mio amico librario quando ha visto il foglietto mi ha sorriso. Secondo me si diverte quando arrivo con le mie liste. Senti, mi ha detto dopo avermi avvertito che non c’era speranza di trovare due libri perché sono ormai fuori catalogo, provo a cercarti gli altri e ti faccio sapere. Questi due secondo me te li trovo di sicuro. Lui fa sempre così: parte dalle brutte notizie e poi ti lascia con quelle belle. A leggere autori israeliani a volte si fatica, se si escludono alcuni autori gli altri devi star attentissima e cercare i loro libri appena escono che già dopo pochi anni sono introvabili.

fioriscono




(anche quella che da mesi era senza fiori)

venerdì 16 dicembre 2011

una cosa nuova

Dopo pranzo sono andata a prendere un caffè alla macchinetta e mentre aspettavo che la bevanda gusto caffè piovesse nel bicchierino sentivo un rumore strano. Ma che cos’è ‘sto rumore? pensavo. Mi sembrava il rumore di una lucidatrice. Strano che passino la cera qua, dietro quella porta c’è fisioterapia, mi par proprio strano che si mettano a cerare un pavimento dove poi passa gente che usa le stampelle, pensavo. Poi ho capito: era il vento che si infilava nel cassonetto della tapparella.
Oggi ho imparato una cosa nuova: il vento che si infila nei cassonetti delle tapparelle, a volte, può fare un rumore del tutto simile a quello della mia lucidatrice.

giovedì 15 dicembre 2011

non due ma uno

Le letture e l’esperienza di vita non sono due universi ma uno. Ogni esperienza di vita per essere interpretata chiama certe letture e si fonde con esse. Che i libri nascano sempre da altri libri è una verità solo apparentemente in contraddizione con l’altra: che i libri nascano dalla vita pratica e dai rapporti tra gli uomini.
(Presentazione di Italo Calvino a Il sentiero dei nidi di ragno pag. XVI)

mercoledì 14 dicembre 2011

Furioso




Oggi ho portato a casa Furioso. Il primo cactus che è arrivato in laboratorio si chiamava Furio. Durato poco, un’estate è rimasto sotto le cure di un ospite tedesco che ha passato un periodo da noi in laboratorio e al ritorno delle ferie l’abbiamo trovato morto. Quando la mia amica C. è partita per andare a lavorare a Barcellona (era aprile 2008) ci ha regalato un cactus nuovo (anche il primo l’aveva portato lei). È così che Furioso è arrivato da noi. Furioso inizialmente era felice, cresceva, metteva spine nuove. È stato persino rinvasato perché nel suo vaso originale non ci stava più (inutile dirlo ma lo scrivo lo stesso, l’ha rinvasato C.). Quest’estate è cresciuto pochissimo, e quel poco anche storto. Poi con il primo freddo l’ho portato dentro, sul bancone vicino al mio. Poverino, sta malissimo ha persino perso clorofilla dalle coste. Secondo me è depresso. C. non ha attraversato un bel periodo e lui si è ammalato, preoccupato nel vederla preoccupata, ha iniziato a deperire per simpatia. Io, a Furioso, gli parlato, glielo detto che adesso C. sta meglio, che cambia lavoro che da gennaio non sarà più in lab e che da quando ha preso questa decisione sta rinascendo, giorno dopo giorno. Io glielo detto che andrà tutto bene, che continueremo a vederla, che passerà ogni tanto. Gli ho anche detto che se vuole lo porterò fuori a prendere degli aperitivi quando ci vedremo nell’anno nuovo in modo differente ma lui rimane lì, sbiadisce, sta storto, non mette spine nuove. È veramente cocciuto come un cactus. Allora mi sono decisa e, dopo aver consultato C., l’ho portato a casa. Ora è lì, vicino alle mie piante grasse, alle orchidee. Gli ho dato un po’ di concime liquido, di quelli fatti apposta per le piante grasse, me lo tengo un po’ a casa. Speriamo si ambienti, speriamo si riprenda presto.

martedì 13 dicembre 2011

per ora

aggiornamento: per ora tiene, poi si vedrà nel pomeriggio ma per ora tiene
(della serie: strano ma vero)

lunedì 12 dicembre 2011

ipotesi-esperimento-nuova ipotesi

Per quattro giorni non ho pensato a nulla che riguardasse il mio lavoro e ho riempito il mio tempo in maniera completamente differente. Così poi oggi è capitato che tornata ho fatto fatica. Poi le cose le ho fatte, non è che non le ho fatte. Un po’ lentamente ma pace, meglio così che niente, ringraziando l’agenda e la mia mano che ci ha scritto su delle robe che mi han aiutato a ritrovare il filo, che male c’è? l’agenda serve (anche) a quello. Sembra impossibile perdere il filo in quattro giorni, però è successo. È un dato di fatto e se è un dato di fatto, proprio perché è un dato di fatto, è possibile. La giornata di oggi mi ricorda un po’ quegli esperimenti che faccio convinta di aver capito e di saper già cosa deve venire, che faccio per aver la prova di aver capito giusto. Oggi è stato un po’ così, ero convinta, mentre andavo a lavorare, che avrei fatto tantissimo dopo la mia vacanzina di quattro giorni e invece a guardar i risultati, mentre tornavo a casa, ho dovuto rivedere la mia ipotesi. Adesso ho fatto una nuova ipotesi: domani, dopo la mia vacanzina di quattro giorni e avendo già iniziato oggi a riprendere il filo, sarà una giornata di quelle che mi rendono e tornando a casa sarò felice e contenta per quello che sarò riuscita a fare. Domani faccio il nuovo esperimento, chissà magari ‘sta volta l’ipotesi tiene.

sabato 10 dicembre 2011

progetti

Ho architettato tanti progetti – che, è vero, sono irrealizzabili – ma che non sono tuttavia votati a un fallimento totale.
Vincent a Theo, 2 gennaio 1883.

(Ieri sono andata a vedere la mostra: Van Gogh e il viaggio di Gauguin che c’è al Ducale. Bella, molto bella.)

mercoledì 7 dicembre 2011

mangiare (non nutrirsi)

Mi piace cucinare, a conoscermi non si direbbe. Faccio più o meno sempre le stesse cose e cucinare è, per me, un verbo da sabato e domenica, il resto della settimana ci si nutre con quel che c’è e quel che si fa in poco tempo. Però, al di là delle impressioni che uno può avere conoscendomi, rimane il fatto che mi piace cucinare, guardar ricette, comprare le cose, sperimentare. Forse è perché mi piace mangiare. Non nutrirsi, mangiare. Mi piace la tavola apparecchiata bene, le chiacchiere tra un boccone e l’altro. Mi piace e bon, è così. E così poi ci sono le sere come queste che passo delle orate a leggere ricette e curiosare nei blog di ricette. E così ceno due, tre, quattro, cinque volte. E guardo foto una più bella dell’altra e cerco di capire come si possono fare quei piatti, se sono alla mia portata o meno, se sono adattabili a due persone (tenendo presente anche che una delle due mangia pochissimo, dolci a parte).

martedì 6 dicembre 2011

riciclo

C’è un gioco molto bello, almeno secondo me, l’ho scoperto su Fahrenheit qualche anno fa. Per giocare s’impilano dei libri e si cerca di fare delle poesie con i titoli. Adesso, cioè non adesso adesso, adesso nel senso di da poco, c’è un gruppo su aNobii dove si possono lasciare delle poesie dorsali, e allora oggi, che non so bene che cosa scrivere, ho deciso che copio qua sotto quelle che ho fatto.

Non so (Lorenzo Licalzi)
Cosa ci faccio seduto qui per terra (Joël Egloff)
A ovest di Roma (John Fante)

Ingannevole è il cuore più di ogni cosa (J.T. Leroy)
Sono pazza di te (Rosanna Campo)
L’uomo che non ho sposato (Rosanna Campo)
Dio la benedica, Mr. Rosewater (Kurt Vonnegut)

Marcovaldo (Italo Calvino)
Un amico (Jakob Arjouni)
Qualcuno con cui correre (David Grossman)
Velocemente da nessuna parte (Grazia Verasani)

Il tuffatore (AA.VV)
Buttarsi (Dan Fante)
Alla grande (Cristiano Cavina)

Dov'eri tu quando le stelle del mattino gioivano in coro? (Christian Raimo)
Mi ricordo (Matteo B Bianchi)
In fondo alla palude (Joe R. Lansdale)

domenica 4 dicembre 2011

domani

Domani BS* day. Il capo dei capi aprirà le danze alle 8 e 25 e le chiuderà alle 19 e 20. La mattina non è prevista un’interruzione, ci saranno tre quarti d’ora di pausa pranzo e nel pomeriggio mezz’ora di pausa (che nel programma è indicata come tea break ma che spero vivamente comprenda una tazza di caffè). La sera tutti a cena insieme. Io sono in scaletta alle 18 e 20, in che stato ci arriverò meglio non pensarlo.
Avevo proposto di organizzarci e scopiazzando Fiorello metterci a cantare Il più grande spettacolo dopo il week-end ma la cosa non è stata accolta con entusiasmo. Ho dei colleghi con pochissimo senso dell’umorismo. Secondo me era una bella idea, si poteva anche fare una coreografia. Siam tanti, sarebbe stata una cosa carina e avrebbe sdrammatizzato la giornata, a mio avviso troppo ma troppo-troppo piena.

* brain(less)storming

sabato 3 dicembre 2011

sull'arrivo inatteso delle pagine

Oggi mi è successo che avevo più o meno finito di mettere l’acqua nel secchio quando mi sono accorta che avevo aperto l’acqua calda. Ma guarda, ho pensato, sono ricca, uso l’acqua calda per lavare i pavimenti. Altro che guardare se i ristoranti sono pieni e se la gente esce, dovrebbero guardare come vengon lavati i pavimenti.
E poi è tornata velocissima una pagina. Dovrei andare a rileggermela per essere sicura ma, se mi ricordo giusto, là l'acqua era minerale.

venerdì 2 dicembre 2011

giovedì 1 dicembre 2011

AA VV

Quando si va a visitare la libreria aNobii di qualcuno, sempre che si abbia una libreria propria e non si vada nascondendosi che io non sapevo che si poteva fare e invece si può e quando l’ho scoperto ho pensato: ma guarda, c’è anche chi vuole andare a spasso per gli scaffali degli altri e non ha neppure coraggio di farsi vedere, quando si va, dicevo prima di perdermi via, compare un numerino in alto a sinistra che dovrebbe indicare la compatibilità tra le proprie letture e quelle del proprietario della libreria. Poi, se si è curiosi, e io sono molto curiosa, e si clicca dove c’è scritto: dettagli, compaiono i libri che si hanno in comune e i nomi degli autori dei quali tutti e due si ha dei libri. Ecco, oggi sono andate a curiosare un po’ in giro e facendo tutto quello che ho appena scritto è venuto fuori che a me e una persona che ha ricevuto la mia visita piacciono i libri di AA VV.

mercoledì 30 novembre 2011

sulla mia maestra di prima elementare

A Bergamo si festeggia S. Lucia, è lei che porta i regali ai bambini e non Babbo Natale (o Gesù Bambino). Io questo non lo sapeva fino a che non sono andata in prima elementare. Nessuno me lo aveva detto, anche mia mamma non lo sapeva, anche lei non aveva mai festeggiato S. Lucia. Mio padre è probabile che lo sapesse, è bergamasco, ma non ha pensato di intervenire in questa cosa scelta da mia mamma, grande sostenitrice di Babbo Natale. E così io, la Latte bambina, sono andata a scuola il 13 dicembre della mia prima elementare ignara di tutto e tutte le compagne di classe avevano portato i loro regali in classe. Non capivo, poi ho iniziato anche a rimanerci un po’ male perché nella mia testa era difficile farsi una ragione del fatto che S. Lucia non avesse portato niente solo a me. E allora la maestra, che era bravissima, era veramente un genio della pedagogia, mi ha preso di parte e mi ha domandato: Non sai chi è S Lucia? Sì, le ho risposto, so chi è ma non mi ha mai portato i regali, quelli me li porta Babbo Natale dopo che ho scritto la letterina ma solo se sono stata buona. E allora lei, mostrando tutto il suo talento, la sua capacità didattica e la sua propensione all’educazione delle giovani menti, mi ha detto: Hai rischiato grosso. Se S. Lucia fosse passata a portarti i regali e tu avessi aperto gli occhi poi lei era costretta a soffiarti la cenere negli occhi e rimanevi cieca. Forse è perché non lo sapevi che non è passata.

Mia mamma ci ha messo dei giorni per farmi capire come stavano le cose senza dirmi che la maestra era una deficiente.

martedì 29 novembre 2011

buon compleanno

Non so chi la pensi giusta. Non so se ora vivi solo nel ricordo delle persone alle quali hai voluto bene e che continuano a volerti bene o se, come eri convinta tu, oltre a questo c’è altro. So che molto di quello che abbiamo fatto insieme è rimasto, in parte nei ricordi, in parte è diventato un pezzo di me.

lunedì 28 novembre 2011

sull'aggressività (la mia)

Dicono che in questo periodo sono aggressiva, può anche essere che sembri aggressiva, non discuto su questo. Ma il punto è un altro, è che mi sono stufata di farmi spegnere ogni entusiasmo da chi mi circonda e allora ogni tanto succede che rispondo. E rispondo con un tono di voce secco che viene giudicato aggressivo. Voglio aggredire? Non penso ma ammettiamo pure che voglia aggredire, quello che è certo però è che vorrei che mi lasciassero un po’ in pace e che quello che faccio, penso o dico venisse visto (e giudicato) per quello che faccio, penso o dico. Senza tante seghe mentali. Senza prendere su e fare dei giri per la mia testa. Senza invito per giunta. Ho già dei problemi a capirmi io, ma che cosa sono convinte di capire delle persone che sono più o meno degli estranei?

giovedì 24 novembre 2011

un pensiero dolce

Il signor C fa le pulizie dove lavoro e ci incontriamo spesso la mattina (quando non arrivo al limite dell’orario consentito per timbrare). All’inizio non ci stavamo molto simpatici ma neppure antipatici. Ci si salutava, ci si augurava buona giornata. Se vedevo che nelle stanze era ancora bagnato non ci zompettavo sopra e lui mi lasciava camminare in corridoio per raggiungere lo stipetto anche se era bagnato. Bon, morta lì. Fine dei nostri rapporti. Si potevano definire dei rapporti educati. Poi ha preso confidenza con la mia amica C. (la due C. sono di due nomi diversi), poi anche con me. È un tipo strano, chiama Cessa la sua compagna di lavoro (ma guarda un’altra C) così alla mattina si sente dire: Cessa hai già fatto i bagni? Oppure Cessa dobbiamo andare prendi il tuo carrello. Il signor C. è uno che si prende in giro. L’altro giorno ha passato un dito sugli scaffali della libreria che c’è nello studio e poi ha esclamato: ma chi fa le pulizie da voi, è sporchissimo guarda qua quanta polvere. Una delle cose che gli piace di più è commentare come ci vestiamo, ci fa delle radiografie niente male. Ma senza cattiveria, e poi devo ammettere che ha gusto. E così capita che ogni tanto ci si racconta qualcosa, ogni tanto si legge l’oroscopo della giornata. Quello che c’è su quei giornalini tremendi che ti tirano dietro quando vai in autobus. Domenica scorsa il signor C. ha compiuto cinquant’anni e oggi ci ha portato delle pastine.
Arrivare e trovare le pastine mi han fatto un prù all’anima che metà ne basta. Ancora grazie signor C. è stato realmente un pensiero molto dolce.

mercoledì 23 novembre 2011

così


'sta sera mi sento così. Così come lei o come lui, non so, a guardarlo bene mi sembra più un lui. Solo meno bella di lui o di lei. Però con quella faccia lì, con quell'espressione. Anche con un'orecchia su e una giù a testimoniare una parte di me abbastanza su e un'altra che sta prendendo la via del giùgiù.

(foto trovata sul sito di La Repubblica)

sullo sbattimento dei cani

“ … studiamo a memoria perché siamo dei cani, ma se fai lo sbattone di capire poi è meglio”
(sentito oggi sull’autobus)

martedì 22 novembre 2011

considerazione di mezzanotte

Sono così piena di cose da fare che mi sento vuota. Ma un vuoto così vuoto che non può entrarci niente. Un vuoto pienissimo.
(e dopo questa profondissima considerazione serale posso anche andarmene a dormire)

lunedì 21 novembre 2011

pensierini di oggi in ordine sparso

Cose di oggi, in ordine sparso
- ho sentito “il consiglio di classe è la cosa più inutile dopo il latino”
(sull’autobus c’era una ragazza che leggeva ad un’amica che cosa un’amica comune aveva scritto su FB, da quegli affari lì che anche il mio fidanzato ne ha uno. Ogni tanto sbuffava perché l’amica non metteva le virgole e così lei si incasinava a leggere)
- mi sono accorta che se faccio lavoro di scrivania più o meno impegnativo è inutile che provi a fare anche un esperimento semplicissimo e piccolissimo perché faccio del casino. È inutile, se la testa provo usarla per far lavoro di scrivania non posso usarla per muovere correttamente le braccia quando sono al bancone. Devo rassegnarmi all’evidenza, sarà la vecchiaia che avanza.
- non capisco che cosa passa per la testa di Cato, ‘sta sera mi accolta con una serie di miagolii di disperazione che sembrava che fosse stato abbandonato da mesi al polo nord, senza mangiare e circondato da orsi bianchi.
- le mie orchidee stanno facendo dei fiori nuovi. Dopo colazione faccio il giro dei vasi (visito le miei piantagioni) e loro erano là a salutarmi. Uno è avanti secondo me ce la dovrebbe fare ma ‘sta mattina ne ho visto altri due piccolissimi. È ancora presto per loro ma li ho visti e son contenta.
- andare a pranzo dalla suocera vuol dire spesso tornare a casa con la cena per il giorno dopo più o meno pronta. Se capita la domenica si inizia la settimana senza dover far da mangiare e la cosa raddrizza un po’ il lunedì.

venerdì 18 novembre 2011

Giacomo Lo Schietto

C’è una canzone di Giacomo Lo Schietto, ha già qualche anno ormai, penso sia del 2005. Era tanto che non la sentivo, poi oggi è passata per radio e l'ho risentita. È una canzone triste, quand’era uscita mi piaceva molto e l’ho ascoltata così tante volte che alla fine ho capito le parole (senza cercarle, che se le si cerca son buoni tutti a capirle). È la storia di ‘sti due che si guardano negli occhi in un posto pieno di gente, un metrò, e lei gli sorride e lui perde la testa per lei ma lei sta con un altro e lui deve farsene una ragione ma non ci riesce e allora si mette a cantare. E questo poverino della canzone prova a tirarsi su pensando: abbiamo condiviso un istante che durerà per sempre, però alla fine, proprio le ultime parole della canzone, ha un attimo di cedimento e canta È tempo che affronti la realtà: non starò mai con te. Ecco, è dalle tre del pomeriggio che l’ho in testa e la canticchio tra me e me cambiando pochissimo, il minimo indispensabile. Mi sa che ora è ora che basta.

giovedì 17 novembre 2011

va mica bene

Sono stanca. Sono così stanca che sull’autobus mentre torno a casa mi metto a fare dei solitari. Memorize, l’ho sul telefonino. Anche ‘sta sera, solo che ‘sta sera non so perché la mia memoria funzionava, o forse era solo una serie più facile da ricordare, fatto sta che ero a già a dodici numeri. Mai successo di superare dodici numeri, allora sono stata attentissima. Ne ho fatti tredici. Poi ne ho fatti quattordici. Poi eran quindici e mi sembrava proprio che sarei arrivata a sedici perché il quindicesimo era uguale al quattordicesimo e invece l’autobus ha preso una buca e io ho schiacciato due volte lo stesso numero ma ero solo all’ottavo della serie. Mi sono arrabbiata. Mi sono arrabbiata per uno stupido solitario. Ho fatto il pezzo di strada che mi separava dalla fermata dell’autobus a casa ripetendomi Va mica bene, va mica bene arrabbiarsi per uno stupidissimo solitario.
Son cose che fan pensare.

mercoledì 16 novembre 2011

asap

Io lo che dovrei star zitta, la sento la vocina stridula che mi dice: da che pulpito, ma ti ascolti? Lo so, ma questo non toglie il fatto che mi dà addosso, e non poco. Tanto. Io lo so che se qualcuno passasse in laboratorio e ascoltasse si chiederebbe: ma come parla questa? Ma perché dice: vado in camera sterile a splittare le cellule. Ma perché dice: ‘spettami un attimo, spinno i tubi e poi anch’io posso venire a prendermi un caffè. Non è che non lo so, lo so benissimo. Sono anni che parlo così, sono anni che sento parlare così. Lo so così bene che la settimana che ci sono gli studenti in laboratorio mi sforzo di parlare da cristiana e di usare solo la mia lingua che poi è molto più bella dell’altra. A ben guardare, a star un po’ attenti a quello che si dice e si scrive, c’è anche da dire che l’altra non la so e che dovrei evitare di esprimere dei giudizi su una cosa che non conosco. Non l’ho mai imparata, quello che so lo so a forza di leggere e dalle due volte che ho vissuto per un po’ negli Stati Uniti, ma erano periodi brevi, di qualche mese e poi avevo una volta un capo argentino e con lui parlavamo ognuno la propria lingua e una volta un parmigiano. Va be’ quello che ho imparato parlando con gli altri. Tornando al punto, tenendo presente che tutte queste cose le so, rimane il fatto che a me leggere una mail di un italiano che organizza un incontro e lo chiama brainstorming e che aggiunge che ci manderà il programma asap vien su il nervoso. Asap? Ma asap che cosa? Comunque il suo al più presto possibile non è uguale al mio perché non si sa ancora chi deve parlare e per quanto tempo.

lunedì 14 novembre 2011

gorgonzola e grandine

Nella mia testa ogni tanto si formano delle connessioni che viste da fuori sembrano stranissime ma che viste da dentro (da me che quelle connessioni le ho) sembrano normalissime, spiegabilissime, basta pensarci con calma. Non dico che non capiti a tutti, è più che probabile che sia una cosa che capita a tutti, dico che conosco solo le mie e posso solo sorridere delle mie. Per esempio quando faccio la pasta con il gorgonzola, proprio mentre son lì che mescolo il gorgo con il latte, il burro, il grana, perché se lo lasci solo a se stesso il gorgo si arrabbia e si attacca subito alla pentola tanto per fare un dispetto, mi viene in mente la grandine. La prima volta che mi è successo ci ho messo un po’ a capirmi, ché il collegamento era stato velocissimo e mi ero ritrovata con queste due cose: gorgonzola e grandine, e non mi capivo mica, non capivo come mai il gorgonzola mi aveva fatto pensare alla grandine. Poi ho capito e adesso quando mi succede, e mi succede spesso se faccio la pasta con il gorgo ma anche se faccio gli gnocchi con il gorgo, non mi preoccupo più. Io lo so come fa la mia testa a unire il gorgo con la grandine. Passa per un libro, per una presentazione, per una grandinata improvvisa, e poi arriva a una domanda che non ho mai fatto (e va benissimo così perché è una domanda stupida).

sabato 12 novembre 2011

neanche

22 dicembre: oggi non oso neanche farmi rimproveri. Lanciandoli in questa giornata vacua, darebbero un'eco ributtante.
Diari 1910 Franz Kafka

venerdì 11 novembre 2011

quasi vero

Cato non è un gatto vero, è quasi vero. Quando è arrivato era magrissimo, più della metà del corpo era senza pelo e coperta di croste. A me i gatti piacciono moltissimo ma ho avuto delle difficoltà ad accarezzarlo quando si è finalmente deciso a venir fuori da sotto la dispensa. Chissà quante ne ha passate prima di arrivare nel gattile, prima di arrivare qua. Ora sta bene, è fin bello. Di bello ha anche il carattere, è un gatto dolcissimo, molto affettuoso ma gli mancano ancora quei comportamenti tipici dei gatti. Tipo soffiare se lo stuzzichi. Lo so che posso sembrare stupida ma io spero che un giorno o l’altro mi graffi, per giocare, ma mi graffi. Fino a poco fa non veniva sotto il tavolo a chiedere quello che mangiavamo noi. Magari venire veniva ma se ne stava lì tranquillo. Adesso invece viene e chiede, si mette a miagolare con insistenza, come un gatto vero. È una gioia vederlo lì che miagola. Due giorni fa voleva il pesce spada e se ne è mangiato un pezzetto (con anche il pomodoro), ieri voleva il prosciutto (e ha ricevuto un pezzetto di grasso), ‘sta sera voleva la salsiccia. Però non era tanta, era giusta giusta per noi e così gli ho dato del puré. Si è mangiato il puré. Era un purè di quelli finti, quelli delle buste, ma lo faccio aggiungendoci, burro, brodo vegetale e grana. Se l’è mangiato felice come una Pasqua. È bellissimo avere un gatto quasi vero.

giovedì 10 novembre 2011

mi piace

Mi piace la nuova canzone di Tiziano Ferro. Io non so quante volte l’ho ascoltata ‘sta sera. Son tante però perché adesso la so quasi a memoria. Non avevo mai detto che mi piacciono le canzoni di Tiziano Ferro? Mi piacciono, ora l’ho detto. C’è qualcuno che storce il naso? Sicuramente, almeno una persona che storce il naso c’è ma lei lo sa già. Pace, non abbiamo tutti gli stessi gusti. Per fortuna mi vien da dire, pensa che casino sarebbe se avessimo tutti gli stessi gusti. Rimane sempre il fatto che a me piacciono, e dal momento che non ho problemi a dirlo (va be' qua è scriverlo ma non stiamo a fare le pignole che non è il caso) lo dico: mi piacciono. Non tutte, quasi tutte. E ‘sta sera mi sono cercata il sito, mi sono trovata il video della canzone e mi sono messa ad ascoltarla. Poi finiva e schiacciavo la freccettina del via e la riascoltavo, poi finiva e il la rischiacciavo. Poi me ascoltavo altre, poi mi dicevo: ‘spetta che la risento e tornavo a La differenza tra me e te. E adesso ho nella testa: La differenza tra me e te / Tu come stai? Bene. Io come sto? Boh! / Me e te / Uno sorride di com’è, l’atro piange cosa non è / E penso sia un errore.

Adesso voglio proprio vedere cosa sognerò, spero di ricordarmelo domani mattina.


E adesso, proprio ora ora, mi è venuto in mente che da ragazzina mi facevo le cassette con una sola canzone ripetuta per tutto il lato, così poi la mettevo quando facevo i compiti e non mi toccava tornare indietro per cercare il punto giusto per riascoltarla. Un'era fa, l'era prima del Repeat.

mercoledì 9 novembre 2011

un grazie


da quando l'ho portato in casa lui mi ringrazia così, e a me il suo modo di ringraziarmi piace molto.

martedì 8 novembre 2011

lunedì 7 novembre 2011

ti accompagnano a casa anche se devi andare al supermercato

‘Sta sera mi sono ascoltata l’intervista che Massimo Vitali che ha fatto per Fahrenheit. Ho letto Se son rose e L’amore non si dice, mi sono piaciuti, ero curiosa. Ho dovuto aspettare lunedì, è sempre così per le interviste del venerdì. A un certo punto, parlando di Achille Campanile, dei dialoghi di Achille Campanile ha detto: “era in grado di scrivere con una leggerezza tale che tu quando leggevi anche se eri tipo come Riversi, abbastanza in carne, ti sentivi comunque leggero. Achille Campanile era in grado di far dialogare due personaggi che apparentemente tra di loro non hanno assolutamente nulla in comune e sono agli antipodi ma lui lo metteva giù come se fosse la cosa più naturale del mondo quindi sono questi dialoghi che veramente ti accompagnano a casa anche se devi andare al supermercato; questa frase non l’ho capita neanche io però penso che abbia un senso.”
Io non so se è successo anche agli altri ascoltatori ma a me, adesso, dopo aver sentito questa intervista, Massimo Vitali sta molto simpatico.

domenica 6 novembre 2011

consigli di una mamma alla figlia diventata mamma

“Il segreto è nella lettura e nella scrittura. Tu sai leggere. Ogni giorno dovrai leggere una pagina di un buon libro a tua figlia. Ogni giorno finché la bambina non saprà leggere da sola. Poi lei dovrà continuare a leggere ogni giorno. Questo è il segreto.”


“E devi raccontare a tua figlia le leggende che ti ho raccontato così come mia madre le ha raccontate a me e sua madre a lei. Devi raccontarle le favole del nostro vecchio paese. Le racconterai di quegli esseri che pur non essendo di questo mondo vivono per sempre nei cuori del popolo: le fate, gli elfi, i nani. Le parlerai degli spiriti che ci sono nel paese di tuo padre e del sortilegio che la strega fece a una delle tue zie. /…/ E tua figlia deve credere in Dio e in Gesù Suo unico figlio. /../ E non dimenticare la Befana. La bambina deve crederci fino all’età di sei anni.”


“La bambina deve possedere quella cosa così preziosa che è l’immaginazione. Il bambino deve avere il suo mondo segreto dove vivono e si muovono le cose che non esistono. È necessario che creda e che cominci col credere in cose che non esistono al mondo. Così quando il mondo diviene tropo brutto per poterci vivere il bambino può rintanarsi nel mondo della sua immaginazione.”


“È bene imparare da soli la verità. Anche il credere dapprima con tutto il cuore e poi non credere più è un bene. Così le nostre emozioni si maturano ed aumentano. Quando la bambina sarà una donna, quando la gente e la vita le daranno delle disillusioni, allora sarà già abituata a riceverle e le sembrerà meno duro. Educando tua figlia non dimenticare che anche la sofferenza è una buona cosa, in quanto arricchisce il carattere.”

Un albero cresce a Brooklyn - Betty Smith – pag. 91,92 e 93

venerdì 4 novembre 2011

dei muri d'acqua

Dei muri d’acqua, non si riusciva a vedere il palazzo di fronte. Acqua, acqua e ancora acqua. Poi per fortuna ha smesso. E adesso ogni scroscio che arriva lo si ascolta stando molto attenti. E adesso si spera che si sbaglino, che ‘sta notte non piova, che domani non piova.

giovedì 3 novembre 2011

l'inizio del prologo

Il testo vero, l’originale
El ghe n'è assé, che sempre mé se smaravegia d'i fati d'altri; a' dighe mo, che çerca de saere e intendere zò che fa i suò vesini; e sì farae megio tal fiè a guardarse igi. Perché mi cherzo che la sipie cossì vo a' ve digo: che chi vuò vêre i fati d'altri, n'ha da far d'i suò; e se i ghe ha da fare, i n'i fa.

Il testo che andrà in scena, adattato per noi
El ghe né tanti che sempre i se smeravegia dei fati dei altri, che cerca de saver e intendere quel che fa i suoi vicini, e si farae megio a guardarse lori. Perché mi a credo che la sipia cossì com’a ve digo: che chi vuol védere i fati dei altri, non ha da far dei suoi; e se li deve fare, non li fa.

(che potrebbe essere
Ce ne sono tanti che si meravigliano sempre dei fatti degli altri; voglio dire che cercano di venire a sapere ciò che fanno i loro vicini, mentre farebbero meglio a volte a pensare a se stessi. Perché io credo che sia così come vi dico: che quelli che vogliono conoscere i fatti altrui, non sanno farsi i propri; e se li sanno fare, non li fanno.)

Quest’anno mi sono regalata l’abbonamento a teatro. Otto spettacoli a posto libero (scelgo più o meno quello che voglio del cartellone, è libero il posto, ho preso platea, e è libero il giorno della settimana). Magari non capirò niente ma mi sa che mi prendo un biglietto per andare a vedere Moscheta. L’inizio del prologo promette bene.

mercoledì 2 novembre 2011

sperando che non si sia già seccato …

Non ha senso mettersi a scrivere un post se si è così stanchi che non viene in mente mezza idea. Sarebbe meglio far passare la giornata senza post. Sarebbe più onesto. Invece che star qua a pensare che post scrivere con un caffè in mano potrei andare avanti a leggere il libro che ho iniziato ieri, Un albero cresce a Brooklyn s’intitola. È un Medusa. La copertina dei libri di quella collana l’ho sempre trovata bella, mi piace molto il disegnino di quella testa di donna (con le orecchie del signor Spock e i capelli a serpentelli), i colori. Voltandolo non vedo il prezzo, è stato grattato via, si vede scritto Lire e poi manca del verde, dove c’era il prezzo, sotto Lire c’è scritto prezzo netto e sotto ancora, scritto più piccolo, in tutta Italia.
C’è una dedica in prima pagina, c’è scritto in corsivo, con una scrittura che ricorda quella di mia nonna ma non lo è, sperando che non si sia già seccato … e poi la firma e poi la data: 29-11-50. Devo ricordarmi di chiedere a mia mamma se sa chi è la lei che ha regalato quel libro a mia nonna.
Va be’, ho finito il caffè e più o meno scritto qualcosa che assomiglia a un post. Vado a farmi raccontare da Betty Smith come va avanti quella storia e, dato che vado da quelle parti, bagnerò un po’ l’albero. Non si sa mai, mi spiacerebbe che si seccasse proprio adesso.

martedì 1 novembre 2011

pochissima

Qualche giorno fa il mio capo (che poi è una capa) mi ha fatto la delega per andare alla riunione di dipartimento al suo posto. Son stata là, attenta, per poco più di due ore. Ero sicura che non mi avrebbe mai chiesto che cosa avevano detto (e infatti è stato così) ma pensavo: dal momento che non posso fare quel che voglio tanto vale che provi ad ascoltare. Ecco, se dovessi fare un riassunto breve di quello che ho sentito direi che il punto importante, quello dal quale dipende tutto quello che si è discusso, è: quanta fiducia abbiamo nell’altro? Siam sempre lì, qualsiasi gruppo sociale si prenda in esame torniamo sempre alla stessa domanda. Hai fiducia o non hai fiducia? Più invecchio più penso che da lì dipenda tutto. Dipende la libertà concessa, dipende come organizzare il controllo della situazione. Hai fiducia? Allora va bene una struttura “flat”. Non hai fiducia? Allora via di piramidi. È così per il personale, è così per i finanziamenti, è così per gli strumenti da condividere o meno.

Oggi mi chiedevo se io ho fiducia nel prossimo. Sono altalenante direi ma mi sa che in questo periodo ne ho pochissima.

lunedì 31 ottobre 2011

Marzullo insegna

Oggi ho visto due signore, tutte e due avevano un cane. Una aveva un cane nero, tranquillo, ormai di una certa età, l’altra aveva un cagnetto giovane, bianco e marrone, un cane di quelli che hanno ancora voglia di giocare e si entusiasmano e si stupiscono per qualsiasi cosa (come facciamo noi da piccoli, poi passa, alla maggior parte delle persone passa, purtroppo). Il cane giovane aveva le zampe anteriori sulla coscia della signora che aveva in cane più vecchio. Cercava, e otteneva, carezze. La sua proprietaria gli (o le, non so) dato una cinghiata. Piano, ma gliela data. L’altra signora sorpresa le ha detto: Non importa, per me non è un problema. Allora, la prima signora, quella del cane giovane che poi è anche quella della cinghiata ha detto: Fa così con tutte le padrone di cane. Con gli altri no. Mi dà fastidio, sembra che cerchi qualcun altro con cui andare.

Fatti una domanda, datti una risposta. Ascolta la tua risposta.

domenica 30 ottobre 2011

belle sorprese


Ho trovato delle belle sorprese e mi sono divertita, molto. C’erano libri che conoscevo e che non avevo, libri dei quali conoscevo l’esistenza e che non ho mai letto e tanti libri per me nuovi. ‘Sta mattina mi sono svegliata presto (anche per via dell’ora riportata a quella solare) e ho aperto piano la prima cassetta mentre veniva su il caffè. Dopo colazione io e Cato ci siamo messi a leggere delle favole che mia mamma aveva ricevuto per Natale quando aveva dieci anni. Ho letto le prime quattro. Mi piace molto leggere la mattina presto, quando c'è silenzio in casa.
Una delle cose più belle di questo gioco, secondo me, è sfogliare le pagine e cercare se ci sono segni lasciati da chi l’ha letto prima di te. Vedere a chi era appartenuto. Ho trovato anche libri di mio nonno materno. Non l’ho conosciuto, è morto che mia mamma era bambina; quando ricevo un libro con il suo nome in prima pagina mi sembra di ricevere un regalo doppio.

Di pomeriggio invece ho letto dei racconti di Carver. Molto belli, penso che domani continuerò con quelli.

sabato 29 ottobre 2011

chissà che cosa troverò

La stanchezza fisica è una stanchezza molto bella. Tra ieri (ho preso ferie) e oggi ho smontato una libreria per rimontarla da un’altra parte, e ne ho spostata una sulla parete opposta. Sono due librerie leggere di quelle di metallo che fanno molto ufficio, le avevamo prese quando siamo andati a vivere insieme. Eravamo in un appartamento in affitto, ammobiliato ma senza una libreria. Quando siamo venuti a vivere qua ce le siamo portate con noi e Daniele le ha dipinte di viola, due viola differenti (la scelta dei colori è mia, l’opera sua). Adesso, sulla parete dove c’era una di queste due librerie c’è posto per quella che era la libreria di mia mamma da ragazza. È arrivata sta mattina e l’abbiamo montata insieme. E così sono due giorni che sposto (e spolvero) libri e fumetti. Una cosa che mi piace molto ma che stanca, parecchio. Domani mi aspetta un gioco molto divertente. Oggi sono arrivate anche tre cassette della frutta piene di libri e, se ne escludo quattro che ho chiesto se potevo averli io, gli altri non so che libri siano. Erano a casa della mia nonna materna, mia mamma l’ha venduta. Quando mi ha detto che non aveva posto per tutti i libri che voleva tenere le ho proposto di mandarne qua al mare un po’ ché a me pensare che dei libri vengano buttati mi sembra una cosa brutta, se poi penso al buttar via dei libri che si vogliono tenere mi sembra una cosa orribile. Chissà che cosa troverò.

giovedì 27 ottobre 2011

vi presento




Qui, Quo e Qua

un messaggio sul bancone



Ieri ho fatto una soluzione e non ho guardato sul quaderno la ricetta, ho fatto a memoria. Ho sbagliato di brutto. Io ormai ho un’età che a memoria dovrei fare solo la pasta frolla il resto, con il quaderno in mano dovrei farlo. È una soluzione che si conserva in frigo solo che era così sbagliata che è precipitato tutto. E la mia amica C. l’ha trovata, ha aperto la porta del frigo e ha visto due bei mezzi litri si sbobba precipitata.
(però, dal momento che è una amica e ha visto che stavo parlando con un collega non è venuta lì a prendermi in giro con le bottiglie in mano, mi ha lasciato un messaggio sul bancone).

martedì 25 ottobre 2011

è tutto relativo

Io oggi non reggo il vento, son proprio stufa del vento e così ho detto Vento vattene da un’altra parte perché mi hai stufato, ma parecchio, parecchioparecchio. Non è possibile arrivare a casa marci solo per fare quindici minuti di strada a piedi. Poncho bagnato, cappotto bagnato, jeans bagnati (dalla fine degli stivali all’inizio del cappotto). Non è possibile tornare a casa e star lì a mettere sedie davanti ai caloriferi, che per fortuna un po’ stanno scaldando, e stendere un pezzetto per stanza. Non è possibile sentire un spiffero freddo che passa da sotto le finestre e doversi mettere i doppi calzini. Ma neppure quando nevica sono a casa con i doppi calzini, dicevo. Poi mi veniva in mente che dovrei far rifare gli infissi, ormai è tardi ci penserò la prossima primavera, dicevo. Quest'ultima cosa non ad alta voce, dentro di me la dicevo. Poi ho continuato, Io ‘sta sera se qualcuno mi dice Genova? Vivi a Genova che bello. Io gli rispondo a quell’ipotetico qualcuno Eh, fai un po’ una prova quando c’è vento poi ne riparliamo.

Ero tutto un lamento. Poi mentre mangiavamo abbiamo guardato il telegiornale. Non mi lamento più.

lunedì 24 ottobre 2011

sul tacere

Oggi sono stata a un simposio in memoria di un ricercatore che è mancato da poco, ho deciso di andarci perché ho un gran bel ricordo di lui anche se non ho avuto la fortuna di conoscerlo bene, non ho studiato a Genova, non l’ho avuto come docente, non ho neppure lavorato nel suo laboratorio. Ho lavorato nel suo stesso istituto per un po’ di anni e è capitato che parlassimo, di scienza e di libri (ne aveva sempre uno in tasca) a volte finendoci la sigaretta prima di entrare a lavorare. Un uomo sempre sorridente. Mi è spiaciuto molto sapere che stava male, mi è dispiaciuto molto sapere che non ce l’aveva fatta. All’apertura del simposio c’era sua figlia, una ragazzina del liceo che ha ricordato suo padre in maniera molto tenera. È riuscita a trovare parole per raccontarci di lui papà, del suo amore per il suo lavoro e della curiosità che lei aveva per il lavoro del padre, del microscopio che le ha regalato quando aveva nove anni e di quando le ha dato Il gene egoista da leggere anche se lei aveva solo dodici anni. Poi ha preso la parola il direttore scientifico dell’istituto e nel suo discorso ha detto che la sua morte se l’era comprata giorno per giorno. Io non so come si possano dire certe cose, non so come si faccia a non distinguere una giornata come questa da una campagna contro il fumo. Ci sono volte che si deve tacere, si può avere tutte le ragioni del mondo, si può avere tutte le prove dell’universo per sostenere che siano cose vere ma non cambia nulla. Si deve tacere.

domenica 23 ottobre 2011

presupposti ideali

All’epoca Emilia era una studentessa modello che frequentava l’ultimo anno di lettere, e per dimostrarlo mi fece l’elenco scritto di tutti i miei difetti. Un trattato di una ventina di pagine in cui elencò tutte le mie imperfezioni, da quelle fisiche - pancia gonfia, spalle curve, naso a patata, orecchie a sventola, seno più grande del suo – a quelle morali: tanto per cominciare, ero la persona più inutile del mondo.
I presupposti ideali per un fidanzamento c’erano tutti: iniziai a corteggiarla seriamente, tutti i giorni mattino e sera, finché da lì a un paio d’anno, durante una festa di carnevale offuscata dai vapori dell’alcool, le chiesi di sposarmi, e Emilia che era ubriaca quanto me, disse sì.

Se son rose – Massimo Vitali – pag. 69

sabato 22 ottobre 2011

un complimento insolito

Questo pomeriggio Daniele, stavam parlando, mi ha detto Sei una donna buffa. Io non so, sarà stato il tono, ma a me è sembrato un gran bel complimento.

venerdì 21 ottobre 2011

un modo molto bello



Ero già bella seduta comoda, non avevo voglia di scendere, attraversare la strada e farla meglio. A guardarla adesso si vede anche lo sporco del vetro dell’autobus. Io quel tramonto lo vedevo così e lo trovavo molto bello. Lo trovavo un modo molto bello per finire la settimana e iniziare il fine settimana.

giovedì 20 ottobre 2011

per due

secondo me lui è molto ma molto bravo
questo è il suo ultimo filmato
se vi va andate a guordarvelo
vi consiglio di lasciare il sonoro attivo

buona visione

mercoledì 19 ottobre 2011

non so rispondere

Oggi sull’autobus c’erano tre ragazzi giovani che parlavano tra loro, saran stati delle medie, della prima media. Sono saliti alla fermata della piscina e son scesi a Brignole come me. All’inizio non prestavo caso a quello che dicevano poi ho iniziato ad ascoltare, a un certo punto è partita una discussione che doveva portare alla classifica dei compagni di classe. Su chi era il più bravo erano d’accordo, anche sui più asini avevano la stessa idea, il problema era nel centro della classifica. È meglio uno che fa i compiti ma non si lava i denti o uno che si lava i denti ma non fa i compiti?
Adesso lo so che rimarrò con questa domanda in testa per mezza serata. Lo so. Magari me lo sogno anche, mi sogno che uno mi interroga e mi dice Rispondi Latte: è meglio uno che fa i compiti ma non si lava i denti o uno che si lava i denti ma non fa i compiti? E io non so la risposta.

lunedì 17 ottobre 2011

un bel regalo

Ieri ho ricevuto un bel regalo.



Antefatto: Un po’ di tempo fa ho regalato un libro di favole a una bambina e le ho detto: leggilo solo se ti va e solo se una volta iniziato hai voglia di andare avanti. Poi se per caso capita che hai letto una storia e ti è piaciuta mi fai un disegno e me lo regali?

domenica 16 ottobre 2011

sul comportamento di una zia


Oggi è il compleanno della mia mamma e tra le cose che ho fatto c’è stata anche una partita a un gioco molto divertente. Non so, forse mi sbaglio, ma eravamo in sette, sei adulti, almeno dal punto di vista della data di nascita, e una bambina, e io ho avuto l’impressione che non fosse solo la bambina a divertirsi molto. Lo scopo del gioco era riuscire ad avere nella propria fattoria almeno un coniglio, una pecora, un maiale, una vacca e un cavallo. Con sei conigli compravi una pecora, con due pecore un maiale, con tre maiali una vacca, con due vacche un cavallo. Però, se tirando i dadi ti veniva una volpe la volpe si mangiava tutti i conigli e se veniva un lupo il lupo ti portava via tutte le pecore, i maiali e le vacche che avevi. Potevi comprarti anche un cane piccino che ti difendeva dall’arrivo della volpe, e costava sei pecore, o un cane grosso, che ti proteggeva dall’arrivo del lupo e costava ben due vacche. La zia della bambina quando la bambina le gufava chiamando il lupo, che le avrebbe mangiato pecore, maiali e vacche, e tirava il dado e vedeva che il lupo non usciva e che era vicina a potersi comprare anche un cavallo, mica si dispiaceva molto che non era la nipote quella con l’allevamento più ricco di bestie. La zia non si è comportata molto da zia, bisogna ammetterlo. Poi la zia, che più vado avanti a scrivere il post più mi sta antipatica ma che, bisogna riconoscerlo, in questi giochi ha abbastanza fortuna, ha vinto e tutta contenta ha regalato tutto il suo bottino ai vari giocatori e se ne andata in terrazzo a fumarsi una sigaretta. Il cavallo, il pezzo più importante della sua piccola azienda l’ha dato alla festeggiata mentre alla nipote ha regalato il cane da guardia (quello più grande, quello che protegge dal lupo non quello più piccolo che protegge solo dalla volpe).

venerdì 14 ottobre 2011

soddisfazioni

poi c'è chi dice che le piante grasse crescon poco
mica vero
san dare delle gran belle soddisfazioni

27 aprile 2011


14 ottobre 2011


giovedì 13 ottobre 2011

maschili e femminili



È arrivato l’autunno e sono ricomparsi gli zoccoli da laboratorio sui miei piedi. D’estate tengo su i sandali tutto il giorno ma appena cambia la stagione no. Se ho le scarpe chiuse mi metto gli zoccoli, le scarpe chiuse tutto il giorno sono una sofferenza. Quelli dell’anno scorso (che mi sa che erano dell’anno prima ancora) erano blu. Ormai avevano un buco, anzi due, uno era un buco buco, un buco senza ombra di dubbio, l’altro era un buco non ancora buco, qualcosa che stava per diventare un buco. Ho pensato che fosse giunto il momento di prendermi un paio di zoccoli nuovi e li ho scelti violetto. Li trovo allegri. Pacchiani il giusto e allegri.
E adesso mi è venuto in mente che la prima persona con la quale ho diviso casa qua a Genova usava un paio di zoccoli come ciabatte ma non diceva gli zoccoli diceva le zoccole e a me, ogni volta che mi chiedeva: hai visto le mie zoccole?, veniva da ridere.

mercoledì 12 ottobre 2011

scappato fuori da un quadro



Ieri sera nella sala del Minor Consiglio, al Ducale, c’era Stefano Benni. Incontro con Stefano Benni h. 21.00 c’era scritto sul volantino. E io avevo voglia di incontrarlo e così sono andata. Sono arrivata in anticipo, ho messo giù la giacca a tenere un posto e sono uscita a fumarmi una sigaretta e a guardare il cortile del palazzo dall’alto. Si stava bene ieri, era caldo e non c’era vento. Io al vento di Genova non mi abituerò mai. Ora torno a ieri sera, che non ho voglia di perdermi via a parlar del tempo. Benni a me fa molta soggezione e mi spaventa anche, un po’. Non so perché però è così. Mi sembra uno scappato fuori da un quadro. È una sensazione strana, non riesco a spiegarla, rimane però il fatto che mi piacerebbe andare alle sue presentazioni ma essere invisibile, o essere una mosca. Lo so che non sono vista, son mica (così) scema. Lo so, però ogni volta che passa per Genova, e per fortuna passa spesso, c’è come una doppia forza in me. Una che mi spinge ad andare e una che mi farebbe rimanere a casa. Vince sempre la prima, almeno, per ora ha sempre vinto la prima. Anche ieri. Ieri una forza che mi diceva: sta qua, ormai è buio, hai il raffreddore, prendi l’aspirina e ti metti sotto la coperta, l’altra forza diceva: vorrai mica rimanere a casa vero? Pigra, infilati le scarpe e vai che muori dalla curiosità, se non vai poi passi tutta la serata a pensarci e domani ti dai della scema perché non sei andata e non conosci neppure qualcuno che ci va per farti raccontare qualcosa. E bon, sono andata, ma solo dopo aver preso l’aspirina. Durante la presentazione ho respirato sempre di bocca, ho cercato di soffiarmi il naso unicamente se c’erano delle pause (e nascondendomi per bene dietro la schiena di chi era seduto davanti a me). Va tu a sapere come reagiscono gli uomini scappati dai quadri se qualcuno si soffia il naso mentre parlano o leggono, mi dicevo. Ma intanto ascoltavo e stavo bene, lì, seduta sulla seggiola. Ha veramente una bella testa, si sta bene ad ascoltarlo. Anche quando legge si sta bene, ieri sera ha letto poco però. Tra le cose che mi sono più piaciute di quello che ha detto ci sono: Il contrario di comico non è tragico ma indifferente, e Io diffido da chi non ride mai. Sono abbastanza sicura di riportare giusto perché avevo carta e penna con me. Quella cosa lì che la comicità e la tragicità stanno dalla stessa parte l’ho letta più volte, l’ho pensata più volte, ma che dall’altra parte ci sta l’indifferenza no. O almeno non mi sembra proprio. Oggi non so quante volte mi è tornata in mente quella frase. Tante comunque.
E adesso, mentre scrivo questo post, mi viene in mente che Benni non è il primo uomo che mi sembra scappato fuori da un quadro, è il secondo. Il primo è stato il professore di filosofia che ho avuto in terza liceo, uno degli insegnanti più bravi che avuto. Altro uomo che mi metteva una soggezione difficilmente sostenibile. Lui mi faceva proprio paura. La prima volta che mi ha interrogata ho preso sei, era il primo sei che dava dall’inizio dell’anno, sono scoppiata a piangere. Lui mi ha fulminato e mi ha detto: spero che lei stia piangendo per la morte della verità. Io ho fatto sì con la testa e poi ho chiesto se potevo andare in bagno. Son passati più di trent’anni ma ricordo quell’ora benissimo.

martedì 11 ottobre 2011

solo il tempo

Non è vero che un getto d’acqua bollente può lavarti tutto, anche dentro. Solo il tempo può lavare, e anche questo non sempre. L’acqua può calmare. Per un po’. Finché ci stai immerso.

Racconti intorno alla felicità ebraica – Anatolij Krym – pag.156.

lunedì 10 ottobre 2011

stufoso

Passare la serata a soffiarsi il naso è stufoso,
speriamo che l'aspirina faccia il suo lavoro.

son tornate


Son tornate le rose alla Coop. Durante l’estate eran sparite. È tornato l’autunno, son tornate le rose. Son rose che a volte durano tanto perché son rose con il gambo bello spesso. Non son di quelle che dopo un giorno, due al massimo, han già giù la testa. Però anche quando buttan giù la testa c’è un rimedio che spesso funziona: il bagno. Quelle arancioni son di sabato, quelle rosse della domenica prima. Ieri le rosse avevano un po’ il capino chino, ma io, astuta come una volpe, ho messo nella vasca tre dita d’acqua e le ho lasciate lì tutta la notte, a farsi il bagno (son bellissime le rose quando galleggiano). ‘Sta mattina eran tutte con la testa su, belle pimpanti. Più pimpanti di me. Anche ‘sta sera son più pimpanti di me. Chissà magari dovrei provare anch’io a fare una notte nella vasca.

domenica 9 ottobre 2011

sull'aggressività


Oggi ho ammazzato due volte e adesso mi dispiace. Va beh, erano due animali posizionati abbastanza in basso nella scala evolutiva però rimane il fatto che se non mi incontravano a quest’ora erano ancora vivi. Il primo è sbucato da sotto un tronco. Ora bisogna sapere che sul nostro micro terrazzo c’è un pezzo di tronco (ce lo ha portato il papà di Daniele) e Cato lo ama molto e va là a farsi le unghie (non solo là, ma fa niente, faccio parte di quelli che pensano che se tieni un gatto in casa vuol dire che certe cose, come il divano, ti vanno bene anche se ci sono dei punti un po’ rovinati). E allora è successo che prima ho tirato giù un po’ dei miei porconi perché il vento stava facendo entrare la terra in sala (e avevo appena passato il mocio) e poi, una volta sfogata, mi son detta: bon, puliamo anche il terrazzo che se no è tutto lavoro inutile. Ecco, ero lì che scopavo il terrazzo, ho scostato il tronco per prender su anche i trucioli fatti da Cato e è sbucato uno scorpioncino nero (piccolo piccolo) e io l’ho sciacato con la pantofola. Volontariamente. E dal momento che la prima sciacata l’aveva lasciato mezzo vivo l’ho sciacato di nuovo, con più forza. E questo è il primo morto. Poi mi sono messa di buzzo buono per portare in casa un po’ delle mie piante grasse e su una ci ho trovato su un bruchino che stava facendo i buchi nelle foglie. E non so che mi ha preso ma ho ammazzato anche lui. Ecco. Speriamo che mi sia passata ‘sta aggressività verso altri esseri viventi perché non mi piace molto.

giovedì 6 ottobre 2011

come i rapaci

Come i rapaci delle favole, per giornate intere le due donne spiavano il nipote dalle finestrelle semicieche, si avventavano su di lui, lo trascinavano nei loro nidi e là davano sfogo alle proprie passioni: lo nutrivano di marmellata e di frutta, lo stringevano, lo baciavano e, chissà perché, piangevano silenziosamente. Fra loro era d’uso che colei che non riusciva ad agguantare il nipote si ritirasse nel proprio territorio, sperando di essere più svelta la volta successiva.

Racconti intorno alla felicità ebraica – Anatolij Krym- pag. 61

mercoledì 5 ottobre 2011

piccole cose sonore

Tre piccole cose sonore che quando le sento mi danno sui nervi
- quando qualcuno mi dice: stai serena
- quando per dire che il peggio è passato sento: ora è tutta discesa
- quando per dire che è successa una brutta cosa vien detto: è una rogna

(lo so non son normale, ma pace, ormai me ne sono fatta una ragione)

martedì 4 ottobre 2011

consistenza

Un uomo deve dare l’impressione di essere solo.. Secondo me. Voglio dire, di poter essere solo… /…/ Un uomo che non dà l’impressione di essere un solitario non ha consistenza…

Il dio del massacro - Yasmina Reza - pag. 79-80

lunedì 3 ottobre 2011

un pensierino

questa mattina avevo da fare, sul lavoro, una cosa che era piena di pause piccole. Metti la soluzione A, c’era scritto sul protocollo, aspetta un minuto e poi centrifuga per due minuti. Metti la soluzione B, aspetta un minuto e centrifuga per uno. Una cosa abbastanza noiosa. Le pause non superavano mai i tre minuti, poco anche per cambiar stanza e controllare la posta, che poi se c’era qualcosa poteva veniva voglia di rispondere. Il bello, sempre che sia bello per chiunque, arrivava dopo la prima ora. Quando ho a che fare con questi protocolli e li conosco già riesco a pensare ad altro senza fare (grossi) casini. E così ripensavo all’ultimo romanzo letto, poi mi è tornata in mente un’intervista, anche quella letta da poco, così è saltato fuori un pensierino:

meno male che nessuno ha intercettato quel proiettile magico, meno male che stava passando di là, meno male che l’elfo ha scelto quel proiettile, meno male che nessuno è tornato dal passato cambiando qualcosa, anche una piccolissima cosa che non avrebbe fatto arrivare quel proiettile in quella testa. Proprio quel proiettile, proprio in quella testa, proprio in quel momento.

e niente, tutto qua. Il pensierino è questo.

del gran bene

È un periodo che mi voglio del bene.
Ieri sera finferli e patate
Questa sera salsiccia e insalata, poi, dal momento che l’insalata è un contorno sano, mi son mangiata due pastine, una con le fragole e l’altra al cioccolato.
(stranamente Daniele ha apprezzato le mie scelte, ha mangiato volentieri le stesse cose, forse anche lui si vuole del bene in questo periodo)

sabato 1 ottobre 2011

punto critico



Oggi siamo stati al mare. Si stava molto ma molta bene, sotto l’ombrellone. Alle quattro ho capito che si stava bene anche fuori, al sole. E alle cinque mi sono decisa a entrare in acqua. Era un po’ ghiaccio sciolto ma era così pulita che lo trovavo un peccato non provarci neppure. È la pancia il mio punto critico. Uno può pensare: e no, se hai la pancia, le ciccezze della pancia ti proteggeranno ben dal freddo. E invece no. Non è così, anche noi che non apparteniamo alla schiera dei ventri piatti (particolarmente ricca di adepte) possiamo avere freddo alla pancia. Solo che io patisco anche a fare come fanno altre che sono nella mia condizione (quella di persone che entrando in acqua hanno freddo alla pancia) e non mi spalmo acqua sulla pancia per iniziare a prepararla allo shock termico. Io faccio parte di quelli che stan lì, con l’acqua che arriva al cavallo e non si decidono a fare il passo successivo. Magari si mettono anche in punta di piedi se il mare non è piatto piatto. Poi, di colpo, vanno o tornano a riva, dipende.
Comunque non avevo mai fatto un bagno a ottobre. Bello. Anche a far solo due bracciate. Anche a nuotare con la testa fuori dall’acqua. Ché tornare a casa stissa non mi sembra il caso, sì che fa caldo ma per essere ottobre fa caldo. Sempre ottobre è e poi, oltre alla pancia, ho anche una certa età e la cervicale è là pronta, aspetta solo i miei casini.

venerdì 30 settembre 2011

sulla stupidera (2)

Ci conosciamo da molti anni ma da quando non lavoriamo più nello stesso posto ci vediamo pochissimo. Questa sera ci siamo incontrate per caso in centro, lei era con sua figlia, è una ragazza ormai (porco belino se passa il tempo). Eravamo lì che chiacchieravamo e lei mi ha chiesto: lavori sempre nello stesso posto? Sì, le ho risposto, ormai son sette anni che sono lì. Poi lei mi ha detto: sai che ieri ho visto la segretaria del tuo capo, non mi viene il nome, come si chiama? Cinzia, le ho risposto. No, non Cinzia, l’altra, quella … quella più porcellina. Ah, Rosa. Avevo capito subito di chi stava parlando. E poi, io non so, sarà che ogni tanto arriva la stupidera e se arriva non c’è niente da fare ma, a pensare a quello che mi aveva detto per farmi capire di chi stava parlando e al nome proprio, ci veniva proprio da ridere. E allora siam scoppiate a ridere.

sulla felicità

Tempo fa mi hai chiesto che cos’era per me la felicità. Quando Michal aveva dodici anni, un giorno mi face:”Nonna, perché non accendiamo tutti i candelieri insieme?” Come sai, ho una collezione dei più svariati candelieri per una sola candela. A quel tempo ne possedevo ormai settanta. In ciascuno si ergeva la sua candela, perché i candelieri vuoti non mi sono mai piaciuti. Un candeliere vuoto è un candeliere inappagato. E così, quando scese la sera, li accendemmo tutti insieme. Ecco, per me questa era felicità, quell’istante con i candelieri accesi e mio nipote raggiante.

Reality - M. Szczygiel pag.145

giovedì 29 settembre 2011

S. Leche

Oggi ho mandato una mail a un collega spagnolo, stiamo facendo una cosa insieme. Io a lui scrivo quasi sempre in italiano (lo sa benissimo) le frasi non lavorative e in inglese quelle di lavoro. Oggi la volgia di scrivere in inglese era pochissima a dal momento che erano solo due frasette una di saluto e una del tipo: se mi mandi 20 ml di anticorpo sarei contentissima, le ho scritte nella mia lingua. Poi, dato che anche lui si chiama Latte, e oggi è S. Latte, gli ho aggiunto gli auguri di buon onomastico nella sua lingua (due parole e sono riuscita a scriverne una sbagliata, ah come sono portata per le lingue io, difficile trovare una portata come me).
Ora mi è arrivata la risposta.

Querida Latte,
Grazie, Latte. ¡Muchas Felicidades!. Hoy tambie´n es el dia de tu santo (santo onomástica). Te mandaré el anticuerpo la semana próxima.
Ciao
Leche

Come mi piacciono queste mail.
Ora torno al bancone che 'sta sera voglio andarmene al cinema ed è il caso che mi dia una mossa.

mercoledì 28 settembre 2011

galleggini



Un galleggino serio e due allegri.
(il coniglio verde è il mio preferito)

martedì 27 settembre 2011

sulle mancanze

Mi manca qualcosa che stento persino a capire e a esprimere a parole.

Reality - Mariusz Szczygierl - pag. 34

messa così

Oggi è stata decisamente una giornata no. I miei giochi in laboratorio sono andati bene, ma a volte mi montano dei nervosi tali che il lavoro che va per il verso giusto non basta a raddrizzare la giornata. Allora ero qua a pensare a cosa salvare da quando sono uscita di casa a quando sono rientrata. Mi son messa a cercare, perché lo so che se mi metto a cercare poi qualcosa lo trovo (la maggior parte delle volte).

Salvo:
- il saluto che ci siamo scambiati il fisarmonicista di Brignole e io
- un caffè al bar con la mia amica Cinzia prima di entrare in ospedale
- il voltarmi sovrappensiero in tabaccheria e vedere due occhi che mi ricordano tantissimo altri due occhi
- la lettura di alcune pagine del libro che ho iniziato oggi e che mi ha consigliato Marco, uno dei mei due amici librai

Messa così non sembra neppure una giornata pessima.

lunedì 26 settembre 2011

e Cato?

‘Sta sera nella cassetta delle lettere ho trovato la busta con le domande del censimento e mi è venuto in mente che quando abbiamo preso casa siamo andati a spostare la residenza e in quell’ufficio lì, quello dove bisogna andare per spostare la residenza (e io ero molto contenta di farlo perché finalmente potevo prendere un medico della mutua nella stessa città dove abitavo e votare dove abitavo), c’era uno che ci ha chiesto: chi è il capo famiglia? A me, sempre a causa del mio carattere, è venuto da rispondergli Non c’è una famiglia e quindi non c’è neppure un capo famiglia, ci sono due persone che hanno preso casa insieme e che ci vogliono vivere insieme. L’individuo di quell’ufficio mi aveva guardato malissimo Questa riga è da compilare, mi aveva risposto, io qua devo mettere un nome. Abbiamo fatto scrivere quello di Daniele. Se la riga è da compilare che cosa vuoi fare? la compili.
Però ora io mi stavo domandando: e Cato? Se, per l’anagrafe, siamo una famiglia allora secondo me anche Cato fa parte della famiglia.

piccole cose

Una piccola cosa bella
Tornare in laboratorio, vedere le pastiglie per il mal di testa sulla scrivania e dir loro: vi ricaccio nel cassetto, rimanete lì che è un bel posto e poi lì avete anche una probabilità di sopravvivenza più alta.

Una piccola cosa strana
Se si mettono in gavetto dei chicchi d’uva e dei mirtilli verso le otto del mattino, poi, verso l’una e mezzo, l’uva sa di mirtillo ma il mirtillo non sa d’uva. Mirtillo batte uva 1:0.
Magari succede anche prima, bisognerebbe fare l’esperimento. E dopo? Magari dopo vince l’uva. Va tu a sapere.

domenica 25 settembre 2011

delle volte

Delle volte essere figlia è difficile
delle volte essere sorella è difficile
delle volte essere sia figlia che sorella è difficilissimo.

Delle volte vivere a duecento chilometri dalla propria famiglia d’origine è brutto
delle volte vivere a duecento chilometri dalla propria famiglia d’origine è bello
delle volte vivere a duecento chilometri dalla propria famiglia d’origine è sia brutto che bello.

Delle volte non riesco a sopportare le persone che urlano
neppure se voglio loro del bene ci riesco
o forse proprio perché voglio loro bene.

sabato 24 settembre 2011

anche da scappato

Il libro che mi ha fatto compagnia fino a qualche ora fa finisce così:

Se qualcuno vuol farmi scappare, io scappo.

E adesso sono qui che ci penso. Un po’ penso al libro, un po’ penso all’ultima frase. E tra un pensiero e l’altro mi son trovata a chiedermi: ma chi ti vuole far scappare? sei tu che vuoi scappare? ma scappare da cosa? da chi? Fosse così, fosse che sei tu che voi scappare, potrei anche vedere se riesco a darti una mano. Io una mano te la do volentieri ma tu mi prometti che, se ne avrai voglia, continuerai a scrivere anche da scappato?

venerdì 23 settembre 2011

creazionismo

‘Sta mattina mi sono svegliata con il mal di testa, un mal di testa di quelli che poi dà fastidio anche la luce del sole, di quelli che ti mandi giù delle pastiglie e speri nel miracolo chimico con tutte le energie residue. Però non potevo mica andare a lavorare e fare solo atto di presenza perché poi mi toccava andare domani a fare quello che non facevo oggi e allora ho cercato di combinare qualcosa di sensato lo stesso. Tra le cose che volevo fare c’erano delle amplificazioni (per i non addetti ai lavori che magari fanno un salto da queste parti: volevo vedere se dei campioni trascrivevano o no dei geni, in esperimenti del genere si mettono dei controlli positivi, campioni venuti positivi in precedenza, e dei controlli negativi, tra i negativi si mette anche dell’acqua al posto del campione). Poi ho corso il gel per vedere che cos’era venuto e mi son trovata con il campione dell’acqua positivo. Andiam bene, mi son detta, andiamo proprio bene. Hai proprio lavorato da Dio. Complimenti. E poi l’ho rifatto, è andata un po’ meglio, ma l’acqua non è mica negativa negativa, basta sovraesporre la fotografia e una banda sottile sottile vien fuori ancora. Lunedì ci riproverò però son sulla via di ritorno all’essere umano. Meno male.

giovedì 22 settembre 2011

Ughi

Oggi cercavo un oligo, ero convinta di averne ancora un po’ alla mia diluizione e invece l’avevo finito. Va beh, poco male, lo ridiluisco, pensavo, mi ricorderò sbagliato, son anni che non lo uso. Sono andata sul quaderno per cercare dov’era la mamma, il tubo di partenza, quello dal quale peschiamo tutti, e ho visto che era stato sintetizzato nel 1998 (cioè non era stato sintetizzato il tubo ma l’oligo che è nel tubo). Porca la miseria nera se passa il tempo, mi è scappato. Ho cercato la scatola, vicino a quel tubo c’erano altri oligo che avevo fatto sintetizzare per un progetto vecchissimo. In quel periodo cercavo di capire che cos’era una sequenza che avevo trovato (poi non era nulla di interessante) e quando non si sapeva che cosa si aveva in mano i nomi agli oligo si inventavano. E lì in quella scatola, vicino all'oligo che mi serviva oggi, c’è una serie di oligo che si chiamano tutti Ugo: Ugo 1, Ugo 2, Ugo 3, e via di seguito fino a Ugo 9. I tempi pre sequenziamento di tutto il genoma avevano il loro fascino mi son sentita pensare.

Pensieri del genere si fanno solo da una certa età e poi, quando si sentono certe cose nella propria testa, può capitare che ci si vergogni anche un po’, ma non troppo.

martedì 20 settembre 2011

coccolopenia e furbizia

‘sta sera arrivata a casa mi ha accolto Cato con una serie di miu. Era decisamente coccolopenico. Gli ho fatto un po’ di carezze poi pensavo che bon, basta, invece lui, appena mi alzavo mi dava delle testate sulle caviglie per farmi capire che no, ancora. Siamo andati avanti un bel po’ prima di arrivare a pensarla uguale. A quel punto in ingresso c’era pelo di gatto ovunque, allora gli ho detto: sta arrivando il freddo, dovresti tenertelo ‘sto pelo invece che perderlo via per casa. Ti può servire.
E lui mi guardava e io non so, mi sembrava quasi che ridesse sotto i baffi. Secondo me Cato è furbo e ha capito che cosa stavo dicendo nascosto, molto male, da consiglio altruistico.

lunedì 19 settembre 2011

143 blocchi cattivi

Centoquarantatre bad blocks. É quello che ha sentenziato un programma che Daniele ha usato per cercare di capire come mai avevo così tanti problemi con il mio computer. Ogni tanto, sia che usassi word sia che usassi iPhoto o che navigassi mi si chiudeva tutto (e io imprecavo e quando mi metto a tirar giù porconi non è proprio un bel sentire). Questa cosa dei blocchi cattivi me l'ha detta giovedì sera, da venedì sera non è che si chiude all’improvviso, non si accende più. Non c’è molto da fare, mi ha spiegato, se non cambiare il disco rigido (e l’anno di garanzia è finito il cinque settembre, va beh non commento la data qui in parentesi che è meglio). Ha recuperato più o meno tutto e mi ha lasciato il suo portatile da lavoro a disposizione. E adesso aspettiamo il pezzo di ricambio. Pazienza, ci vuole pazienza, tanta pazienza. Bisognerebbe trovare dei posti dove l’affittano o dove la si può comprare. Sarebbe bello, uno va lì e quando gli chiedono: Desidera? Risponde: mi dà un etto e mezzo di pazienza tagliata sottile per favore? E poi se ne torna a casa e si fa dei piatti di pazienza condita olio, limone e scaglie di grana. Magari ci aggiunge anche della rucola così, non solo sta calmo ma sembra ancora che ci sia l’estate e invece la mattina fa fresco e di sera alle otto è già scuro.

domenica 18 settembre 2011

l'utilità degli insiemi

Capita che una, una a caso, pensi: preferisco leggere romanzi che racconti e poi capita anche che la stessa una pensi: ma che cosa mi salta in mente di pensare. Dipende, si dice tra sé e sé, dipende perché se tutti i racconti mi piacessero come mi piacciono quelli che sto leggendo ora allora non sono mica tanto sicura che mi piacciono più i romanzi dei racconti. Dipende da che romanzo è e da che racconto è. Bisognerebbe stare attinte a quello che si pensa, mettere nei pensieri delle cose che lascino poi spazio al dubbio o magari fare come degli insiemi. Con gli insiemi forse può funzionare. Tra quello che per ora ho letto sono di più i romanzi che mi sono piaciuti dei racconti. Sì, a far degli insiemi può funzionare, rimane posto anche per i cambi d’idea. Anche se, se la storia è bella, rimanere in compagnia della stessa storia per almeno duecento, meglio ancora trecento, pagine è una gran bella cosa.

sabato 17 settembre 2011

gli abici

Io, se penso ai miei maestri, a chi mi ha insegnato gli abici del lavoro che provo a fare, penso che sono stata fortunata. Se penso a loro tre, a Daniela che mi ha insegnato l’abici della biologia cellulare, a Marcelo che mi ha insegnato l’abici della biologia molecolare e a Marco che mi ha insegnato l’abici del leggere e dello scrivere, penso che sono stata proprio fortunata. L'imprinting l'hanno lasciato loro tre. Poi sono arrivati altri maestri (e altri ancora magari arriveranno) ma a loro sono toccate (o toccheranno) altre lettere. Ieri c’era una cosa che è durata tutto il giorno e poi è continuata anche la sera perché c’era una cena, per chi aveva piacere a continuare a stare insieme in un modo diverso. A cena Daniela e io ci siamo messe allo stesso tavolo e dal momento che tornava a Pavia oggi con il treno delle undici ci siamo viste anche ‘sta mattina. Ci siamo prese un caffé insieme, abbiamo chiaccherato un altro po’. Magari si riesce a fare qualcosa insieme anche in futuro. Speriamo, la voglia c’è, poi si vedrà.

giovedì 15 settembre 2011

ma

- Ma papà ha paura dei granchi?
- No.
- Ma come fa a non avere paura?
- Non lo so, questa sera glielo chiediamo.
- Ma se va in acqua e c’è un granchio poi lo punge?
- Se lo pesta sì,
- Ma se lo punge perché il papà non ha paura dei granchi?

poi sono scese dall’autobus ma mi è venuta la tentazione di seguirle e sentire altri ma.

gemello

aggiornamento
Sul retro del tappo dello yogurt gemello c’è scritto:
Danone per l’ambiente
Dal 1° gennaio 2009 lo stabilimento Danone di Casale Cremaasco (CR) è interamente alimentato da fonti di energia rinnovabile.

(e anche oggi ho iniziato ad avere fame alle dodici e mezza, starò mica ospitando un verme solitario?)

mercoledì 14 settembre 2011

pagina a caso

Io ho il vizio di aprire i libri che mi incuriosiscono più o meno a metà e leggere delle facciate a caso. A volte funziona e mi faccio un’idea se può piacermi o no, a volte prendo delle cantonate ma è una cosa che mi piace e mi diverte così tanto che continuo a farlo. Oggi sono passata a ritirare due libri che avevo ordinato e poi mi sono messa a chiacchierare con il libraio. Quando arrivava un cliente tornavo agli scaffali e facevo il gioco della pagina a caso. Aprendo un libro ho letto una lettera che inizia così:

Caro compagno Dio!
Scusa se ti disturbo di nuovo con stupidaggini. Cioè, volevo dire che per me non sono affatto stupidaggini, tutt’altro.

e che finisce così:

Con i migliori saluti la tua creatura Jankel’ Lemares. Ah sì. Dì ai miei che ho grande nostalgia di loro e che li bacio mille volte. Adesso è proprio tutto.

Ora quel libro è sul divano, chissà, magari passa avanti a altri. Va tu a saperlo.

una curiosità piccina

Ero lì che facevo un giro in casa di altri e intanto mangiavo. Era un po’ presto per me ma oggi è dalle dodici e mezza che ho fame così ho anticipato un pochino, che alle due meno un quarto non ci arrivavo (o ci arrivavo dopo aver preso a morsi il bancone che non è bello e poi oggi sto giocando con dei batteri, non è neppure sano). Ero lì che polivo per benino il tappo dello yogurt ma guardando lo schermo del computer quando è comparsa una scritta: Danone per l’ambiente era il titolo. È comparso sotto il mio naso, non a casa degli altri. Poi sotto c’era scritto Negli ultimi 5 anni lo stabilimento di Casale Cremasco ha ridotto i consumi di acqua del 25%.
Il 25% mi sembra tanto, mi sembra che ne sprecavano tanta di acqua se sono riusciti a ridurne il consumo del 25%. Sempre ammesso che sia vero. E ora mi sto chiedendo: chissà se sull’altro yogurt, sullo yogurt gemello di questo, quello che adesso è nel frigo a casa, c’è la stessa frase sotto il tappo o una differente o non c’è scritto nulla.

martedì 13 settembre 2011

latte al ginocchio (sinistro)

'sta mattina al bar un signore, mi ha rovesciato addosso mezzo bricco del latte. Io lo so che non l’ha fatto apposta, eravamo in tanti e lui si è mosso in maniera maldestra però, secondo me, almeno scusa poteva dirlo. Invece no, ha detto: colpa del barista che li ha riempiti troppo. A volte mi sembra che ci siano in giro persone che scusa non lo sappiano proprio dire. Ma non è una cosa difficile, non è neppure una parola insolita o lunga. Basta esercitarsi e poi si riesce. Se non si riesce a dire scusa per delle ca@@ate del genere quando le scuse sono per altro che cosa si fa? Tornando al latte mi è venuto in mente che, se ricordo giusto, Cleopatra si faceva il bagno nel latte. Mi sembra fosse latte di asina, dovrei controllare ma adesso non ne ho voglia. Però adesso posso controllare se la gamba sinistra è meno peggio della destra.
E poi mi sa che dovevo un po’ aspettarmelo con il nome che mi sono scelta.

lunedì 12 settembre 2011

una che pensa sbagliato

Una magari pensa che alle nove e quaranta la giornata sia ormai finita. Magari pensa di distendersi sul divano e andare avanti a leggere il libro che ha iniziato in autobus la mattina. Magari prima è lì che pensa, ‘spetta, fammi vedere se mi sono dimenticata qualcosa. No, fatto tutto. Mi sono anche ricordata che oggi era il primo giorno di terza di mia nipote e me lo sono fatta raccontare. E invece pensa sbagliato, lei pensa sbagliato perché suona il cellulare, è il capo che dice che ci sono i pompieri davanti al laboratorio e che non hanno le chiavi. E a quella lì che pensava: bon per oggi basta, tocca rivestirsi, chiedere al fidanzato se la accompagna, che a quell’ora gli autobus sono pochissimi, e andare di nuovo lì. E mentre va pensa: quanti litri di etanolo abbiamo in laboratorio? E di metanolo? Quante bombolette da campeggio del gas? E poi, arrivano e c’è l’allarme che suona ma per fortuna non brucia niente e i pompieri non ci sono più, se ne sono andati. E deve andare in portineria, far chiamare di nuovo i pompieri (quelli interni dell’ospedale) e entrare con loro (due pompieri davanti e lei dietro), e aprire tutte le stanze. Siamo entrati e c’era ‘sta sirena assordante che da fuori era forte ma da dentro era proprio assordante e che cos’era? Un sensore impazzito. L’hanno svitato, ci hanno soffiato dentro e l’hanno riavvitato. Fine della storia.

Domani faccio una copia delle chiavi e la lascio in portineria. Anche se secondo me è l’ospedale che dovrebbe prendersi carico di queste cose organizzative io non rischio, faccio una copia e la lascio lì e farò così tutte le volte che, per un motivo o per l’altro, si cambieranno le chiavi dell’ingresso.

domenica 11 settembre 2011

tutto bene

In questi giorni sono andata in ospedale più volte. Tutte le volte, tornata a casa, ancora prima di mettermi le pantofole o di accarezzare i gatti, andavo in bagno a lavarmi le mani. Io andavo in un bagno e mia mamma nell’altro. Senza dirci niente. Poi no, poi parlavamo. Ci sembrava di avere le mani sporchissime anche se non prendevamo ascensori e non toccavamo i corrimano delle scale. E mentre per mia mamma la cosa è normale per me è stranissimo perché io in ospedale ci lavoro e lì tocco un po’ ovunque e poi mi mangio i Michetti che sono sulla scrivania senza pormi alcun problema.

(comunicazione: tutto bene, l’ex malato verrà dimesso martedì, poi bisognerà convincerlo di fare la convalescenza come si deve ma quello è un altro problema)

venerdì 9 settembre 2011

baracca e burattini

buon fine settimana a chi passa da qua (ma pure a chi non lo fa)
io ora chiudo baracca e burattini e me ne vado in stazione
questo fine settimana sarò figlia al cento per cento

ci si rivede (per chi lo vuole) lunedì

mercoledì 7 settembre 2011

imbarazzante



L’altro giorno, da brava genovese d’adozione, mi stavo lamentando. Mi lamentavo del fatto che le giornate si stanno accorciando. Oggi invece no. Oggi mentre davo da bere alle piante stava tramontando e c’erano dei colori che sembrava che qualcuno avesse preso il cielo a secchiate. E quello che vedevo dal terrazzo era di una bellezza imbarazzante.

martedì 6 settembre 2011

microchip

Sono andata a ritirare la nuova tessera dell’autobus. Quando mi hanno chiamato per dirmelo mi sono meravigliata perché l’ho fatta a febbraio e ha validità di un anno. Poi ho scoperto che la nuova tessera ha un microchip. A me queste cose qua, come il rifare le tessere dell’autobus per aggiungere il microchip, son cose che fan pensare. Vengon fuori dei pensieri mica tanto allegri però.

sincerità per sincerità

Ha chiamato la sorella di Daniele proponendoci di andare a pranzo insieme tra due domeniche (è il suo compleanno quel giorno) ma solo se c’è brutto tempo perché se è bello loro fanno dell’altro. Io non so, forse non sono in grado di apprezzare la sincerità in tutte le sue forme ma io, per come sono fatta io, questa non la riesco a chiamare sincerità. Non dico che abbia mentito, non dico questo. Io sono sicurissima che ha detto quello che pensava. Se lo si guarda con attenzione sotto un certo angolo, può essere definito anche un invito sincero, ma, secondo me, quel invito ha un altro nome. La prima cosa che mi viene in mente non è: sincerità. A casa mia quel invito si chiama in maniera diversa. E allora a me vien da rispondere: guarda tu fai quello che vuoi ma io non vengo, qualsiasi sia il tempo di domenica 18. E poi decido che a lui, che mi sta riassumendo la telefonata dopo averla finita, lo dico quello che mi vien da rispondere. E non mi sembra che ci sia da dover dare delle spiegazioni alla mia risposta. Mi sembra chiara, e sincera.

domenica 4 settembre 2011

lui è (un grande guaritore)

Il mondo è un enorme ospedale.
Tutti cerchiamo di guarire, di non soffrire troppo, di uscire vivi ancora una volta, di cambiare qualcosa per sempre.

Se tu, anche nella pena, potrai dare una goccia di sollievo agli altri, fallo. Oppure lamentati. Oppure grida che è ingiusto. Invidia ogni persona che nel tuo animo credi viva meglio di te.

Ricorda Moby Dick, van Gogh e i suoi Girasoli. Ricorda tutto quello che hai scritto, ogni tuo sacrificio. Il momento in cui ci accorgiamo che lasceremo qualcosa dietro di noi, gioia per gli altri, sollievo, un quadro, un seme, un sacrificio, una risata. Non siamo passati invano.
Abbiamo guarito.


La traccia dell'angelo - Stefano Benni (pag.74, 76, 91-92)

sabato 3 settembre 2011

mollettone

Oggi ho comprato un mollettone. Io, fino a poco tempo fa, pensavo che il mollettone fosse solo quello per i capelli, quella specie di pinza, molto utile quando si hanno i capelli lunghi e non li si vogliono sugli occhi. Abbastanza antiestetica, per il mio gusto, ma utile. E invece no. Non si finisce mai di imparare. Anche la propria lingua è piena di sorprese, basta essere ignoranti. Il mollettone è anche un panno che può essere utilizzato per coprire il tavolo (da mettere sotto la tovaglia o la cerata) e che serve a proteggere il tavolo dal calore e dagli urti. È proprio quella cosa là della protezione dal calore che m’interessa. Il sottopentola lo usiamo sempre ma il piatto di minestra o di minestrone alla lunga può rovinare il tavolo e mi dispiacerebbe. È così che sono venuta a conoscenza del fatto che quel panno si chiama mollettone, ero andata a cercarlo durante le vacanze ma un negozio era chiuso per ferie e l’altro l’aveva finito e lo stava aspettando. Oggi mi è tornato in mente e così sono tornata all’attacco. Quello che lo stava aspettando lo stava ancora aspettando ma quello che era chiuso per ferie era aperto e l’aveva. Ecco, adesso abbiamo un mollettone e la casalinga che è in me è molto soddisfatta dell’acquisto. (poi dal momento che ero in giro mi sono presa anche un libro ma, dal momento che non è sull'uso del mollettone, lo metto tra parentesi)

venerdì 2 settembre 2011

404

C’è un posto dove vado volentieri e ogni tanto, ogni tanto tanto, raramente si potrebbe dire, spariscon delle cose che avrei voglia di rileggere. Allora cerco di rileggerle lo stesso, anche se andare contro la volontà del padrone di casa non è una cosa carina da fare. Se le toglie avrà i suoi buoni motivi mi dico cercando di ritrovarle. E succede che quando son quasi convinta di esserci riuscita ne leggo una riga scarsa e poi, invece di poter andare avanti, mi trovo a leggere “Error 404 - Che vuol dire che quel che cercavi non c'è. Magari c'era e non c'è più. Chissà dov'è finito.” E così mi tocca rassegnarmi.
Ormai è un po’ che passo di lì e se mi mettessi a far della statistica direi che la maggior parte delle cose che spariscono a me dispiace che spariscano, che mi è capitato solo poche volte (quattro direi, cinque al massimo) di dirmi: secondo me ‘sto post non ha vita lunga e di indovinare e una sola volta di dirmi: se lo toglie fa una gran bella scelta, e invece è rimasto lì.

mercoledì 31 agosto 2011

più dritte e più preziose

Non l’avevo mai sentito leggere. Recitare sì, tante volte in televisione, tre volte dal vivo. Legge molto bene, ‘sta sera ci ha letto La strage dei Proci. Era nel cortile di Palazzo Tursi (ingresso libero, mezz’ora prima sono riuscita a trovare un posto per terra sotto il palco, mi sa che per la comodità di una sedia bisognava arrivare con un’ora d’anticipo). Ha anche recitato, tre pezzi includendo nel conto il bis. Era accompagnato da un fisarmonicista, molto bravo anche lui. A me le parole e la musica mescolate, anche in cose che non siano una canzone, spesso piacciono. Ogni tanto saltan fuori delle combinazioni belle, è un po’ come se si esaltassero a vicenda. Ogni volta che lo sento son lì a dirmi: ma guarda che bella testa che ha Ascanio Celestini. Però dal vivo è ancora meglio. Quando si ha la possibilità di farle certe cose bisogna proprio farle, ché poi si sta bene. Non si può immaginare prima come si sta bene dopo, perché può succedere o no, però se succede poi si sta proprio bene. Non so, magari capita a tutti, ma a me, se ascolto una persona e l’ho davanti, la ascolto meglio. Mi sembra quasi che le parole arrivino più dritte. Mi sembra quasi che il fatto che sia lì a dirle le renda più preziose, che lo sforzo che fa (lo so che lo fa di mestiere ma lo sforzo rimane lo stesso) le renda un dono ancora più bello.

a volte

a volte si è allegri e si sa perché
a volte si è tristi e si sa perché
a volte si allegri e non si sa perché
a volte si è tristi e non si sa perché

(a volte si fanno pensieri di un’ovvietà sconvolgente)

lunedì 29 agosto 2011

le radici dei sentimenti

È anche opportuno sottolineare che ogni lingua si sviluppa maggiorante nei settori di particolare importanza per quella determinata cultura. Ben nota è, per esempio, l’innumerevole quantità di termini presenti nella lingua sami per descrivere la renna e la profusione di parole relative alla neve. All’interno del meänkieli il vocabolario è particolarmente ricco nell’ambito delle imprecazioni e ingiurie di vario genere.
/…/
“Qual è l’aspetto più importante dell’essere tornedaliana, per lei?”
“La lingua, naturalmente”, rispose Kerstin. “Il tornedaliano è la mia lingua madre, ed è lì che sono più radicati i sentimenti. Quello che viviamo da piccoli ci plasma per tutta la vita.”
“Dunque per lei il Tornedal è soprattutto il meänkieli?"
“Sì, /…/ ”

L’uomo che morì come un salmone - Mikael Niemi (pag.126 e 127)