L’altra notte,
quella che è appena passata, ho fatto un sogno stranissimo, non era un incubo
ma neppure un bel sogno. Era un sogno di quelli che poi ti lasciano strana per
tutta la giornata, con delle domande che ti girano per la testa, domande che
poi, durante la giornata, appena ci si distrae un po’, saltan fuori e si
ripropongono. Peggio del peperone crudo (almeno a me il peperone crudo torna su
spesso). Ma tornando al sogno, in questo sogno entravo un ufficio postale e mi
accorgevo che c’era un freezer di quelli a pozzetto dal quale venivan fuori
come dei lamenti. Nessuno se ne accorgeva, tutti ci passavano vicino ma
l’impressione era quella che non lo vedessero, che non sentissero e quindi non facevano nulla.
Facevo così anch’io. Ma io sentivo, io quei lamenti li sentivo benissimo, ma
facevo finta di nulla, riempivo il mio modulo, era un modulo complicatissimo,
peggio di quelli che sto riempiendo in questi giorni ed era anche quello in
inglese, poi andavo allo sportello e pagavo la mia bolletta. A casa mi accorgevo che ne avevo un’altra
da pagare così la mattina dopo tornavo in quell’ufficio postale e quel
congelatore era ancora lì, e i lamenti si sentivano ancora, e nessuno sentiva
(o tutti facevano finta di non sentire, il dubbio mi veniva) e io mi mettevo a
compilare ‘sti moduli, che nel frattempo erano cambiati ma erano sempre in
inglese e poi, prima di mettermi in fila aprivo questo congelatore e dentro
c’era una donna rannichiata, in manette, e sul fondo del congelatore c’era del
liquido che le arrivava fino alle caviglie. Allora la liberavo ma, approfittando
del fatto che la luce improvvisa non le permetteva di vedere me ne andavo in
coda senza chiederle come stava. E poi lei capiva che ero stata io e mi voleva
ringraziare ma io quei ringraziamenti non li volevo perché sapevo benissimo che
il giorno prima avrei già potuto liberarla ma non avevo fatto niente. E davanti alla sua gratitudine glielo
dicevo, le dicevo che io il giorno prima non avevo fatto nulla e mi prendevo
uno schiaffo. Un gran bello schiaffo. E poi piangevamo tutte e due, ma stavamo
bene a piangere. Poi ci abbracciavamo e poi, poi è suonata la sveglia. Va tu a
sapere da dove vien fuori ‘sto sogno.
giovedì 31 gennaio 2013
mercoledì 30 gennaio 2013
sotto sotto
Sono riuscita a
fare due cose, piccole piccole, che mi ero riproposta di fare. Ero quasi
soddisfatta, mi stavo già dicendo Vedi che poi piano piano, con il tuo ritmo, le
cose le fai? quando me ne sono venute in mente altre tre che devo aggiungere
alla mia lista mentale di cose da fare. Non vale. Però, sotto sotto, sono
ancora contenta che quelle due son fatte.
lunedì 28 gennaio 2013
io direi Malissimo
Questa mattina
pioveva e io sono uscita mettendo in un sacchetto di carta il sacchetto di
plastica con dentro le posate, uno yogurt e un gavetto di vetro con delle
melanzane al pomodoro che erano avanzate (ma che erano avanzate unicamente
perché ne avevo fatte tante proprio per portarmele al lavoro oggi e iniziare la
settimana con qualcosa di buono per pranzo). Ero a metà del sottopassaggio di
Brignole, avevo appena salutato il fisarmonicista, ero tranquilla e il
sacchetto si è rotto e ho sentito il rumore che fa il vetro quando si rompe. Un
rumore bruttissimo. Son rimasta lì, con le maniglie del sacchetto in mano, a
guardare il sacchetto di plastica per terra. Il fisarmonicista ha smesso di
suonare per un attimo, ci siamo guardati, poi ho preso su il sacchetto e l’ho
messo in borsa, ho buttato quello di carta. In autobus l’ho tolto dalla borsa
ma ormai il danno era fatto. Vetri e salsa di pomodoro vagavano per la borsa.
La ragazza che era seduta di fronte a me mi ha regalato un sacchetto di
plastica per mettere quei resti, è stata molto gentile, almeno le posate volevo
salvarle. Con un fazzoletto ho cercato di pulire il pulibile. E questo è stato
l’inizio della giornata. Poi sul lavoro volevo accendere il computer collegato
al FACS per passare dei campioni e niente, non c’è stato verso di farlo
partire. E son mesi che non faccio un salvataggio dei dati che ho lì. E dalle
dodici di questa mattina ad adesso mi sono venuti in mente tanti di quei file
che potrebbero servirmi e che adesso non so se riuscirò a riavere che io non so
quante volte mi son già data della belina, son sicuramente tante ma poche per l’errore
fatto.
Io non so perché
non uso la testa. Ci sono degli errori che sono perfettamente evitabili, basta
pensare un attimo, basta ricordarsi di cose già accadute per non farli o
rifarli. E se adesso qualcuno mi chiedesse Come stai? E io potessi rispondere
quello che provo, io a questo ipotetico qualcuno direi Malissimo.
sabato 26 gennaio 2013
e io ho copiato
Questa mattina c’era
sole, un sole caldo per essere la fine di gennaio, non c’era neppure vento.
È
arrivato dopo, la mattina si è riposato, era sabato anche per lui, era stanco di ululare. E si stava
proprio bene sul terrazzo a guardare le bocce di leone che fingevano di essere
in primavera. Così bene che mi è venuta voglia di copiarle.
venerdì 25 gennaio 2013
ma chi ha detto che è proibito essere tristi?
Ma chi ha
detto che è proibito essere tristi? In realtà, molte volte, non c’è niente di
più sensato che essere tristi; quotidianamente succedono cose, agli altri o a
noi, per cui non c’è rimedio, o per meglio dire, per cui c’è quell’unico e
antico rimedio di sentirsi tristi.
Non
lascare che ti prescrivano l’allegria, come chi ordina un ciclo di antibiotici
o dei cucchiai di acqua di mare a stomaco vuoto. Se lasci che trattino la tua
tristezza come una perversione o, nel migliore dei casi come una malattia, sei
perduta; oltre a essere triste ti sentirai in colpa. E non hai colpa di essere
triste.
Trattato
di culinaria per donne tristi – Hector Abad Faciolince – tr. di Eleonora Mogavero - pag. 14.
mai prima delle dieci
Questa mattina guardando l’orchidea, quella
alla quale ho cambiato la terra, ho visto una cosina verde che secondo me due
settimane fa non c’era, una specie di bitorzolino verde minuscolo. Questa sera
c’è ancora, forse non era un’illusione ottica data dal sonno. Ho controllato
adesso perché non ero sicura di aver visto bene, io alla mattina non connetto
molto (non che poi le cose migliorino notevolmente). La giornata, fosse per me,
non dovrebbe mai iniziare prima delle dieci. Solo che non è sempre possibile. Peccato.
martedì 22 gennaio 2013
della magia
Secondo me a mangiare lo
spezzatino ancora fumante alle undici di sera passate c’è della magia, una
magia che a mangiarselo alle otto otto e mezza non c’è. Se poi si mette anche
un peperoncino e capita un semino e lo si mastica, se si ha questa fortuna, la
magia è ancora più grande.
lunedì 21 gennaio 2013
andiamo avanti
Oggi è uno di quei giorni
che potessi tornare indietro cambierei talmente tante di quelle cose che
secondo me poi alla fine mi troverei allo stesso punto. Meno male che non si può
fare, sarebbe fatica sprecata.
domenica 20 gennaio 2013
il primo musical
Oggi ho visto un musical. Non ne avevo mai
visto uno e non pensavo che potessero piacermi e invece. È successo che venerdì
una mia amica mi ha scritto e mi ha mandato in allegato una pagina del Corriere
Mercantile, il titolo era “Il violinista sul tetto” il musical yiddish con gli
Amici di Jachy, la cosa mi ha incuriosito così questo pomeriggio siamo andate a
Bolzaneto. Lei da sola non ci sarebbe andata, io di prendere un treno non ne
avevo voglia, non ci sarei andata neppure io. Insieme invece ha funzionato
tutto a meraviglia. Gran bel pomeriggio. E adesso mi è venuta voglia di
rileggere Tevye il lattivendolo e un po’ tutto Shalom Aleicheim. Che poi tutto
è impossibile, mancano le traduzioni, tutto quello che ho trovato fino ad
adesso. E sempre rimanendo sulle traduzioni quello spettacolo aveva tutte le
canzoni tradotte in italiano e io ho apprezzato molto il poter capire che cosa
stavano cantando.
giovedì 17 gennaio 2013
scritto per non lavarmi le mani
A me piacerebbe sapere
perché mi riduco sempre a mettermi la crema quando ho le mani già tagliate dal
freddo. Mai che me la metta prima, che faccia un minimo di prevenzione. Adesso
son qua con le mani rosse peperone, bruciano, e per di più sono così piene di
crema che ogni tanto mi scappa il dito e schiaccio una lettera che non vorrei
schiacciare. È tutto un correggere e soffiarmi sulle mani. Se soffio bruciano
meno. E questo post è scritto soprattutto per cercare di non alzarmi e andare a
lavar via la crema, magari dicendomi Sempre meglio che non metterla, qualche
minuto l’ho tenuta. Domani vado a comprarmi la crema che ho regalato a mia
mamma. Avrò provato almeno otto creme quel giorno prima di riuscire a trovare
quella giusta. Avevo messo a perdere la commessa, per fortuna era una commessa
molto gentile (lo so che sembra impossibile ma anche qua ogni tanto se ne
incontra una), mi aveva aiutato a trovare una crema per le mani che non unge.
Secondo me se me la prendo poi la metto. Forse. Se posso mettermi una crema e
poi fare le cose che voglio senza ungere a destra e a manca poi magari la mette
anche. Poi quella crema è anche priva di profumo, sa un po’ di crema ma poco.
Mi ricordo che aveva del rosa sul tubetto, un po’ poco per ritrovarla, sarà
meglio se domani chiamo mia mamma e mi faccio dire il nome.
lunedì 14 gennaio 2013
malinconia
Oggi, mentre pranzavo,
controllavo la posta e tra le mail ricevute ho aperto per prima quella dei miei
amici librai, ho guardato il mittente senza leggere l’oggetto, pensavo che
fosse l’annuncio della prima presentazione dell’anno nuovo. Iniziava così:
Cari amici,
iniziamo quest’anno proprio concludendo quell’avventura che partita nel maggio 2007 /…/ ci ha portati fino a qui. /…/ da oggi, 14 gennaio, la libreria riapre con una nuova gestione.
iniziamo quest’anno proprio concludendo quell’avventura che partita nel maggio 2007 /…/ ci ha portati fino a qui. /…/ da oggi, 14 gennaio, la libreria riapre con una nuova gestione.
Ci saranno nuove persone a
portare avanti quello che abbiamo iniziato noi /../
E a me ha preso una malinconia
che non mi è ancora passata e che ho provato ad affogare, senza
successo, nel Gavi. E forse non è giusto immalinconirsi così perché, come
scrivono loro nella mail, la libreria continuerà ad esistere, non chiuderà. Non
sarà più la stessa però. Una libreria vera, per me, non è un supermercato del
libro con le agende al posto delle gomme da masticare vicino alle casse (quando
va bene, quando non c’è molto più spazio per quello che libro non è) è una
spazio cresciuto intorno a chi la ama e la gestisce, con un catalogo che,
almeno in parte, rispecchia il gusto di chi ci lavora. E con il passare del
tempo un po’ lì dentro ci si sente a casa. E vieni accolta da un Questo l’hai
visto? secondo me potrebbe piacerti, o da un Ti ho messo da parte questo. Un
posto dove è normale mettere a posto un libro se lo si trova messo nello
scaffale sbagliato. È un posto dove si entra con piacere anche solo perché si passava
da quelle parti, per dire Ciao. O dove si entra dicendo Vi ho messo un corno ma
è perché mi hanno regalato un buono. E ti sembra normalissimo confessare quel
tradimento. Un posto dove si può entrare anche solo per chiedere Hai un posto
da consigliarmi per mangiare in questa zona? E questa cosa qui che ho messo qua
in fondo dell’entrare per chiedere un consiglio per mangiare è successa meno di
due settimane fa, l’ultima volta che ci sono entrata senza aver la minima idea
che quella fosse l’ultima volta.
sabato 12 gennaio 2013
un esercizio utile
Mi son fatta l’idea che a star dietro alle
piante si sviluppi la pazienza. Ho proprio la sensazione che si rafforzi. Un
bell’esercizio che funziona anche nell’immediato. Ho appena fatto un
esperimento. Ho cambiato la terra a un’orchidea piano piano perché non avevo un
altro vaso trasparente e non è che per salvare il vaso potevo spezzare le
radici, sarebbe stato un controsenso, e poi, quando dopo mezz’ora di attenzione mi sono
seduta sul divano bella contenta, è arrivato uno scroscio d’acqua e io avevo il
bucato steso fuori. Ho portato dentro il bucato, bagnandomi, e mi sono accorta
che avevo lasciato le zompettate sul pavimento della cucina e così ho ripassato
il mocio. Era ancora bagnato e Daniele è andato a prendersi un bicchiere
di Coca e io mi son detta Non c’è due senza tre, ho aspettato che uscisse e ho
dato un’altra passata. Poi però ho messo il manico del mocio di storto tra i
due muretti della cucina perché il proverbio dice Non c’è due senza tre e il
quattro vien da sé. Ma io non sono (ancora) così allenata.
mercoledì 9 gennaio 2013
da solo
Oggi sull’autobus ho sentito un ragazzo dire
ad un altro ragazzo Vorrei tanto andarmene per sei mesi in mezzo all’oceano da
solo. Poi, dopo pochissimo, ha aggiunto Ma veramente da solo, senza internet.
domenica 6 gennaio 2013
un continuo di La prima volta
Io non so bene perché ma all’inizio di gennaio
nella mia testa è un continuo di La prima volta. Mi succede nelle prime due
settimane poi per fortuna mi passa, guarisco. Torno a lavorare e mi dico La
prima volta che prendo l’autobus per andare a lavorare, la prima PCR dell’anno,
il primo gel dell’anno. Una cosa stupidissima e senza senso dal momento che non
considero il 1° gennaio una data così importante. Eppure, ogni anno mi prendo
questa malattia. Anche poco fa Il primo piatto di spaghetti al pomodoro dell’anno,
mi son detta. Un attimo fa invece ho guardato che cosa voleva dire una parola, la prima volta che apro
il vocabolario quest’anno, pensavo. Dal momento che sono in argomento la prima
parola imparata quest’anno è Labaro.
sabato 5 gennaio 2013
ci vuole dell’abilità
Fame, il frigorifero offriva dei peperoni.
Vada per la peperonata, la cipolla c’è? C’è. Due scatole di pelati? Ci sono.
Bon, si può fare. Nel frigo c’era anche una ciotolina con la testa e il sedere
del rotolo di spinaci che avevo fatto giovedì quando sono venuti gli amici a
trovarci, sia mai che io butti via qualcosa di commestibile, l’ho sminuzzato e
ci ho messo anche lui. Poi ho deciso che provavo a metterci anche l’origano. A
me l’origano piace tanto, d’estate sui pomodori lo metto ma d’inverno ne uso
poco. L’ho pasticciato con le mani per metterlo nella pentola e mi sono
spinata. Ci vuole dell’abilità a spinarsi con l’origano, non è mica facile. E
la spina la sentivo ma non la vedevo, poi l’ho vista e sono anche riuscita a
togliermela. Una soddisfazione difficile da descrivere. Una soddisfazione
liberatoria.
(solo per poter scrivere che l'origano nella peperonata ci sta bene)
dallo stato di frastornata alterazione
Nel corso
della squisita mezz’ora di lucidità prima che la colazione la insonnolisse /…/
pensò a quanto l’amore allontani il mondo da noi, quando è facile non meno di
quando non lo è. Il che non avrebbe dovuto sorprenderla, e infatti non lo fece.
La sorpresa fu il suo desiderio, quasi la pretesa che ogni cosa tornasse a
essere lì apposta per lei, semplice e compatta come il servizio di recipienti
da gelato, tanto da convincerla di non essere solo in fuga da delusioni,
perdite e abbandoni, ma anche dal loro esatto opposto: dalla cerimonia violenta
dell’amore, dallo stato di frastornata alterazione che comporta.
Chi ti
credi di essere? - Alice Munro - pag. 221
giovedì 3 gennaio 2013
pensierini del 3 gennaio
Le ferie sono finite e domani si torna in
laboratorio. Due settimane di ferie. Ci sono tanti giorni in due settimane.
Saranno anche tanti ma son passati in un attimo. Son proprio contenta di queste
due settimane. Ho concluso in bellezza. Quest’oggi sono venuti a trovarci degli
amici. Era un bel po’ che non si passava un’intera giornata insieme. Siamo
stati bene. Mi piace avere amici a casa. Mi piace anche preparare da mangiare e
mangiare insieme, con calma, raccontandocela. È strano tornare di venerdì e, infatti,
io pensavo di tornare di lunedì ma poi è successo che era meglio se tornavo
domani. A pensarci adesso mi vien da dire che son fin contenta di tornare a
lavorare, va bene così, riposata sono riposata, è ora di tornare.
(buon anno a chi passa da qui, ma anche a chi
non lo fa)
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