mercoledì 29 febbraio 2012

onnivora

Sono giunta alla conclusione che sono onnivora. E che, anche se ho le mie preferenze (come è normale che sia), spesso mi vien voglia di provare. E che è bello provare perché solo provando ho la possibilità di conoscere qualcosa di diverso, magari qualcosa di molto buono, qualcosa che poi mi vien voglia di riassaggiare. Lo ammetto: ci sono anche delle cose che non mangio per pregiudizio, che so? non mangerei delle cavallette, se qualcuno mi offrisse delle cavallette non penso che le assaggerei, neppure se fossero fritte. Ci sono cose che ho provato e che non mi piacciono, che ho fatto fatica a finire, ma che sforzandomi ho finito perché se da bambina ti ritrovi il minestrone che non hai finito a cena la mattina dopo a colazione poi da grande hai dei problemi a lasciar della roba nel piatto. E poi succede che, mangia oggi, mangia domani, mi son fatta delle idee su che cosa mi piace. Io penso di essere una mangiatrice di secondi anche se poi mangio più spesso primi. È difficile trovare dei secondi veramente buoni ma è tra i secondi che ci sono i miei piatti preferiti. Questo non vuol dire che i pansoti con la salsa di noci non mi piacciano, mi piacciono moltissimo. E non c’è niente di male a dire che il branzino al sale è buonissimo e che potrei fare indigestione di sacher. Non è un contro senso. Sono due cose diversissime eppure sono tutte e due molto buone, almeno io le trovo molto buone. E poi ci sono delle cose che mi piacciono solo se le cucina qualcuno, se le mangio fatte da altri o se le provo a fare io mi sembrano solo delle imitazioni dell’originale. Lo strudel di mia mamma per esempio è qualcosa di così buono che son dell’idea che se uno ha la fortuna di assaggiarlo poi gli altri strudel non reggono. E ci sono ristoranti dove so che qualsiasi cosa mangio mi piacerà e se non sarà così quella volta rimarrà un caso così isolato che mi renderà quel posto ancora più simpatico e quel cuoco più umano. E poi ci sono persone che mi conoscono, hanno idea dei mei gusti e mi consigliano dei piatti, e sarà facile trovare dei piatti buoni tra quelli consigliati.
Ecco, con i libri uguale.

lunedì 27 febbraio 2012

un ricordo



Vedendo una foto è tornato un ricordo. Siam ben fatti strani, son ben fatta strana.

C’è stato un periodo, breve, meno di un anno, che ho pensato di fare l’etologa. Era successo dopo che ero andata a sentire un seminario di un etologo italiano. Avevo letto i sui articoli, uscivano sull’Espresso, mi sembra che si chiamasse Zoo aperto quella rubrica, e forse è anche uscito libro che li raccoglie, non son sicura, dovrei controllare ma non ne ho voglia. Avevo preso la bicicletta, vivevo a Pavia in quel periodo, ed ero andata a sentirlo. Era stato molto bello, mi piaceva il modo che aveva (e che penso abbia ancora) di ragionare, di farsi delle domande e trovare dei possibili modi per trovare le risposte. Mi ricordo che tra le domande che si era posto ce ne era una che mi divertiva: i topolini imparano ad aprire i barattoli svitando il tappo con le due zampette anteriori perché lo vedono fare dalle loro mamme o ci sono topini che geneticamente sono predisposti per risolvere quel problema, abbattere il barattolo, spingerlo contro un muro e svitarlo? Mi sembrava che sarebbe stato un bel lavoro. Mi piaceva quel misto di genetica e apprendimento che stava alla base delle sue domande. Poi niente, a quel dottorato entravano quattro persone all’anno, sapevo che non ce l’avrei mai fatta, non ci ho nemmeno provato.

domenica 26 febbraio 2012

in vacanza, quasi



Venerdì in via Sanvi ho visto un gruppetto di ragazzini, erano in cinque, due non stavano bene in piedi, ridevano, urlavano. Camminavano nella direzione opposta alla mia. Stavo per entrare in un negozio di pasta fresca quando ho ricevuto un pugno su un braccio. Non me l’aspettavo, vederli li avevo visti ma non pensavo che menassero. Ho barcollato ma non sono caduta, mi sono voltata e gli urlato un Ma sei deficiente? Lui rideva, gli altri lo applaudivano. Quello che mi ha fatto più male è stato vedere che nessuno diceva niente. C’era gente, non erano neppure le sette, proprio vicino a me c'era una coppia, mi pare impossibile che non abbiano visto. Son due giorni che quando ci penso mi monta il nervoso. Ieri ci pensavo di più, oggi meno. Quando ‘sta mattina sul tardi, ché prima mi son finita Un ragazzo e una colomba e poi ho stirato due pezzetti, sono andata a lavarmi ho visto il livido e mi è salito il nervoso. Basta Latte, ho detto alla Latte nello specchio, gli hai già dato troppo peso a ‘sta cosa, va a farti un giro. Così sono uscita e mi sono comprata un mazzo di tulipani arancione, bellissimi, e in piazza Matteotti mi sono seduta a un tavolino a bere un bicchiere di Pigato. Me ne sono stata lì al sole, a vedere il retro di San Lorenzo. A sentire tre che suonavano, uno il violino, uno la chitarra e uno il contrabbasso. Si stava benissimo. Sembrava di essere in vacanza. Poi quando son tornata era tornato anche Daniele dalla sua corsa. Dopo pranzo mi sono letta La morte di Ivan Il’ic e alle cinque mi è venuta voglia di mettere su il ragù. Tra poco lo spengo. Quelli passati così, sabato a pulir casa, sabato sera al cinema e la domenica a far quello che mi pare sono i fine settimana che preferisco. Che bello sarebbe far la casalinga ricca. Va be’, domani si lavora, ma per domani sera c’è già mezza cena pronta.

giovedì 23 febbraio 2012

non solo sottrazioni

Ci sono dei test nelle scuole elementari moderne che ai miei tempi non c’erano. Tanto tempo fa, quando ero nanetta io, in seconda elementare c’era l’esame per passare in terza, adesso in seconda si fa ‘sto test. Io non lo sapevo, oggi me lo ha raccontato una collega e mi ha anche spiegato che poi ne fanno uno in quinta e uno in terza media ma che solo quello che c’è in terza media ha valore scolastico, fa media con quello di fine medie. Quelli delle elementari non hanno valore per lo studente, servono solo a capire come vanno le scuole in giro per il nostro stato. E allora ‘sta sera mi son detta: ma guardiamo un po’ come sono e li ho cercati. Ho scaricato e mi sono messa a leggerli. Io non so, ma a me alcune delle domande dei test per la seconda sembran difficili, sono nanetti in seconda. Poi ho pensato che mia nipote, che è in terza, fa informatica a scuola e sa già aprire e chiudere file word, salvarli e dar loro un nome, ritrovarli. Son diversi i nanetti di adesso. Comunque c’era, nel test che ho letto, questo problema.
Tre bambini cercano di indovinare quante palline ci sono in un sacchetto come quello che vedi qui sotto (e poi sotto c’era il disegno del sacchetto) più sotto ancora c'erano le facce di tre bambini e ognuno aveva un fumetto con scritto dentro quante palline pensano ci fossero nel sacchetto. Una bambina, che scopro si chiama Anna, dice 39, una che si chiama Moira dice 41 e uno, Giovanni, 51. Poi più sotto ancora c’era scritto: aprono il sacchetto e vedono che ci sono 47 palline. Poi c’era la domanda: chi è andato più vicino al numero di palline che c’è nel sacchetto?
Io non so, sarà che non frequento nanetti, ma a me per la seconda elementare sembra difficile.

mercoledì 22 febbraio 2012

che mettono di buon umore

Era una donna bella e giovane. Non quel tipo di bellezza che ti mozza il fiato in gola e nemmeno di quel tipo che ti fa tremare le ginocchia, ma certamente una bellezza di quelle che mettono di buon umore.

Il ragazzo e la colomba – Meir Shalev – pag. 227

lunedì 20 febbraio 2012

un dialogo

Sull’autobus, proprio dove ero seduta, c’era un finestrino che non si chiudeva bene. Ci abbiamo provato in due ma non c’era niente da fare, rimaneva un po’ aperto. Da lì veniva uno spiffero freddo, e pensare che oggi non faceva freddo, chissà perché era così freddo quel getto che mi arrivava addosso, sul collo. Non avevo voglia di alzarmi per allontanarmi, volevo rimaner seduta e così mi sono stratta la sciarpa e bon, sono rimasta lì. E una parte della mia testa diceva: Aria di fessura, manda in sepoltura e l’altra rispondeva: Eh, speriamo di no.

domenica 19 febbraio 2012

come un filmino

Stavo stirando ed mi è tornata su una scena, pescata da qualche parte nel fondo della memoria. C’era mia mamma che stirava e io e mia sorella al tavolo lì vicino a fare i compiti. Era un’immagine, no, non un’immagine perché c’era del movimento, era come un pezzetto di un filmino, un filmino mai girato; era una sensazione stranissima perché era come se vedessi la scena non con i miei occhi, quelli mei di quell’età, ma da fuori. Vedevo mia mamma che faceva quei gesti bellissimi, aveva in una mano una conchetta di plastica arancione con dell’acqua e con l’altra, con la destra, spargeva gocce d’acqua sulle camicie di mio papà e poi le piegava. E la me bambina la guardava e lei sentendosi guardata mi spiegava, mi diceva: Prima di stirarle bisogna bagnarle e aspettare che l’acqua vada per tutta la camicia. Faceva sempre così, bagnava le camicie, le piegava, e mentre aspettava che l’acqua camminasse lungo le camice stirava altra roba. Roba che non doveva essere bagnata prima. Oggi, mentre stiravo, pensavo che io quel gesto ho avuto la fortuna di vederlo tante volte anche se non ho fatto in tempo ad impararlo. E chi è nato dopo di me, qualche anno dopo mica tanti, quando ormai nelle case era entrato il ferro a vapore non l’ha mai visto. Non ha mai visto le mamme che sanno fare la pioggia per le camicie.

sabato 18 febbraio 2012

due tipi

Mia madre arrossì. Aveva due tipi di rossore: uno che calava dalla fronte e attestava imbarazzo, l’altro che saliva su dal petto e diceva rabbia. Questa volta il rossore era in salita.

Il ragazzo e la colomba – Meir Shalev – pag. 49

un saluto

Ci sono delle mattine, è successo anche poco fa, che a tener le finestre aperte si sentono le navi che salutano. Non so se stian uscendo o entrando, da qua non si vede niente, son sulla collina sopra Brignole, è troppo lontano, però sento. È un saluto che, a me, mette su del buon umore.

giovedì 16 febbraio 2012

saper vendere

Io non mi abituerò mai ai/alle commessi/e di questa città. Non tutti, sia ben inteso, c’è anche gente normale, ma la maggior parte non fai tempo a entrare che ti ringhia contro un: Desidera, che si vede benissimo che preferiva che tu non entrassi ma che, dal momento che sei lì, è meglio non ignorarti che poi, lasciata a te stessa, fai sicuramente dei danni. Magari ti viene l’idea di aprire una maglia per vedere com’è. La stessa cosa con i rappresentanti, forse è ancor peggio con i rappresentanti perché quelli te li ritrovi tra i piedi senza preavviso. Non hai la possibilità di abituarti all’idea delle possibili ringhiate. Anche lì non tutti, che per fortuna gira anche della gente normale, qualcuno è anche simpatico, ma molti li prenderei a badilate in testa, ci fossero dei badili a portata di mano in laboratorio. L’altro giorno ne è passato uno, si è presentato e, senza porsi minimamente la domanda se avevo del tempo o se stavo facendo una cosa che non poteva essere interrotta, ha tirato fuori il catalogo. Sa sono nuovo della zona, mi ha detto, ho rimpiazzato Caio e così vorrei farmi conoscere. Io gli ho detto che da quella ditta ogni tanto ordiniamo qualcosa e che stavo finendo un prodotto. Senza urgenza, gli ho detto, l’ordine pensavo di farlo alla fine del mese prossimo ma se mi fa già avere un’offerta con validità di almeno tre mesi mi fa un favore. E poi gli ho detto di cosa avevo bisogno. Ora, io Mi fa un favore glielo detto perché volevo essere gentile, non era proprio una cosa da prendere alla lettera. E lui, invece di essere contento, che so, fare una cosa assurda come segnarsi su un’agenda che cosa volevo ordinare, mi ha piazzato il suo cartoncino in mano (con tanto di foto, una cosa orrenda a vedersi) e mi ha invitato ad andare sul sito della ditta, cercare il numero di catalogo, scrivergli una mail indicando che cosa mi serviva, il codice e il quantitativo. Andiam bene, pensavo tra me e me, poi l’ho tagliato e sono tornata a fare quello che stavo facendo prima che arrivasse. Oggi nella posta trovo una sua mail, il mio indirizzo l’avrà trovato da Caio, nel testo c’era scritto: Sono Pinco Pollo, della ditta Pallino, penso che lei si ricordi di me, sono passato all’inizio della settimana. Sto ancora aspettando la sua richiesta. Cordiali saluti. Pinco Pollo. A me non sembra il modo di fare il rappresentante, a una come me, con il brutto carattere che ho io, vien subito voglia di cercare un’altra ditta che abbia lo stesso prodotto. Io ‘sta cosa qua, che devo fare una parte di quello che dovrebbe essere il suo lavoro non va. Allora preferisco le ditte che non hanno rappresentanti, quelle che ti cerchi su Internet, che hanno il loro bravo ufficio vendite e bon, scrivi la mail e chiedi l’offerta. Cosa passi a fare se poi non fai nulla? A distribuire fotografie?

mercoledì 15 febbraio 2012

le parole

Mi tornò d'un tratto in mente una storia che mi avevi raccontato tu quand'ero ragazzo. Allora mi avevi detto che le parole si moltiplicano e si creano nei modo più diversi: alcune si dividono come delle amebe, altre mettono le radici e scavano. In quest'uomo le lettere si congiungevano con i ricordi.
Il ragazzo e la colomba - Meir Shalev - pag.13

lunedì 13 febbraio 2012

dei pensieri genetici

‘Sta mattina mi son passati per la testa dei pensieri genetici ma non stavo pensando al mio lavoro. Pensavo a ieri pomeriggio, a come son stata bene ieri pomeriggio lì, comoda nella mia poltrona in sedicesima fila, con Marco Paolini che mi raccontava delle cose. Va be’ non le stava raccontando solo a me ma che importa? E poi pensavo a quanto è bravo, a quanto è bella la sua voce (anche gli occhi, io insisto, son belli ma da dov’ero io non si poteva goderne), al fatto che ha dei testi molto belli e delle pause, o dei tempi se si preferisce, nel raccontare che per me sono bellissimi, che mi stupiscono, e che quest’insieme di testo e modo di raccontare mi fa rimanere incollata a sentire. (E qua ci sarebbe sempre quella domanda del cosa e del come, quella che ogni volta che me la faccio non so mica rispondere, che il cosa è importantissimo, per me, ma anche il come ha il suo bel perché che la cosa più interessante e più bella messa giù male poi diventa inascoltabile o inleggibile). E pensavo che son proprio contenta che da Genova ci passi spesso. Ecco, questi erano i miei pensieri quando è arrivato il pensiero genetico: ma Paolini ha figli? Figli è da intendere come figli o figlie, ché l’italiano è una bella lingua ma è un po’ maschilista e allora poi quando si intendono sia maschi che femmine bisogna mettere il plurale maschile. Non mi sembra, mi son risposta. E poi mi son persa via pensando che se era così era un peccato. Perché sarebbe realmente un peccato, per come la vedo io, che tutto quel bel DNA non possa continuare a girare per il mondo tra cento, duecento, mille anni. Quel bel DNA che potrebbe mischiarsi ad altro e cambiare rimanendo in parte uguale. E a me questo pensiero qua, del fatto che il DNA possa andare a passeggio per la faccia della terra molto più di noi è una cosa che mi piace e che mi viene in mente spesso quando penso a qualcuno che mi piace, o a cui voglio bene, o che stimo. E anche se, secondo me, alla maggior parte delle persone vien da dire: ma che cosa ti importa se ha figli? a me importa ma in un modo che non so se chi non è nella mia testa lo capisce.

domenica 12 febbraio 2012

.epud

Ho letto il mio primo romanzo formato epud. Non c’era altra scelta. Non era questione di aspettare o di pagarlo di più. Così mi sono dovuta rassegnare e leggere qualcosa di più lungo di un racconto o di un articolo dallo schermo. Mi son dovuta anche cercare un programmino per poterlo fare, il primo che ho trovato (quello che poi ho usato) è stato calibre. Quando ho visto che c’era la possibilità di convertire il file in pdf ero fin contenta. E invece, ‘sta cippa, il file pdf era orrendo, mezza frase per pagina. Ho provato due volte. Stesso risultato. Potevo cercare un altro programma ma non ne avevo voglia. Hanno vinto la curiosità e la pigrizia, mi son messa a leggerlo dallo schermo. È un tipo di lettura che non fa per me. Al di là del fatto che, per me, un libro è bello da tenere in mano anche le posizioni che puoi avere mentre leggi sono completamente differenti. Il restare davanti allo schermo ti limita di molto i movimenti, anche se hai davanti un portatile piccolino. Almeno, a me è successo così. Poi mi sembrava di aver davanti un rotolo. A me piacciono le pagine, che fine hanno fatto le pagine? Magari con quegli affari fatti apposta le pagine ricompaiono. Magari è solo questione di abitudine. Poi mi è venuto in mente che anni fa dicevo: io un telefonino non me lo comprerò mai, e invece ora il telefonino ce l’ho. Boh, vedremo. Intanto sono contenta di aver provato, almeno un passo avanti rispetto a certe posizioni piene di certezza che ho avuto per tanti anni l’ho fatto. Il romanzo mi è piaciuto anche se meno del primo romanzo che ho letto dello stesso autore.

E adesso, proprio adesso adesso, mi è anche venuto in mente che un mio ex capo mi aveva soprannominato Flintstones. Era un soprannome che mi stava bene. Ho sempre guardato il nuovo con diffidenza. È così, se mi dici vecchio io mi avvicino, mi dici nuovo e io mi allontano.

sabato 11 febbraio 2012

e poi

E poi, dal momento che gli avevo scritto Grazie, e poi che era proprio lui e che le sue due foto mi piacevano molto, me ne ha mandate altre e così ne metto ancora una. Il signore reso immortale dallo scatto si chiama Codibugnolo (chissà dove va l’accento quando si legge il suo nome).

sul vedere

Un po’ di giorni fa, sarà passato un mese o forse più, avevo chiesto a mio fratello se conosceva un uccellino che assomiglia alla moglie del Passero ma che quando vola diventa molto più bello perché ha il sotto della coda arancione. Sembra il colore del petto del pettirosso, gli avevo detto, ma è un po’ più arancione. Se ne vedono nel giardino dell’ospedale. Io non li avevo mai visti e adesso son dei mesi che li vedo. Stan sotto ai pitosfori a becchettare e poi quando passi volan via e allora ci si accorge di quanto son belli. Chissà da quanto son lì ché è pieno di cose, animali, piante che non vedo e poi di colpo vedo. Va tu a sapere cosa succede nella mia testa da un certo momento in poi.

Ecco, questo è l’antefatto. Poi ieri è successo che ci stavamo scambiando delle mail, io e mio fratello, e ho ricevuto due foto. Lui, quello della mia domanda, si chiama Codirosso Spazzacamino. Nella foto non si vede la bellezza della sua coda ma vi assicuro che se lo incontrate, lui, che è timidissimo, se ne vola via e allora la vedete.



venerdì 10 febbraio 2012

un lapillo giallopolenta

Secondo me sono l’unica bergamasca al mondo che riesce a scottarsi facendo la polenta. Ieri sera ero lì che mescolavo e a lei, va a sapere perché, è venuta la voglia di capire che cosa provano i vulcani quando eruttano. Io mescolavo con la destra, tenevo la pentola con la sinistra, e in un frangente di secondo mi sono trovata un lapillo sul polso sinistro. La polenta che fa il vulcano scotta, parecchio. E adesso ho un segnetto sul polso con la pelle di un altro colore che quando guardo l’ora è lì a ricordarmi di ieri e dei porconi che mollato andando a mettere il polso sotto l’acqua fredda.
Però, nostante le sue ambizioni da vulcano, era buona. Bisogna ammetterlo.

mercoledì 8 febbraio 2012

una semplicità d'arrivo

Ha gli occhi azzurri, a volte verdi, a seconda della luce, e nonostante le molte stranezze lo capisci che non è pazzo, né mai lo diventerà, perché è un uomo forte, semplice, di una bontà al di sopra delle parti, che coinvolge tutto e tutti. Si capisce anche che non diventerà mai vecchio, perché le sue rughe, che naturalmente ci sono, non gli danno per niente l’aria corrucciata tipica della vecchiaia. E la sua espressione sbigottita non è da sciocco, ma da persona semplice, una semplicità d’arrivo però, quindi frutto senz’altro di passaggi molto complicati.

Sottosopra – Milena Agus – pag.33

aggiornamento

Io li ho chiamati e loro mi hanno detto: ha ragione, veniamo subito, ieri non ce l’abbiamo fatta. E niente, sono le 13.45 e non si è ancora visto nessuno. In laboratorio son sedici gradi e qua, proprio qua davanti al computer in questo preciso momento, proprio ora che ho finito la ricotta con i pomodori e mi sto per sbucciare l’arancia ce ne sono quindici.
Uffi. Capisco che in un ospedale i reparti abbiano sempre la precedenza ma se andiamo avanti così ci finiamo anche noi. Di positivo c'è che al pomeriggio vorrei fare lavoro di scrivania, al massimo mi metto il cappotto sulle spalle. Mettere un cappotto sotto un camice è più difficile. Possibile è possibile ma è anche decisamente scomodo.

martedì 7 febbraio 2012

congelate

Questo pomeriggio ho provato ad accendere il bunsen con la chiavetta del computer. L’avevo in tasca, mi era servita per portare dei dati da un computer comune al mio e poi, quando dovevo piegare l’ansa per spalmare i batteri, ho preso lei e l’ho rigirata tra le dita due volte cercando la rotellina dell’accendino prima di capire che cosa avevo in mano.

Uscendo volevo stimbrare con il bancomat e l’ho passato due volte, meravigliandomi che non comparisse sul display il mio numero di matricola.

E adesso spero che sia perché in laboratorio non funzionava il riscaldamento Ti si erano congelate le sinapsi, mi dico, Te non ti preoccupare, vedrai che adesso va meglio, adesso sei a casa, al calduccio.

domenica 5 febbraio 2012

barbuti





ai pesci di piazza Colombo è cresciuta la barba

gentili

"È a chi ti dice le prime parole gentili che appartieni in mezzo agli estranei"
L'Italiano Thomas Bernhard in Al limite boschivo pag.50

venerdì 3 febbraio 2012

per due posti

Ecco io lo sapevo, me lo avevano spiegato, tutti quei bei splinder-posti dove andavo sarebbero scomparsi nel nulla. E adesso devo proprio rassegnami perché son proprio spariti. Tanto varrebbe cancellarli da quella cartelletta che sta lì in cima allo schermo con su scritto blog. Mah, mi sa che aspetterò ancora un po'. Mi dispiace soprattutto per due posti. Uno l’ho conosciuto pochi mesi fa, era un posto dove la padrona di casa metteva delle foto e nei commenti si mettevano titoli di libri, canzoni o film che venivano in mente guardando quella foto. L’altro posto invece era fermo da anni, da tanti anni, sei, ma mi aveva fatto compagnia in un brutto periodo e anche se sapevo che non avrei mai più trovato un post nuovo una volta alla settimana ci passavo lo stesso.

ripassare le somme coi caffé

Oggi andando a lavorare ho trovato cinque euro sulla scaletta che porta al padiglione dove lavoro. Era tantissimo che non trovavo soldi per terra. Ultimamente vedo tanti guanti. Anche ieri, due guanti, non un paio, due guanti di due paia differenti. Uno era per terra nel sotterraneo e l’altro subito fuori dal padiglione 1, dove ci sono le macchinette del caffé. I guanti li ho appoggiati su quelle specie di ripiani che ci sono a volte sotto le finiste. I cinque euri me li sono presi. Ecco come li ho spesi per ora: preso caffè della mattina e offerto caffè a tre colleghi (2.6), un collega gradiva anche la striscia di focaccia (+ 0.70). Siamo a 3.3. Ora vado a prendermi il caffè di dopo mangiato e mi regalo anche un gianduiotto (0.65 + 0. 40), arriviamo a 4.35. E così ci sta anche quello delle cinque e mezza alla macchinetta (0.50). Dovrei arrivare a sera che ho ancora quindici centesimi.

giovedì 2 febbraio 2012

proverbi

Quando vien la Candelora
da l’inverno semo fora
ma se piove o tira vento
ne l’inverno semo dentro.

Bon, facciamocene una ragione. C'è poco da far conti o guadare il meteo. È così. Punto.

mercoledì 1 febbraio 2012

sulle biglie


Oggi stavo scendendo delle scalette e, caso strano ero sovrappensiero, cioè no non ero sopra nessun pensiero ero bella dentro i miei pensieri che in quel momento non erano che stavo scendendo le scalette per andare a prendere l’autobus. Ho rischiato di finire a gambe all’aria. Uno potrebbe pensare al ghiaccio, no no , niente ghiaccio c’era uno strato di sale grosso ma con i grani così grossi che sembrava di camminare sopra delle biglie.

delle pensate

A me ogni tanto vengon su delle pensate così geniali che mi meraviglio. Delle idee così belle che non comunicarle mi sembra quasi che vadan sprecate. Oggi al bancone ho pochissimo e così approfitto per fare un po’ d’ordine nelle ultime cose fatte che qua se non mi aiuto con degli schemi mi perdo via. Quello che devo fare al bancone son sequenze, poco fa era proprio il momento della precipitazione e così sono andata al piano di sopra a prendere del ghiaccio che noi abbiamo la macchina del ghiaccio rotta e mentre scendevo le scale con in mano il mio bulacchino pieno di ghiaccio ho pensato: ma cosa sono andata a prendere il ghiaccio a fare che bastava che mettessi le provette sul terrazzo? Mi sembra un gran bel pensiero, giusto un po’ sotto la scoperta del fuoco. Ma poco eh, giusto questione di centimetri.