lunedì 31 gennaio 2011

conti

Mugugno. Ormai vivo qua da troppo tempo per non aver ancora imparato a farlo e poi da domani il biglietto dell’autobus passerà da 1.20 a 1.50. E di conseguenza anche il mio abbonamento mensile aumenterà, passerà da 36 a 43. Se si fanno due conti l’abbonamento diventa più vantaggioso, facendo 1.20 x 2 (andata e ritorno) x 5 (giorni lavorativi) x 4 (settimane) vien fuori 48. Lo so che i giorni lavorativi in un mese son di più ma non sottilizzo troppo che poi perdo il filo del discorso. 48 – 36 fa 12 euro di risparmio (che si possono usare come meglio si crede). Se invece si fa 1.5 x 2 x 5 x 4 vien fuori 60, che -43 fa 17 (5 euro in più di risparmio). Ma non è così che si devono fare i conti. Se si fanno così i conti non vien mica fuori una cosa corretta, vien fuori il falso. Allora ho fatto 36 (prezzo del mensile) x 12 (mesi dell’anno) 432. E poi mi sono informata della possibilità di fare l’abbonamento annuale come dipendente ospedaliera via CRAL. 330 all’anno. Allora ho pensato: ma guarda, adesso che aumentano i biglietti io mi sveglio e trovo che ho diritto allo sconto come dipendente. 432 – 330. Son 102 euro in meno. Ora non mugugno più sull’aumento, penso solo che potevo svegliarmi negli scorsi sette anni. Va beh, meglio tardi che mai. Il mio nuovo abbonamento, il primo annuale, sarà pronto il 14 febbraio. Domani devo ricordami di prendere il settimanale da 10 corse, per coprire la settimana.

domenica 30 gennaio 2011

cambio d'idea




Mi piace di più portare la camicia che la maglietta, soprattutto d’inverno. Però quando scopro che ho due magliette e quattro camicie da stirare non son più tanto convinta che mi piaccia di più portare la camicia che la maglietta anche se siamo in inverno.

nomi propri

Oggi ho chiamato la mia zia Lalli (Angela all’anagrafe) per farle gli auguri. è il suo compleanno, l’ultimo a due cifre poi raggiunge la sorella e passa anche a lei a tre. Mentre facevo il numero pensavo che io la chiamo Angela solamente se la devo presentare a qualcuno se no la chiamo Lalli. E mi è venuto anche in mente un suo racconto. Dopo la guerra c’era una nave americana attraccata di fronte a casa loro e davano una festa e mia nonna e le mie due zie c’erano andate a quella festa. Salite a bordo dovevano dare i loro nomi e mia zia Lalli aveva detto: siamo Emy (indicando mia nonna Emma), io sono Angy e lei è Rosy (mia zia Rosetta, riposi in pace). Poi però tutti i lori amici, a quella festa, le hanno prese in giro, dicevano: ma guarda, abbiam sempre sbagliato i nomi delle sorelle De Gobbi.

sabato 29 gennaio 2011

come si fa?

Non desidero volerti. O meglio, non voglio desiderarti.
La filiale - Sergej Dovlatov (p.73)

giovedì 27 gennaio 2011

né i pazienti né i medici

Si trattava di un male che al dottore, all’inizio, era sfuggito e che non aveva mai capito completamente neanche dopo. Soprattutto non si era accorto che andava affrontato di petto con medicine potenti, perché nei suoi grossi volumi non c’era scritto niente in proposito, niente sulle sue riviste specializzate; dunque era un altro malanno contro cui non funzionava nessuna cura del letto, nessuna dieta, nessuna radioterapia e nemmeno gli impiastri di senapato, /…/.
Il male era arrivato strisciando, senza anticipare alcun segnale noto al mondo della medicina, ma ecco che all’improvviso erano tutti malati, era la malattia mentale epidemica, eppure all’inizio nessuno se n’era accorto, nessuno ne aveva avuto sentore, né i pazienti né i medici. Era una malattia che non avevano potuto diagnosticare a nessuno perché con l’epidemia era tutto un manicomio, e quando alla fine se ne erano accorti, era troppo tardi. /…/
Quando quell’oscura epidemia devastò i paesi, fu troppo tardi. A quel punto se n’erano accorti, sì, ma ancora non l’avevano capita, nemmeno Leopold, /…/
A quel punto Leopold aveva dovuto riconoscere che la malattia era esplosa con una violenza maggiore di quando pensasse; i ricorsi non potevano nulla contro quel male, i focolai della malattia si erano diffusi, dappertutto solo tessuti marci, metastasi, un decoroso fulminante la cui prognosi infausta non poteva più essere ignorata.

Un viaggio – H.G. Adler (p.102-105)

martedì 25 gennaio 2011

grazie Apez

Ci sono delle giornate che nascono male, la notte prima hai infilato degli incubi che non augureresti neppure a un nemico, hai una montagna di lavoro da fare, ti arrivano delle mail che preferiresti non ricevere, un messagino da un’amica che anche quello meglio non pensarci e poi riesci più o meno a finire tutto, e quando stimbri, anche se lo sai che se stai timbrando vuol dire che un lavoro ce l’hai, e non è poco, quando stimbri vorresti il teletrasporto che ti portasse a casa e magari trovare anche la cena pronta ma il teletrasporto non l’hanno inventato e quando arrivi a casa trovi un post it: sono andato a correre torno alle 8.40 baci. Ecco, in quelle giornate, quando ti siedi sul divano, ti accendi una sigaretta, controlli la tua casella di posta e trovi questa cosa mandata da un’amica vera che fino a dicembre del 2009 si lavorava anche insieme e si stava bene a lavorare insieme anche se ogni tanto no, ma è normale che non tutte le giornate si riesce a stare bene insieme anche se si è amici, quando guardi quella cosa poi a me torna il sorriso. E poi preparo la cena in meno di dieci minuti: wurstel alla piastra, puré di quelli delle buste, arance e anche il dolce ché la crostata che ho preparato domenica non è ancora finita e due fettine non tanto grandi ci sono.

domenica 23 gennaio 2011

mi meraviglio


Venerdì, oltre a spalmarmi sul marciapiede, mi sono regalata dei tulipani arancione e un biglietto per andare a vedere Love Machines. Il vantaggio di cercare un solo biglietto è che se anche si decide la sera prima di andare si trova spesso un posto. Era anche un bel posto, dodicesima fila, abbastanza centrale. Non avevo mai visto i Kataklò dal vivo, è stato uno spettacolo molto bello. Io ogni volta che vedo ballare della gente che lo sa fare mi meraviglio di come possa essere incredibilmente armonioso e bello il corpo umano, di quanti movimenti riesca a fare, di come possa essere un tutt’uno con la musica. Di come possano dei corpi umani esprimere senza l’uso della parola. Vedere con i propri occhi uno spettacolo non è come vederlo in televisione o con altri potenti mezzi della tecnologia moderna. È tutta un’altra cosa, tu sei lì e in un certo senso ne fai parte, lo vivi quasi. E poi scegli tu dove guardare, se seguire l’insieme, se selezionare una parte del palco, un singolo ballerino, se stare più attenta alla musica o alle luci. Insomma è diverso, punto (ma se fate click sul nome dello spettacolo ne vedete dei pezzetti).

sabato 22 gennaio 2011

poi dicono

Ieri pomeriggio sul tardi sono inciampata. Va tu a capire come ho fatto, stavo camminando e sono finita lunga distesa per terra. Ho preso una gran ginocchiata e ora ho un ginocchio sbucciato e livido, meno male che avevo i pantaloni e non una gonna. E c’era questa coppia, avran avuto quindici anni, forse anche meno, venivano nella direzione opposta alla mia, son stati gentilissimi. Non ho avuto neppure il tempo di capire che ero per terra e li avevo già lì che mi porgevano la mano e mi chiedevano come stavo. Li ho ringraziati, mi son tirata su e ci siamo salutati. Dopo poco ho sentito una mano sulla spalla. Mi son voltata, era un coetaneo che mi ha detto: ho visto, le è andata bene, se cadeva dalla parte delle macchine era una disgrazia. E poi dicono male dei giovani d'oggi.

venerdì 21 gennaio 2011

un genio (con degli occhi bellissimi)



Non so per voi ma per me lui è un genio. E dal momento che abbiamo la fortuna di parlare la stessa lingua e dal momento che viviamo negli stessi anni e nello stesso stato abbiamo anche la possibilità di poterlo sentire e vedere. E a teatro, quando l’hai davanti, ... Se non avete mai visto un suo spettacolo, se non vi è ancora capitata l’occasione vi consiglio di provare (a Genova sarà alla Corte 8-13 marzo con La macchina del capo, prevendita dal 1 marzo). Volevo segnalare questa cosa che va in onda su La7 (senza interruzioni pubblicitarie) il 26 di questo mese, di sera alle 21.10.

Ausmerzen punta a riportare l'attenzione del largo pubblico su una storia tanto dolorosa quanto rapidamente consegnata all'oblio: quella degli esperimenti di eugenetica che i nazisti condussero ai danni di malati psichici e portatori di handicap fra il 1934 e il ‘45, inquadrandoli in quell'allucinante fiera dell'orrore e della perversione che oggi chiamiamo Olocausto. /…/ "Questo lavoro - scrive Paolini - è frutto di due anni di ricerche, di incontri con testimoni e con specialisti". Non è una vera e propria narrazione, ma "la cronaca di una storia di cui pochi sanno moltissimo e molti non sanno nulla". (enzo fragassi)

giovedì 20 gennaio 2011

suono e significato

Io vorrei avere la stessa capacità di accordare parole e pensieri, quello che mi passa per la testa e quello che scrivo. Vorrei riuscire a scrivere con la stessa corrispondenza perfetta che c’è tra una nota scritta e una suonata. (p. 62-63)

Il pensiero e la parola che lo nomina formano un accordo musicale, sono come due note suonate contemporaneamente, a volte armoniche, a volte stonate.

Il suono di una parola e il suo significato formano un accordo musicale, la frase si snoda come un contrappunto.

Il significato è il basso continuo di una parola. A volte la melodia di una parola si accorda armoniosamente con ciò che significa, a volte è inadeguata, stride. A volte una frase produce ingegnose stonature rispetto ai concetti che esprime. (p. 93)

Stabat Mater Tiziano Scarpa

mercoledì 19 gennaio 2011

memoria


Ci son delle volte che mi sembra di star male, poi mi ricordo e mi do della deficiente. E non è che m’insulto. Faccio una considerazione. Deficiente è sinonimo di mancante e a me, ogni tanto, la memoria manca. A me capita di aver queste deficienze, deficienze di memoria.
E la memoria bisognerebbe averla, sempre. Aiuta aver memoria. Tanto. In tutto.

martedì 18 gennaio 2011

o viceversa

L’uomo è infelicità, diceva di continuo, pensai, solo gli imbecilli affermano il contrario. /…/ Ma ciò non significa che noi siamo solo infelici, la nostra infelicità è la premessa per poter essere anche felici, solo passando attraverso l’infelicità possiamo essere felici, così diceva, pensai. /…/ pure di sé stesso non poteva dire né di essere felice né di essere infelice, perché tutti gli esseri umani sono infelici e felici nello stesso tempo, diceva, e volta a volta è più grande in essi l’infelicità della felicità o viceversa.
Il soccombente Thomas Bernhard p.74

domenica 16 gennaio 2011

il terrazzo di Morticia Addams

Oggi mi sono decisa a mettere un po’ a posto il terrazzo (che poi è un balcone, ma mi piace chiamarlo terrazzo lo stesso). Era giunto il momento. Da quel dì era giunto il momento, sembrava il terrazzo di Morticia Addams. Tutto lasciato andare, con i vasi pieni di foglie secche, con i fiori sfioriti ancora tutti lì. Solo che mi è venuta quest’idea alle cinque meno un quarto. Dopo poco non ci vedevo più, ho acceso la luce ma alle sei me ne sono tornata dentro. Era impossibile andare avanti e iniziavo anche a avere freddo. In poco più di un’ora sono riuscita a fare due vasi. Sono un bradipo fatto donna. Però son contenta del lavoro fatto. E prima avevo le dite che si sentiva il geranio e poi avevo le dite che si sentiva il crisantemo. Ho trovato due fiori di geranio nuovi, già avanti, secondo me ce la fanno a fiorire. Ci sono anche tanti boccioli di crisantemo, sono indietro non so se ce la faranno ma se si sbagliano e alla fine di questa settimana non nevica secondo me ce la fanno. Ora che non ci sono più tutte quelle foglie morte se ce la fanno dal divano me li potrò guardare.

sabato 15 gennaio 2011

una domanda utile

Questo pomeriggio c’era una presentazione doppia, Matteo B Bianchi presentava l’ultimo libro di Ivan Cotroneo e Ivan Cotroneo presentava quello di Matteo B Bianchi. Non ero mai stata a una presentazione doppia. È stato bello. Apocalisse a domicilio l’ho letto, Un bacio no. Matteo B Bianchi è un autore che leggo molto volentieri e, anche se non lo conosco, mi sta simpatico, mi piace anche ‘tina e passo volentieri a leggere il suo blog. Di Ivan Cotroneo non ho letto nulla. Oggi ho preso Un bacio, voglio provare, alla presentazione mi ha incuriosito.
Il protagonista di Apocalisse a domicilio riceve una visita di suo fratello che gli dice che una sensitiva gli ha detto che gli rimangono pochi mesi di vita (al protagonista, non al fratello). Lui non sa se credere a quella apocalisse o meno ma inizia a domandarsi: se fosse vera, che cosa potrei fare nel tempo che mi resta? Quel libro mi è piaciuto. Ho avuto un po’ dei problemi con l’uso del tu. Non sono abituata a leggere con la seconda persona, l’io e il lui non mi danno problemi, il tu un po’ sì. Ma non è un limite del libro è un limite mio. Mi succedeva di essere nella storia poi arrivava un tu che mi rispediva sul divano, ma già dopo poche righe tornavo nella storia. Io quella domanda me la sono posta più volte, all’inizio in maniera insistente, poi con più calma. Secondo me per poter rispondere a quella domanda bisogna esser tranquilli. Ora me la pongo una volta l’anno, è una domanda utile a voler cercare la risposta.

venerdì 14 gennaio 2011

a metà



A non fare le cose sono bravissima. Rimando e bon, è fatta. Se decido di fare una cosa la faccio fino in fondo, è difficile che la faccia a metà. È che ho un brutto carattere. Per anni, tanti, sono stata una solo da: bianco o nero, giusto o sbagliato, gioco o studio, metto a posto o lascio casino, fingo di non vedere o aiuto. Se guardo una cosa fatta a metà dopo poco mi viene il nervoso. Una cosa fatta a metà non è né fatta né da fare, non è né carne né pesce. Col tempo però ho fatto dei miglioramenti. Sarà l’età. Tra i miglioramenti conto anche che ho aggiunto il grigio scuro e il bianco sporco. Un passo avanti. Può sembrare poco. È poco, ma è sempre meglio di niente. A pensarci ora mi è venuto in mente che anche quella può essere vista come una cosa fatta a metà. Forse più a un ottavo che a metà. Mi sa che sia giunto il momento di fare un altro passo, iniziare a capire la bellezza del grigio. E poi ci sono delle cose che fatte a metà son pure belle.

giovedì 13 gennaio 2011

strano

Son andata a guardare che cosa avevo nella cartelletta dello spam, ho trovato le solite cose e anche una mail che aveva come oggetto: Il PESTO GENOVESE protagonista della Giornata Internazionale delle Cucine // n. 74 - 11 gennaio 2011. Perché mai è finita lì?
Secondo me anche la mia casella di posta si è accorta che ho messo su due chili durante le feste e per darmi una mano mi elimina in automatico le mail che arrivano da newsletter.food(at)mentelocale.it. Non c’è altra spiegazione logica.

mercoledì 12 gennaio 2011

L’indice della lettera muta

Oggi sono andata a sentire un seminario che in realtà avrei saltato a piè pari dal momento che avevo già il mio da fare e ero anche poco curiosa dell’argomento, però, dal momento che l’ospite era stato invitato dal capo e io conosco i miei capi, sono andata. ‘Sto signore qua, sempre che abbia capito giusto, quest’estate non sapeva bene come occupare il tempo libero e così gli è venuto in mente di fare dei calcoli e di trovare nuovi modi per calcolare ‘sto belin di indice che si chiama indice seguito dalla maiuscola della lettera muta. (Si chiama così perché prende il nome dalla prima lettera del cognome di chi nel 2005 si è preso la briga di trovare un modo per quantificare il valore di uno scienziato basandosi sulla sua prolificità e sull’impatto del suo lavoro. Insomma basandosi sul numero delle pubblicazioni e sul numero delle citazioni ricevute) E così oggi, giù diapo con le classifiche dei migliori scienziati italiani (tra i quali c’era il mio capo, saliva o scendeva, ma di poco, a secondo del calcolo). E poi, sempre ‘sto signore qua, non pago ha ampliato il suo studio alle università italiane, agli ospedali, ai centri di ricerca, proiettando una quantità infinita di diapo con conti e classifiche simili. E io, dal momento che c’è gente che fa ‘sti conti e poi va anche in giro a spiegare i modelli per farli e che cosa cambia in classifica a secondo del modello usato, io per star a sentire qual è il metodo migliore per decidere chi l’ha più lungo (lo so, ho lasciato libera la contessa che abita in me, ora le rimetto la museruola), io, dicevo, io sono uscita alle otto.

martedì 11 gennaio 2011

il percepito

Oggi nella cassetta della posta c’era la busta della carta di credito. Son stata lì lì per rimandarne l’apertura, sapevo benissimo che a dicembre avevo usato la carta un bel po’ di volte e non avevo molta voglia di vedere la somma di quel bel gioco. Poi a forza di dirmi: guarda che a non saperlo non cambia niente, l’ho aperta. Per la prima volta da quando ho la carta ho visto il segno meno. È bellissimo vedere il segno meno sull’estratto conto della carta. Di solito vedo un bel più in quel foglio che poi, come per magia, diventa meno sul mio conto corrente. E invece, e invece c’era un meno. Un meno che magicamente diventerà un più sul mio conto corrente. La Lufthansa mi ha rimborsato il biglietto dell’aereo che avevo comprato per andare in Croazia e poi non avevo usato perché si era messo di mezzo il vulcano, quello con quel nome stranissimo, e non partivano i voli in quel periodo. Sapevo che mi avrebbero rimborsato, me l’avevano detto. Mi ricordo benissimo, mi ricordo che avevo anche pensato: ma guarda che signori questi tedeschi che mi rimborsano anche il viaggio di ritorno. Mi aveva fatto così piacere che poi, quando ci sono andata veramente in Croazia, avevo preso di nuovo un biglietto Lufthansa. Poi niente, non mi rimborsavano, e io mi son trovata anche a pensare sarebbe stato meglio non far tanto i signori, non star lì a dire: noi le rimborsiamo anche il biglietto del ritorno, sarebbero state meglio meno parole e più fatti, e farlo realmente ‘sto versamento. E io lo so benissimo che quei soldi sono un rimborso, non sono soldi in più. Però, tant’è, il percepito è differente. La mia testa lo sa ma a me sembra come se fossero soldi in più, come se fossero soldi vinti. Mi vien già voglia di spenderne un po’.

lunedì 10 gennaio 2011

meglio di Sansone

‘sta sera sull’autobus c’era uno che litigava con qualcun altro al telefono. C’erano di mezzo dei soldi, parlava a voce alta ma non si capiva bene poi a un certo punto si è proprio arrabbiato e si messo a urlare: guarda che tiro giù Sansone e tutti i Filistei. Poi ha riattaccato.

domenica 9 gennaio 2011

un pensiero profondo, ma molto

‘sta mattina, dopo colazione e dopo aver stirato, mi son data al restauro. Il mio restauro, quello di me medesima. E dopo il bagno ho usato un po’ delle mie creme, perché io ogni tanto mi prendo una crema e parto con il proposito di usarla ma mi areno dopo pochi giorni. Ma oggi ho messo la crema antirughe, poi quella corpo, poi quella contro la cellulite e poi per ultima quella per i talloni. E passavo, avendo scelto quel ordine di proposito, da una all’altra di senza lavarmi le mani. E intanto pensavo: ma i polpacci cosa se ne faranno della crema antirughe? Ma la crema anticellulite, che già non fa quasi nulla di suo, cosa farà mischiata alla crema antirughe e a quella con estratti di calendula? Ma i miei talloni avranno mai la cellulite?
Ecco. Secondo me avere la cellulite sui talloni è difficile, impossibile direi.
Son solo le due e mezza e oggi ho già avuto un pensiero molto profondo.

venerdì 7 gennaio 2011

dopo la befana

sarebbe il caso di prendere in considerazione l’idea di disfare l’albero o d’invitare il gatto di Simon.

giovedì 6 gennaio 2011

Pavlov

Io quando sento quel toc toc, che è un toc toc inconfondibile, è il toc toc che fanno le vongole quando Daniele le batte una a una sul lavandino alla ricerca della possibile traditrice, quella con la sabbia (la traditrice non fa quel toc toc fa un rumore molto diverso), io quando sento quel toc toc lì, posso essere in qualsiasi punto della casa, può essere qualsiasi ora del giorno, io lo sento e salivo.

sulle cose inspiegabili

Ieri sera, prima di addormentarmi, pensavo alle cose inspiegabili, non tanto alle cose inspiegabili in assoluto, più a quelle che io non mi so spiegare. E mentre facevo questi miei pensierini sull’inspiegabile sperando che arrivasse il sonno mi è venuto in mente che da bambina, sarò stata in seconda o in terza, la maestra ci aveva dato per compito di fare un cerchio di cartoncino, grande, tagliarlo, disegnare gli spicchi e ogni spicchio colorarlo con un colore differente. Il giorno dopo lei era passata per i banchi e in ogni cerchio aveva messo un chiodino (o forse era una puntina) nel centro e un pezzo di tappo di sughero dall’altra parte. Tenendo il cerchio dal pezzo di sughero e facendolo girare velocemente non si vedevano più i colori, diventava un cerchio bianco. Ci piaceva molto. E lei ci aveva detto che il bianco è la somma di tutti i colori. Poi a casa avevo provato con gli acquarelli. Unendo tutti i colori non veniva il bianco, veniva un grigio scuro, molto vicino al nero. C’ero rimasta male.

mercoledì 5 gennaio 2011

è una

Lo sai qual è la cosa fondamentale nella vita? La cosa fondamentale è che la vita è una. Passa quel minuto e qualcosa è perduto per sempre. Non ci sarà un altro minuto così…

La filiale Sergej Dovlatov p.131

martedì 4 gennaio 2011

frasi luminose



Per andare da Marco son passata da San Lorenzo e dai vicoli. Per tornare a casa ho fatto un’altra strada. In via Garibaldi c’erano dei giochi di luce che non sembrava neppure di essere in via Garibaldi. All’inizio non me ne ero accorta poi ho visto che erano frasi. Frasi ovunque sui muri dei palazzi e sulla strada e la gente camminava circondata da frasi luminose.

strana


Oggi mi sono svegliata sversa. Senza un motivo, ed è peggio perché se non me ne faccio una ragione poi può anche essere che inizi ad arrabbiarmi con me stessa e litigare con se stessi è ancora più faticoso che litigare con qualcun altro. Più faticoso ma si fa meno danno però. Per fortuna poi mi è passata. E mi è passata presto, è bastato aprire la posta e trovare la mail del mio amico libraio che finiva con: Un abbraccio che spero di poterti dare presto di persona! buona giornata. Mi è tornato il buon umore. Son fatta strana, dovrei saperlo ormai. E così ‘sto pomeriggio sono andata a prendermi l’abbraccio e dato che ero lì ho anche preso il libro che avevo ordinato.

lunedì 3 gennaio 2011

da grande

Se qualcuno mi chiedesse: che cosa voi fare da grande? risponderei: la casalinga ricca. Non è che non mi piaccia il mio lavoro, mi piace ma potendo scegliere, non so, penso proprio che pianterei lì. Son anni ormai che risponderei sempre la stessa cosa, non bisogna essere particolarmente dotati per capire che ci deve ben essere un motivo. A me, quando sono in vacanza e ho finito l’attivismo tipico della prima settimana, quando realmente faccio tutto quello che voglio, quando lo voglio, a me prende così: di mattina faccio cose in casa (ché ha ragione mia mamma quando dice che a guardar bene c’è sempre qualcosa da fare) e dopo pranzo mi piazzo sul divano a leggere (in compagnia di un gatto è più bello) e ci sto tranquillamente fino a che non è ora di preparare la cena, o di prendere l’aperitivo con un’amica o di uscire per andare al cinema o meglio ancora a teatro, però uscire non tutte le sere, ogni tanto. Solo che a fare la casalinga in ‘sta maniera bisogna aver dei soldi.
Chissà, magari da grande ci riesco.
(sottotitolo: dialogo tra me e me con botta finale d’ottimismo)

domenica 2 gennaio 2011

e anche

"Se tutti i ragazzi facessero amicizia con un bibliotecario, un insegnate di biologia e una donna grande e indulgente il mondo sarebbe completamente diverso" diceva Yechiel. (p.135)

… mi è stato chiaro quello che avrei già dovuto capire nella biblioteca di Yechiel, e cioè che è meglio descrivere quel che il prossimo già conosce, per potersi concentrare sulla qualità della descrizione piuttosto che sulla sua comprensibilità. (p.214-215)

… la sincerità è cosa che mi permetto solo di fronte a degli estranei. (p.305)

Il pane di Sarah Meir Schalev

sabato 1 gennaio 2011

bagigi



Mi son messa a mangiar bagigi. Erano anni che non li prendevamo, li ha portati a casa ieri pomeriggio Daniele. Lui non è capace, ci mette troppa forza e così rimane la barba da una parte e il cappello dall’altra. Io e mia sorella ci passavamo del tempo in quel gioco, si aprivano e si mangiava la parte senza il ritratto dello zio Gigi e della sua barba, quella con il negativo, poi guardavamo tutti quei ritratti e cercavamo il migliore.
Son bellissimi, l’immagine non rende, peccato. Forse oggi vince il quarto da sinistra.