lunedì 30 gennaio 2012

ma sì

Fa un freddo porco. Le previsioni di domani danno neve dalle due del pomeriggio. Sarà anche bello vedere la neve in riva al mare ma se si vive qui è diverso, se si deve fare qualcosa oltre che star lì a vedere la neve in riva al mare, che bella è bellissima è veramente uno spettacolo, si sa anche che in questa città se nevica è un disastro. Bastan pochi fiocchi e c’è la paralisi dell’intera città. Allora io son qua che spero che si sbaglino. Ma sì si sbagliano, si sbagliano, fanno allarmismo così chi può non va in giro, son sicura che si sbagliano. Adesso me lo ripeto per un po’ di volte, non tante, diciamo una cinquantina da ora a quando vado a dormire. Mettiamo che vado a dormire per mezza notte, son circa quattro ore da adesso. Quattro per sessanta diviso cinquanta fa? Quattro virgola otto. Una volta ogni cinque minuti? Facciamo che lo dico per sei o sette volte di seguito ogni mezz’ora circa. Mi sembra più semplice e meno noioso anche. Chissà se funziona, ma sì che funziona, son sicura che funziona.

domenica 29 gennaio 2012

d'inciampo

Oggi sono andata a vedere l’installazione della prima pietra d’inciampo di Genova. È stata un incontro molto interessante, tutti gli interventi sono stati interessanti. Tornando a casa mi venivan in mente delle cose e pensavo a quanto le pietre d’inciampo servano. Pensavo anche al mio modo di ricordare che è strettamente collegato al mio modo di non ricordare. Perché, nella maggior parte dei casi, è un ricordare mettendo il tutto in un preciso periodo storico, escludendolo dall’oggi e dall’adesso. Non è un ricordare solo in un giorno (almeno fino a lì sono riuscita ad arrivare) ma è comunque un ricordare ingiusto. E l’ingiustizia è data, almeno per come la vedo io, dallo spostare tutto in un altro tempo. Un ricordo dovrebbe servire ad avvicinare una cosa e non ad allontanarla. E poi mi è tornato in mente di una volta, saran passati tre anni, quattro al massimo, eravamo in cinque in quella stanza e uno di noi ha fatto un’affermazione antisemita. È calato il silenzio. Quel silenzio è come se gli avesse dato forza, ed è arrivata anche la seconda. Peggiore della prima. E io sono stata zitta. Io non ho detto niente, né la prima volta né la seconda. Son stata zitta. Son stati zitti anche gli altri tre? Sì. Ma il punto è che io son stata zitta e me ne vergogno. Mi sono vergognata quel giorno, me ne vergogno anche adesso.

venerdì 27 gennaio 2012

non alati



alati





torme di leoni

In compenso ci sono, ovviamente, torme di leoni: leoni alati, con il libro aperto sul motto “Pax tibi, Marce, Evangelista meus”, o leoni dal normale aspetto felino. Quelli alati, a rigore, appartengono anche loro alla categoria dei mostri. In essi però, dato il mio genere di lavoro, ho sempre visto un’altra versione di Pegaso, più sveglia e più istruita, perché Pegaso saprà volare, d’accordo, ma è alquanto dubbio che sappia leggere. Per voltare le pagine, comunque, una zampa è uno strumento che ha qualche vantaggio su un zoccolo.

Fondamenta degli incurabili – Iosif Brodskij - pag.72




giovedì 26 gennaio 2012

ma allora (un bambino molto intelligente)

Questa mattina camminavo per la strada e davanti a me c’erano un papà e un bambino, dal dialogo mi sa che quel bambino è in seconda elementare. Il marciapiede era stretto, io non avevo fretta e così camminavo al loro passo e ascoltavo.
Papà: Quante ore ci sono in un giorno?
Bambino: Ventiquattro.
Papà: Bravo. E se in una stanza entra una persona ogni tre ore, alla fine della giornata quante persone sono entrate?
Bambino: Ventiquattro diviso tre. Tre, sei, nove, dodici, quindici, diciotto, ventuno, ventiquattro (ad ogni numero alzava un dito). OTTO.
Papà: Bravo, tre per otto fa ventiquattro. E se ne entra una ogni otto ore?
Bambino: Ma la tabellina dell’otto non l’ho ancora fatta.
Papà: Ti insegno un trucco, se tre per otto fa ventiquattro anche otto per tre fa ventiquattro.
Il bambino lo guarda pieno d’ammirazione. Poi si mette a pensare, si vedeva benissimo che era perso nei suoi pensieri. All'improvviso gli dice: Ma allora quando arrivo alla tabellina del nove la so già tutta.
Papà: Sì, quasi.

mercoledì 25 gennaio 2012

a quota

Ieri sera nella cassetta della posta c’era una cartolina che è stata scritta e spedita da Venezia. E a me è venuta una voglia di esser lì con chi mi ha mandato quella cartolina che anche metà di quella voglia sarebbe già da considerare una gran voglia. Così poi, quando dovevo scegliere che libro iniziare, mi è venuto in mente che l’ultima volta che sono stata dai miei ho fatto un po’ un giro tra i libri di mia mamma e le ho chiesto se potevo portarmene qualcuno qua al mare Così prendono un po’ di iodio e non viene loro il gozzo, ho detto a mia mamma. E ieri mi sono ricordata che tra quei libri ce ne era uno che sarebbe andato proprio bene per come mi sentivo. È un libro piccino che ha un inizio molto bello (e che, per i miei gusti, continua a rimanere bello anche andando avanti). Quel libro si intitola Fondamenta degli incurabili e inizia così: Molte lune fa il dollaro era a quota 870 e io ero a quota 32.

domenica 22 gennaio 2012

avevo i mei progetti

Ma mi è anche venuto in mente che la mia vita non somigliava neppure da lontano a quella che mi ero immaginata quando ero giovane e sognavo il futuro. Ormai non ricordavo neanche più cosa volevo farne della mia vita a quell'epoca, ma anch'io, come chiunque altro, avevo i miei progetti.

La vuoi vedere una cosa? Raymond Carver in Principianti pag. 48

sabato 21 gennaio 2012

dalla finestra


(17:37)

sulla morte e sulle trofie

Ci sono delle persone che, per me, è un piacere ascoltarle. Star lì e farsi prendere da quel che dicono. Poi magari non la si pensa uguale ma non è importante. L’importante, quello che succede nella testa mentre le si ascolta. È il piacere che si prova stando a sentirle. Il rendersi conto del potere delle parole ma anche della loro origine, del loro significato. Il toccare con l’orecchio che volendo ci sono modi per continuare ragionamenti iniziati in maniera indipendente e molto naif. Di quanto ci sia di bello da leggere e studiare. Io sono pigra, non tanto ma abbastanza, però ieri sera ho vinto la pigrizia che mi portava a distendermi sul divano e accendere la televisione e sono andata a sentire l’ex sindaco di Venezia. Figure della morte s’intitolava il suo discorso ed era all’interno di una serie d’incontri che messi tutti e tre insieme hanno per titolo La più vuota delle immagini. E son stata bene lì sulla mia seggiolina, che a dire il vero era anche un po’ scomoda, nella sala del Maggior Consiglio a cercare di seguire i suoi ragionamenti. E mi sembrava anche di ritrovarmici. Verso la fine meno, molto meno, ma mi sembrava lo stesso di riuscire a seguirlo anche se la pensavamo differente. Poi mentre tornavo a casa mi tornavan su frasi, mi tiravo dei porconi per non aver scritto delle cose che poi mi sarebbero venute comode, ché a memoria son messa malissimo, e senza neppure accorgermene ero al portone e ho pensato che io non son mica convinta che un applauso alla fine sia un modo bello per dire grazie. Non che sia brutto ma è, non so come dire, poco? E allora mi è venuto in mente che potendo, ma non si può, io per dirgli grazie gli avrei volentieri cucinato delle trofie al pesto, magari da mangiare bevendo del Vermentino. Non so, mi sembra che a far tutti quei ragionamenti possa venir fame e magro è magrissimo. Fin troppo per i miei gusti.

giovedì 19 gennaio 2012

non siamo mica tanto normali

C’è questo congresso che si tiene ogni anno e mezzo. Una volta in Europa e una volta negli Stati Uniti. L’ultima volta era in Croazia e ci sono andata, questa volta è in California e salto, la prossima dovrebbe essere in Germania e spero di andarci. Una mia amica/collega invece ci va e mi ha mandato una paginetta da leggere, dal momento che su quella cosa descritta nella paginetta ho lavorato anch’io mi ha spedito che cosa manda per sapere se mi andava bene. Nella mail d’accompagnamento mi ha chiesto di leggere prima l’abstract sample, così potevo capire se l’impostazione era corretta.
Secondo me quell’esempio lì è molto, molto bello, ed è anche meglio, molto meglio, delle noiosissime istruzioni che normalmente si trovano sui siti dei congressi. Lo copio e incollo qua sotto. Spero che possa piacere anche a chi non è particolarmente attratto dall’immunologia. Non ne sono certa ché non siamo mica tanto normali. E ci piace così.

NK CELLS REGULATE DREAMS
INTRODUCTION. All people sleep, and most people dream, but the reasons that people differ in dreams is poorly understood. Based on the recent discovery that almost all biological events are regulated by NK cells, we sought to understand the role of NK cells and of NK cell receptors in the regulation of dreams.
METHODS. Normal volunteers were selected randomly from postdoctoral fellows who slept during lab meetings. After informed consent, peripheral blood monocytes were isolated, and NK cells were examined by flow cytometry for the expression of KIR subtypes. From the same samples, genomic DNA was obtained for sequencing of KIR genes, to correlate genotype with expression of these receptors. Volunteers were then asked to perform their usual 72-hour stint in the laboratory, after which they were allowed to sleep while undergoing electroencephalography and position emission tomography (PET scanning). After 4 hours of sleep, the volunteers were awaked, asked to recall their dreams, and allowed to return to work.
RESULTS. All volunteers slept (range 238 to 240 minutes). As assessed by rapid eye movement and changes in PET scanning (increased brainstem and decreased cortical metabolism), dreaming occurred in all subjects but varied from 10% to 80% of sleep time. There was no correlation between the amount of dreaming and expression of KIR subtypes or level of expression of KIRs on NK cells. Notably, however, KIR haplotype predicted the content of dreams. Nine of 10 individuals with KIR haplotype A (KIR2DL1, KIR2DL3, KIR2DS4 and KIR3DL1) had fearful dreams, in which they were chased by monsters, or their experiments failed. In contrast, 10 of 11 individuals with KIR haplotype B (KIR2DS1/2/3/5, KIR3DS1 and KIR2DL5A/B, KIR2DL2.10) had happy dreams, in which they published in Nature or (less commonly) received funding for a grant.
CONCLUSIONS. Our results show that the content of dreams is correlated with the expression of KIR receptors on NK cells, suggesting that NK cells control the content of dreams. The alternative, that dreams control the expression of KIRs is excluded by our genomic analyses, showing that dream content correlates not merely with KIR expression but also with genotype. A third possibility cannot by excluded, that individuals with KIR haplotype A tell the truth about their dreams, while those with haplotype B lie (or vice-versa). Although this explanation is unlikely, it would be of equal interest if KIR haplotype predicted honesty. In all, our results support theory of “NK universality”, by which all things, both known and unknown, are regulated by NK cells. (This work was funded by the US Defense Advanced Research Project Agency, as part of a larger grant to achieve mind control over soldiers and civilians, awake or asleep.)

cose belle e cose pericolose

Una cosa bella del copiare i nomi e cognomi dei prelievi è che si imparano nomi nuovi (e ogni tanto si cerca su internet se è un nome maschile o femminile perché non si sa come completare la scheda).

Una cosa pericolosa del copiare i nomi e cognomi dei prelievi è che se assomigliano a nomi e cognomi di persone che conosco poi può capitare che mutino andando avanti con i protocolli. Qualche giorno fa avevo un prelievo con cognome quasi identico al mio, una sola vocale di differenza. Mano a mano che i giorni passavano quel cognome era scritto in maniera sempre più simile alla mia firma. Poi è diventato la mia firma. Poi ho corretto.

martedì 17 gennaio 2012

... che ti passa

Cammina che ti passa funziona, ho fatto l’esperimento. Canta che ti passa non lo so, mai provato.
Oggi mi sono sentita per telefono con una collega e le ho chiesto se voleva fare una cosa su del sangue che ho avanzato e lei mi ha risposto di sì che lo faceva volentieri. Mi sembrava stupido riprelevare la stessa persona tra qualche giorno, dal momento che ne avevo ricevuto in eccesso e le cose che dovevo fare eran venute. Allora le ho proposto (non lavoriamo nello stesso ospedale) di portarglielo quando uscivo. Tanto oggi esco per le sei, le ho detto, sarò da te verso le sei e mezza. Ti faccio uno squillo quando sto per arrivare. Lei mi ha fatto una contro proposta Vengo a prenderlo io alle sei, mi ha detto, perché ho ginnastica alle sei e mezzo. Va bene, le ho risposto, ci vediamo alle sei fuori, dalla sbarra delle macchine. L’ho aspettata per dieci minuti, poi il cellulare ha fatto drin. Era lei. C’è tanto traffico, mi ha detto, non vengo più perché se no perdo pilates. Me lo porti tu domani mattina in entrata? E a me è salito un nervoso ma un nervoso che metà era già tanto nervoso. Le ho detto di sì, ma il nervoso però era lì. E sono andata alla fermata dell’autobus, parlando tra me e me, e arrivata alla fermata ho scoperto che avevan deciso di prolungare lo sciopero degli autobus. Doveva essere dalle dieci e mezza alle due e mezza. Sul display alla fermata c’era scritto solo: sciopero prolungato. Benissimo, ho pensato e mi sono messa a camminare. Non era passata neppure mezz’ora che il nervoso se ne era andato. Ho camminato quasi due ore, ci avevo preso gusto. Ora sto benissimo. Non mi è tornato il nervoso neppure al ricordo, neppure scrivendo il post.

domenica 15 gennaio 2012

un fratello

Quest’oggi a pranzo ho mangiato gli gnocchi e anche del pane. Ho preso da mia mamma, anch’io come lei il pane lo aggiungo a qualsiasi cosa, anche dove gli altri non l’aggiungono. Pasta e pane, patate e pane, gnocchi e pane. Ci sembra che il pane stia bene ovunque e che mangiar senza pane sia un mangiar da dieta. Meglio non parlar di dieta che i due chili presi a Natale sono ancora là belli interi, forse perché non mi sto mica sforzando a fare una qualche rinuncia. Forse. Dicevo ero lì che mangiavo e mi è venuto in mente che una volta in un libro il protagonista si domandava se per lui sarebbe stato più difficile rinunciare a mangiare il pane o a fumare. E l’autore penso di ricordarmelo ma il libro no e adesso è un casino perché appena mi distraggo, e dal momento che sto cercando di studiare ed è domenica pomeriggio la cosa mi sta capitando spesso, mi torna in mente. Vorrei rileggere quel pezzo ma non so dove cercare. Non mi ricordo neppure se a quella domanda c’era risposta, so solo che era una domanda che quando l’ho letta ho pensato: ma guarda, ho trovato un fratello.

sabato 14 gennaio 2012

come mi sono sentita verso le due

Lei: lunga o corta?
Lui: è lo stesso, fai tu.
Lei butta gli spaghetti nell’acqua, mette il sugo nella padella, passata di pomodoro gentilmente preparata e regalata dalla suocera, accende. Punta il timer, nove minuti. Sarebbero otto a guardar sulla scatola ma in otto minuti non sono mai cotti.
Lui legge il giornale.
Lei: poi starci dietro tu che vado a stendere?
(la lei in questione ha dei forti vizi espressi, star dietro a una cosa al posto di occuparsi, prendersi cura, seguire, aiutare e tanti altri bei verbi della nostra lingua è uno di questi, il lui in questione la conosce da un bel po’ e la sa tradurre in italiano corrente)
Lui: che cosa devo fare?
Lei: ???
Lui (arrivando in cucina): cosa devo fare?
Lei: mah, che ne so, potresti star attento che l’acqua non esca dalla pentola, girarli ogni tanto, quando suona la sveglia assaggiarli, se son cotti scolarli e buttarli nella padella con il sugo. Cose così.
Lui la guarda allibito.
Lei pensa: lo so che non sei scemo, lo so che ‘ste cose le sai, è che se non stai lavorando sei mentalmente pigro e io … io oggi sono stronza.

le soddisfazioni

della piccola giardiniera




sbocciate, un mese dopo, un mese esatto esatto

venerdì 13 gennaio 2012

le trasformazioni di Cato

Cato quando mangia la carne cruda si trasforma in un feroce felino. Proprio perde ogni somiglianza con il gatto che conosco e diventa un altro gatto. Quando mangia carne cruda fa del rumore che sembra un felino della savana che divora la sua preda, non che io sia mai stata in una savana e che quindi abbia potuto vedere e sentire i felini della savana che divorano le loro prede, ma li ho visti in televisione. Son quelli che mi ricorda. L’altra sera si era così immedesimato nella parte del feroce felino che dopo il suo pasto si è arrampicato su Bengi e il mio povero bengiamino ha dovuto subire le sue unghiate perché lui non riesce mica a difendersi dai feroci felini. Quando l’ho visto ho urlato: scendi giù subito da lì. E Cato è sceso di corsa, e tante foglie di Bengi sono scese con Cato. Poi si è cacciato sotto il divano, lo sapeva benissimo che ne aveva combinata una. Dopo poco è uscito come se nulla fosse successo, si era ritrasformato nel gatto che conosco.

giovedì 12 gennaio 2012

l'ambo e la sterminatrice di batteri

Mi sa che provo, provo così tanto per provare che se poi va, bene, e se non va poco male. L’investimento è minimo perché ho deciso di buttar via due euro e mezzo e giocarli al lotto, sulla ruota di Genova. Questo però solo se non sono usciti adesso. A che ora si saprà se sono usciti? Secondo me si sa già. Sì, si sa già, sono usciti: settantasette, ottantasei, tredici, cinquanta e trentatré. Non sono loro, posso farlo, quasi quasi domani li gioco sul serio. Perché quest’oggi la cosa che mi ha impegnato di più durante la giornata è stato partire da due beute piene di batteri puzzolenti, ognuna aveva quattrocento ml di batteri, e arrivare a due provettine ognuna con cinquecento microlitri di plasmide. Il plasmide, per chi non lo sa ed è curioso (gli altri saltino e vadano alla frase dopo) è del DNA circolare che ti vendono e tu ci infili dentro un pezzo di DNA che t’interessa e poi questa cosa nuova, nata dalla somma di quello che ti dà la ditta e quello che ti interessa, la cacci dentro a forza nei batteri; io son crudele ma non troppo, niente scosse elettriche, io vado di shock termico (-80, +4, +42, +4 e poi +37, che a loro +37 piace) e poi ‘sti poveri batteri shockati li coccolo, li nutro e loro trombano e si moltiplicano, moltiplicando anche il pezzo che mi interessa, e il giorno dopo li ammazzo tutti e recupero il plasmide. Ecco, tornando a oggi, in uno dei due plasmidi ci avevo cucito dentro il cDNA che codifica per KIR2DL1*1201 e oggi è il 12 gennaio del 2012. Penso di giocare il 12 e l’1. Puntando due euro e mezzo sulla ruota di Genova e, togliendo le tasse dall’ipotetica vincita, dovrei avere cinquecentottantasette euro e mezzo. Sempre che abbia fatto i conti giusti.

mercoledì 11 gennaio 2012

martedì 10 gennaio 2012

Verità vere (6)

I bisturi tagliano bene. Questa è la verità vera che ho scoperto oggi (esiste anche una verità falsa ma non divaghiamo). E questa verità vera l’ho scoperta perché volevo tagliare una pellicola appiccicosa che uso per chiedere delle provette e ho preso il bisturi apposta, perché taglia bene, ma bene bene, lo uso proprio perché taglia bene, taglia bene anche quella specie di pellicola un po’ spessa di scotch. Me la vendono a foglietti della grandezza giusta per chiudere novantasei provette, ma io non ho sempre novantasei provette e così la taglio perché se no mi finisce prima la pellicola appiccicosa simil scotch che le provette. E potrei usare le forbici ma poi sbaglio a prendere le misure e ne spreco invece se tappo e poi taglio con il bisturi all’ultimo momento non devo prendere le misure, non ne spreco e non rischio neppure di rovesciare il contenuto che c’è dentro le provette. È la cosa migliore da fare, se non si è desgaibati però. Ma io sono maldestra, alcuni giorni molto maldestra, se sono stanca o ho fame maldestrissima, se si potesse dire maldestrissima. E così oggi, eran passate da poco le due, ho tagliato la pellicola appiccicosa simil scotch un po’ spessa e il pollice della mano sinistra che stava proprio lì vicino. Poco, però mi son tagliata e i tagli sulle mani poi son noiosi che con il cerotto non riesci a muovere bene le dita e a me quando lavoro capita di dover tenere le cose con la sinistra perché la destra è già occupata da qualcos’altro.

lunedì 9 gennaio 2012

un tipo medio

Non che in generale io fossi un tipo sfortunato. Direi medio, con qualche incursione nella sfiga.

Il tempo è un bastardo – Jennifer Egan – pag. 119

cambiamenti

Ho cambiato posto ai calzini, da poco, e son due giorni che apro il cassetto sbagliato.
Oggi ho scritto 09 gennaio 2011 sui protocolli della mattina, me ne sono accorta adesso. Grazie al caffè.
Voglio proprio vedere quante mattine ci vorranno per aprire il cassetto giusto alla prima e su quanti protocolli scriverò 2011.

domenica 8 gennaio 2012

il 5 gennaio

ero passata a trovare Marco e stavo facendo uno dei mei giochi preferiti, tiravo giù un libro che aveva un titolo che mi incuriosiva, leggevo la quarta, poi una pagina a caso verso la metà e poi lo rimettevo nello stesso punto nel quale lo avevo trovato (se hai per amici dei librai sai che non incasinare gli scaffali è qualcosa di più che comportarsi correttamente). Quando arriva uno e mi si mette vicino. Non lo calcolo e cerco di escluderlo dal campo visivo anche se la mole rendeva difficile l’operazione. Poi non ho potuto più ignorarlo perché mi ha messo sotto il naso un libro dicendomi: Guardi questo titolo. Il titolo era “Abituarsi alla felicità”. Io non ero in vena di far conoscenze, ero lì per parlare un po’ con Marco e per vedere se trovavo qualcosa da portarmi a casa. Eh, gli ho risposto, dovrebbero mettere una fascetta a quel libro con su scritto: libro pericoloso. Merda, mossa sbagliata, mi son detta subito dopo. E infatti non aspettava altro e così è partito un dialogo tremendo e Marco aveva finito di rispondere a una cliente e ascoltava e se la rideva. Ah se se la rideva.
- E perché mai?
- Mah, se ci si abitua alla felicità poi non la si vede più e smette di essere felicità. Non potevo dire niente di peggiore ora dovrebbe andarsene. Faccia seria, fa la faccia seria, sta serissima.
- Non è vero, anche il cielo e il mare ci sono sempre eppure son sempre belli.
- Andiam bene, ricambi con la stessa moneta. Ora ti allontano per sempre, via pussa via. Sì però non passiamo il tempo a guardarli. Facciamo dei digiuni di mare e cielo e poi li apprezziamo nuovamente. Eccoti servito, impossibile che voglia continuare la conversazione ora. Via, via, pussa via.
- Lei cosa ha in mano? chiudo il libro e lo lascio leggere. “Elogio della depressione.”
- Mi sembra interessante. Vai, fila.
- Meglio la felicità della depressione.
Eh no, non mi freghi. Non continuo. Tieni lo sguardo sulla copertina Latte. Faccia seria e occhi bassi sulla copertina, poi lo riapri e continui a leggere la pagina che avevi iniziato, tanto hai lasciato il dito dentro.
- Sa, io sono uno scrittore.
- No, non funziona, non è perché sono in una libreria che dirmi che scrivi ti fa guadagnare punti. Parti già malissimo, ci vuole dell’altro e poi dipende da cosa scrivi, che scrivi e basta è un po’ pochino. Io invece faccio la biologa.
- Interessante.
- Con tutte le risposte che potevi dare “interessante” è la peggiore. A volte sì, a volte no.
- Sono un poeta.
- Ah.
- Scrivo anche aforismi.
- Eh. le vocali sono cinque, due son già andate. Hai ancora dei dubbi su quanta voglia ho di continuare questa conversazione?
Poi per fortuna è arrivato Marco e dicendogli che ha venduto due dei libri che gli aveva portato lo trascina in un altro angolo della libreria. Poi tornano, ma a tre il dialogo diventa più divertente. Alla fine me ne frego che non si schiodi e faccio un gioco con Marco. Tiro fuori dalla borsa un vasetto, gli chiedo se ha voglia di riempirlo d’acqua e poi ci metto tre tulipani gialli (il logo della libreria è giallo su sfondo nero) chè quest’anno non gli avevo fatto il regalo di Natale e così gli ho fatto quello della Befana (che poi mi si addice di più). E Marco era contento. E anch’io ero contenta che la mia idea gli fosse piaciuta. E poi sarà anche vero che i librai devono coccolare i clienti ma è anche vero che i clienti devono coccolare i librai, soprattutto quelli che fanno il quindici di sconto. E poi la realtà è che siamo amici e che quel chewing gum umano non è riuscito a impedirmi di fargli il regalo e di trovare due libri da portarmi a casa.

struttura




Non so, non oso sperare tanto, non ha mai fiorito, son anni che vive con me, saranno quattro, forse anche cinque, però … tant’è … la struttura è ben differente da quella che son abituata a vedere. Io comunque non lo muovo da dov'è, sia mai che lo fosse e che il cambio di posizione non sia di suo gradimento. Sia mai. No no, lo lascio lì, gli ho solo dato un po' di concime ché un aiuto con tutto lo sforzo che sta facendo se lo merita. Poi vedremo. Per ora aspetto e poi vedrò che cosa salta fuori da lì. Magari è il suo modo di duplicarsi. Magari da lì spunterà una piantina nuova. Mah, la struttura però è molto differente. È la struttura che mi insinua il dubbio.

venerdì 6 gennaio 2012

cose imparate oggi

- il Vetril negli occhi brucia, parecchio (corollario: se si vuole evitare l’esperienza è meglio non pulire i vetri se c’è vento)
- la carbonara fatta come si dovrebbe con il guanciale, e non con la pancetta come faccio di solito, vien benissimo (corollario: le ricette hanno il loro perché).

sulla vergogna e sull'intuizione

“Ma cosa vuoi da me? Dimmi solo sola cosa vuoi!” le chiedeva lui alla fine sentendosi impotente.
“Non devo chiedertelo. Devi vederlo da te di cosa c’è bisogno.”
“In fondo cosa ti chiedo? Solo di dirmi cosa vuoi che faccia per aiutarti” le rispondeva lui per l’ennesima volta.
“Questo: che tu abitui all’idea di aiutarmi, voglio che tu divida con me le cose da fare e non che tu stia ad aspettare che sia io a darti delle indicazioni. Mi fai vergognare” gli disse una volta /…/.

Ogni casa ha bisogno di un balcone - Rina Frank - pag.225.

giovedì 5 gennaio 2012

castronerie

Ieri ero da Fabio e gli ho chiesto se aveva un libro sbagliando clamorosamente il titolo, ho usato solo due parole del titolo invertendole di ordine. Lui mi ha chiesto se stavo cercando … (segue titolo esatto) e io gli ho risposto: può essere se vedo la copertina ti dico se è quello. Era quello. Poi ci siamo messi un po’ a parlare, c’era anche la sua fidanzata che mi è molto simpatica, oltre a essere gnocca. In quel momento in libreria eravamo solo noi tre, si stava bene. Stavo per uscire quando gli ho chiesto: ma che risate ti fai con tutti i titoli sbagliati che senti? E lui serissimo mi ha risposto: ho fatto il corso di formazione alla Feltrinelli. So rimanere impassibile, poi tu ne sbagli pochi. A me è venuto da ridere, pensavo a questi futuri librai che dovevano fare una specie d’esame: stare serissimi e indovinare i titoli sentendo delle castronerie. Poi anche lui ha perso la sua serietà.

mercoledì 4 gennaio 2012

un peccato

Stavo cercando una cosa e non sono riuscita a trovarla in compenso ho trovato le due scatole nelle quali conservo le lettere. Mi è venuta voglia di rileggerne alcune. Era bello il periodo delle lettere, anche l‘attesa delle lettere era bella. Adesso se non vedo la risposta a una mail dopo due giorni mi meraviglio. Anche qualche anno fa mi era presa la nostalgia delle lettere, del vederle nella cassetta della posta, aprir la busta, avere i fogli in mano e così a una mia amica avevo mandato una lettera via posta elettronica, avevo fatto un allegato word. Una via di mezzo, non mi sembrava il caso che aspettasse che la risposta passasse l’oceano. Tra quelle che ho riletto c’erano delle lettere di Karin, sono anni che ci siamo perse, chissà come sta, chissà dove vive ora. Eravamo diventate amiche quando ero stata a lavorare sei mesi a Basilea, per un po’ di anni abbiamo continuato a scriverci, una volta ci siamo anche riviste e in quell’occasione ho conosciuto chi poi sarebbe diventato suo marito. Le lettere iniziavano tutte con “Tschüß bella”, era in mio modo di salutarla quando ci incontravamo sul lavoro e dopo poco l’aveva adottato anche lei. In quelle lettere ci sono intere frasi che non capisco più. È veramente un peccato aver perso quel poco di tedesco che sapevo.

lunedì 2 gennaio 2012

normali

Ieri sera Daniele leggeva delle fotocopie, era attentissimo. Mi piaceva spiarlo con la coda dell’occhio lì sulla poltrona mentre leggeva con gli occhiali sulla punta del naso e la faccia serissima. A me piace molto guardare le persone mentre leggono perché finiscono in mondo che in quel momento è solo loro, mi piace guardare i movimenti del viso, le espressioni, il movere delle mani. Anche quando andavo a studiare in biblioteca mi piaceva mettermi lì a guardare quelli che leggevano, era la cosa che più mi distraeva e più mi piaceva dell’andare a studiare in biblioteca. ‘Sta mattina, lui era già andato a lavorare io invece sono ancora in ferie, ho preso in mano le fotocopie che eran rimaste sulla poltrona, rovesciate, le ho voltate e ho letto: Struttura e matabolismo dei tendini normali.

domenica 1 gennaio 2012

son già a due

L’anno è cambiato ma continuo a essere io, nel bene e nel male oggi non ho notato cambiamenti di sorta. Altro che anno nuovo, vita nuova. Oggi, mentre cucinavo salsiccia e lenticchie (lo so che doveva essere un cotechino ma in due vien meglio la salsiccia) ho fatto il primo pensiero profondo dell’anno: io non riuscirei mai a mangiare kasher. Poi ho fatto anche il secondo pensierino profondo dell’anno, così come se niente fosse, ed eran passate solo poche ore dal primo. Avevo deciso di mettermi uno smalto rosso fuoco e guardandomi le mani dopo mi son detta: eh, mi abbagascia per bene ‘sto smalto.