sabato 30 marzo 2013

gli ossi delle olive


Che io e l’inglese non andiamo d’accordo chi mi conosce lo sa. E così oggi è successo che a dare indicazioni di come arrivare in piazza me la sono cavata ma entrando in un bar non sono mica riuscita a rispondere. Ero lì, stavo prendendo un caffè e mi è caduto l’occhio su delle pizzette. Vicino a quelle pizzette c’era un cartellino con su scritto Attention to the stones. A me è venuto da sorridere e chi mi aveva preparato il caffè se ne accorto. Lei sa come si chiamano in inglese gli ossi delle olive? Mi ha chiesto traducendo velocemente da una lingua bellissima all’italiano. No, mi dispiace, gli ho risposto. Poi lui sorridendo, mi ha detto Bones, faceva un po’ impressione Stones lo capiscono.

venerdì 29 marzo 2013

son migrata


Una persona incontrata oggi: Oggi ho parlato con una bambina di sette anni molto simpatica. Si chiama Vittoria, era anche lei sul treno che da Genova andava a Milano e anche lei, con la sua mamma, andava a Venezia, però loro prendevano il treno dopo il mio. Mossa furba che il mio io ho rischiato di perderlo perché dei quindici minuti per cambiar binario me ne erano rimasti solo tre. Questa bambina mi ha raccontato che aveva tanti compiti per le vacanze, diciassette operazioni in colonna e sette pagine da leggere. Mi ha raccontato anche che ha tre nonni, uno a Genova, uno a Udine e uno a Venezia. Aveva voglia di parlare, di raccontare e di domandare. Ci siam divertite a far conversazione, abbiamo anche giocato un po’, subito prima di scendere, lei era già nel corridoio e io ancora nello scompartimento e allora ci siamo messe a giocare usando il vetro che ci separava, una metteva la mano da un lato del vetro e l’altra doveva metterla nello stesso punto ma dall’alta parte del vetro. I suoi riflessi erano decisamente migliori dei miei.

Una cosa letta oggi: Sul vaporetto che ho preso a un certo punto è salito un ragazzo con una borsa di quelle da ginnastica. Su un lato c’era la pubblicità di una pizzeria, non mi ricordo il nome della pizzeria però mi ricordo che sotto il nome della pizzeria c’era scritto, tutto in maiuscolo, anche pizze per esportazione.

Una cosa vista oggi: Un gatto rosso, che secondo me era una gatta, su un passeggino per bambini, era sulla freccia da Milano a Venezia. E se ne stava lì tranquilla, aveva solo le orecchie che spesso si spostavano indietro, con fanno tutti i gatti quando sentono qualcosa che li incuriosisce o vedono qualcosa che interessa loro più del solito.

giovedì 28 marzo 2013

automatismo


Oggi non ci stavo con la testa. Mi han salvato gli automatismi. Se si fanno spesso le stesse cose spesso poi arrivano gli automatismi. Di solito non mi piacciono, se mi accorgo che sto facendo le cose in maniera automatica mi dispiace, mi sembra di lavorar male. Oggi sono state una benedizione, non ce l’avrei mai fatta se non fossero arrivati loro a lavorar con me.

mercoledì 27 marzo 2013

andiam bene

Questa mattina volevo salvare dei dati, mi sono fatta una cartelletta ma non mi ricordavo più se oggi ne abbiamo 27 o 28. Controllo sul cellulare, mi sono detta, ma il cellulare non era in tasca. Sarà sul bancone, ma sul bancone non c’era. Sarà sulla scrivania, ma sulla scrivania non si vedeva e non volevo spostare il mio ordinatissimo disordine di fogli. Spetta che mi chiamo dal fisso e sento dove suona, ho pensato. Solo che la forza dell’abitudine ha vinto e ho chiamato Daniele (abbiamo quasi lo stesso numero, il suo finisce con 6 il mio con 1). Quando ho sentito il suo pronto gli ho risposto con un Scusa Capo (io ogni tanto lo chiamo Capo, a volte lo chiamo Capo per ridere a volte invece per sottolineare quando sta decidendo per due). Mi sono sbagliata, gli ho detto, volevo chiamare il mio cellulare perché non lo trovo e invece ho chiamato te. Ci siamo salutati e la mia collega che aveva sentito la telefonata non si trattenuta ed è scoppiata a ridere. Anch’io me la ridevo. Che altro potevo fare? Poi ci ho riprovato e son stata attenta a finire il numero con 1. È suonato lo stipetto in corridoio. Non l’avevo tolto dalla borsa.
Poi, due ore dopo ero fuori a fumarmi una sigaretta e gli ho messaggiato.
Latte: Ciao sto perdendo colpi, chiamo per te per cercare il mio cellulare, andiam bene, andiamo proprio bene.
Daniele: Trovato?
Latte: Direi di sì, ti ho messaggiato :-D
Daniele: Andiam bene!!!!!
A me, quando succedon queste cose, poi mi si raddrizza la giornata, mi sembra che ridere per delle cose del genere faccia bene all’anima.

Poi quando sono uscita dal lavoro gli ho mandato un messaggio (quello lo faccio tutte le sere, mentre aspetto l’autobus, per fargli sapere che sono uscita).
Latte: Ciao Capo sono uscita vado a prendermi i libri che ho ordinato e poi vengo a casa. ‘Sta sera pizza?
Daniela: Ok, esco tra poco per la corsa, trovato il cell??
Latte: Non lo so, adesso controllo e poi te lo messaggio.
Però anche se ho sorriso leggendo la sua risposta non era più come la prima volta.

martedì 26 marzo 2013

voglia di giocare (con i libri)


Un mondo meraviglioso

Storie di pazzi e di normali
Tracce del tuo passato

Una lama di luce
La promessa dell’alba

Tutti i colori del mondo
La misura del mondo

Qualcuno con cui correre
Fuga senza fine

Un consiglio avveduto
Rifugio


(Un mondo meraviglioso – Vitaliano Tresivan,  Storie di pazzi e di normali – Mauro Covacich, Tracce del tuo passato – Grazia Verasani, Una lama di luce - Andrea Camilleri, La promessa dell’alba - Romani Gary, Tutti i colori del mondo - Giovanni Montanaro, La misura del mondo - Daniel Kehlmann, Qualcuno con cui correre – David Grossman, Fuga senza fine – Joseph Roth, Un consiglio avveduto Shalom Aleichem, Rifugio - Sami Michael)

domenica 24 marzo 2013

avrei voglia di rivederti


Qua la primavera non si vede e allora si fa quel che si può. Ci si arrangia. Questa sera:  fave, sardo fresco e salame. Fuori pioggia e vento, in sala sembrava di fare la scampagnata di pasquetta. Mancavano solo un prato e le formiche. Senti Primavera, fa pure come vuoi, ci mancherebbe, son per la libertà (quando lascia liberi anche gli altri) però, sai com’è, sarebbe anche ora di tornare. Ci manchi Primavera, almeno, a me manchi. Parecchio. Avrei proprio voglia di rivederti.

giovedì 21 marzo 2013

se


Con quanti se viviamo? Anzi, iniziando proprio dall’inizio Tutti viviamo con dei se? Ammettiamo che ognuno viva con dei se, ognuno di noi ha il suo numero di se oppure tutti noi abbiamo lo stesso numero di se (magari distribuito diversamente negli anni)? e se ognuno ha un numero di se differente, il numero dei se dipende da quanto siamo capaci di vivere in modo che i se non arrivino e di fare scelte che poi non si trascinano dei se? 

E se la smettessi, almeno per ‘sta sera, di farmi domande che non hanno risposte?

mercoledì 20 marzo 2013

una crepa


Son dei giorni che mi rigiro delle frasi nella testa*. Sabato quando le ho incontrate le ho segnate. Due x piccole una sopra l’altra e un trattino che unisce lo spazio delle quattro righe. Il mio modo di ritrovarle, mio e di molti altri. Poi domenica mentre stiravo son tornate su, insieme a altre pagine di quel libro chè per me quello è proprio un bel romanzo, bello e tenero, molto tenero. E mentre stiravo mi dicevo Sì, anche a me dà l’impressione di un pieno e non di un vuoto, un muro rende bene l’idea. Continuava però a esserci qualcosa che non mi convinceva in quelle frasi. Ieri pomeriggio ero alla presentazione di quel libro e quelle righe erano tra le righe che sono state lette. Anche sentendole ad alta voce l’impressione rimaneva la stessa. Poi oggi è successo che, tornando a casa, guardavo fuori dall’autobus, a una fermata ho visto un muro e nel muro c’era una gran bella crepa. E, forse, ho capito che cosa c’è in quelle frasi che non mi convinceva del tutto. E non è nelle frasi in sé ma in quello che ho visto io leggendole. Io vedevo, lì non c’è scritto ma io lo vedevo, qualcuno che riempiva e qualcuno che abbatteva e quel qualcuno non era né il possessore del vuoto né il possessore del muro. Era questo che non mi convinceva. Nella mia immagine c’era qualcosa che veniva da fuori, da un altro. Secondo me, dall’esterno può venir solo una crepa. Un buchino al massimo. Con cosa si butta giù un muro? Con un piccone? Da fuori viene il piccone, ma solo chi è il possessore del muro può decidere di tirarlo giù o scavalcarlo e la fatica per farlo è la sua e la vista nuova è sua. E dopo che ne ha buttato giù uno se ne troverà davanti un altro e poi un altro ancora. All’infinito. Anzi no al finito, fino alla fine. Magari andando avanti diventerà più bravo nel tirarli giù ma ogni muro sarà fatica e vista nuova. E adesso, rileggendole, avendo cambiato l’immagine, la sensazione di qualcosa che non mi convince se n’è andata.

* Se l’ignoranza fosse un vuoto, mi dicevi, sarebbe facile riempirlo di cose, di cultura, di civiltà. Ma l’ignoranza, caro mio, è un pieno. È un muro, e i muri si possono solo abbattere, oppure scavalcare.
Mi riconosci – Andrea Bajani – pag. 35

domenica 17 marzo 2013

signora mia


Pensavo: ieri ho mangiato all’aperto in maglione, neanche pesante, e con gli occhiali da sole (che una cosa tamarissima, lo so, ma non riuscivo a stare senza), oggi ci sono 4 gradi e da quando mi sono alzata piove. E mentre facevo ‘sto pensiero profondissimo ho sentito una voce, molto simile alla mia, che mi diceva Eh signora mia non ci son più le mezze stagioni.
Inizio a preoccuparmi.

sabato 16 marzo 2013

un sabato così bello da sembrar finto


Ogni tanto arrivano queste giornate così belle che sembran finte e invece no. Son vere. Son sicura. Io queste cose oggi le ho proprio fatte tutte.
Alzarmi senza sveglia
Far colazione con calma
Incontrarmi con un’amica
Andare a vedere una mostra (McCurry)
Mangiarmi lasagne al ragù all’aperto scaldandomi al sole come una lucertola che scopre che la primavera sta arrivando
Regalarmi un mazzo di tulipani (arancioni)
Entrare in libreria per prendere un libro (Mi riconosci Andrea Bajani) e scoprire che anche un altro libro che pensavo sarebbe uscito a fine mese era già in libreria (L’esperimento Mauro Covacich)
Tornare a casa, farmi un caffè e mettermi a leggere fino all’ora di cena
Adesso stavo pensando che tutte le giornate dovrebbero essere così, però non son tanto sicura di questo pensiero, perché se tutte le giornate fossero così io non so se saprei apprezzarle tanto quanto faccio dal momento che le giornate così son rarissime.

venerdì 15 marzo 2013

attraverso un buco nel muro


Cosicché immediatamente, a volte in meno di cinque minuti, ci si trova coinvolti in un accanito litigio e in una posizione tale che nessuno dei due può più né andare avanti né tirarsi indietro. Il risultato meno spiacevole di una simile situazione è che uno dei due abbia abbastanza presenza di spirito da starsene zitto e in qualche maniera trovi un sistema per andarsene in fretta, magari attraverso un buco nel muro.


Lettere a Theo – Vincent Van Gogh – trad. M. Donvito e B. Casavecchia – pag.157

giovedì 14 marzo 2013

utilità sociale


Lunedì sono arrivata in albergo, ho dato la carta d’identità, ho preso la chiave della stanza, sono salita in camera, ho fatto le cose che di solito si fanno quando si arriva in una stanza d’albergo, poi sono scesa e ho chiesto aiuto a chi stava alla reception. Mi scusi, ho detto, mi sa dire come posso raggiungere via Pànico? Lui, gentilissimo, l’ha cercata con il computer poi ha preso una cartina (con le scritte delle vie così piccole che neppure con gli occhiali leggevo qualcosa) ha segnato con un evidenziatore arancione una zona che comprendeva a dir poco quattro isolati, e mi ha detto Via Panìco si trova qui. Iniziamo bene, ho pensato. Poi ha continuato Deve prendere la blu fino a Roma Termini, poi la rossa fino a piazza di Spagna, si lascia la piazza alle spalle va dritta fino al Tevere, volta a sinistra e cammina fino a che la trova. Se vuole le chiamo un taxi. No grazie, gli ho risposto, ci provo, tanto ho tempo. La mattina dopo quando, dopo aver fatto colazione, stavo tornando in camera per lavarmi i denti ho sentito un L’ha trovata via Pànico ieri? 
Secondo me son ancora lì che se la ridono. Ho un'utilità sociale, son soddisfazioni non da poco.

mercoledì 13 marzo 2013

un appunto


Questa mattina guardando il quaderno dove avevo scritto delle cose ieri ho trovato un appunto, immobile extraterritoriale c’era scritto, tutto in stampatello grande e poi sotto vaticano, sempre in stampatello grande. Quella targa non l’avevo letta quando era entrata la mattina, quando ero entrata stavo parlando con una collega che lavora lì e guardavo lei, non mi guardavo tanto intorno, quella targa l’avevo letta verso le due quando ero uscita un attimo a fumarmi una sigaretta. Rientrando avevo avuto come l’impressione di passare una frontiera. Guarda te la potenza delle scritte, pensavo mentre ritornavo nell’auditorium, la prima volta non lo sapevo e niente, son passata da quel cancello come se fosse un qualsiasi cancello e adesso che ho letto invece, anche se quel cancello è sempre lo stesso cancello, dello stesso ospedale di ‘sta mattina, mi è sembrato di cambiare territorio.

lunedì 11 marzo 2013

Multiple choice


Io mi domando Ma perché ogni volta che mi capita di dover parlare in pubblico vengo presa dall’agitone o nel migliore dei casi dall’agito? E subito dopo mi dico Ma perché mi faccio domande così stupide? son anni che io e me stessa medesima viviamo insieme. Lo so benissimo perché.

Segnare la risposta corretta alla prima domanda:
-       perché sotto sotto sono timida
-       perché per me già tre persone sono una piccola folla
-       perché ogni volta che devo esporre dei risultati mi chiedo se potevo fare di più o meglio
-       perché non mi capita spesso e quindi ogni volta è un po’ come se fosse la prima volta
-    perché io e l'inglese non andiamo d'amore e d'accordo
-    perché  la paura di non capire le domande mi mette ansia ancor prima di sentirle e di capire se so rispondere
-       tutte le risposte sono, più o meno, corrette


venerdì 8 marzo 2013

sul pH della pioggia


A me se anche domani piove spuntan le branchie. Uffi, son stufa d’acqua. Oggi però non c’era tanto vento, almeno non mi sono infradiciata dalla testa ai piedi. Una cosa che non mi spiego è la paura di bagnarsi che hanno le persone che incontro. Non capisco perché salendo sull’autobus devano chiudere l’ombrello quando hanno già un piede sul gradino. Naturalmente, facendo così, l’ombrello colpisce chi è dietro. Che stranezza, mi dico ogni volta, non si volatizza, arriva vicino vicino alla faccia di chi sta dietro. A volte si riesce a schivarlo, a volte si prende in pieno. Stessa cosa capita quando dall’autobus si deve scendere. Mai fare due passi prima di aprirlo. No, si deve aprirlo mentre si sta per appoggiare il piede sul marciapiede. Si schiaccia il bottoncino dell’ombrello e se poi dietro c’è un’altra persona che sta anche lei scendendo eh, fatti suoi. Allora questa mattina, dopo aver preso un’ombrellata mentre scendevo ho avuto un pensiero. Ma vuoi vedere che piove acido e io sono l’unica a Genova che non lo sa? E questa domanda mi è girata in testa tutta la mattina e allora, per scacciarla da là, mi son detta Adesso faccio un esperimento. Quando sono uscita sul terrazzo a fumarmi una sigaretta mi sono portata una cartina e ho allungato la mano in modo che sporgesse dal terrazzo del piano di sopra e si bagnasse (sia la mano che la cartina) e ho controllato. Adesso ho la prova che la mia idea di questa mattina non può spiegare l’uso/abuso dell’ombrello in questa città. Il pH della pioggia di questa città non è acido.

domenica 3 marzo 2013

delle giornate

Ci son delle giornate che il non avere un gatto che gira per casa, o che se ne sta bell’acciambellato a dormire in casa mi mette addosso una tristezza che è difficile da descrivere. Mi sembrava, e mi sembra, una tristezza così inutile da provare che avevo trovato facilmente rimedio. Nel gattile qua c’erano tre cucciolate, Aspettiamo tre mesi, avevo detto, e poi quando posson stare senza mamma ne prendiamo uno. E invece no, troppo semplice, vuole adottare un gatto che ha visto su un blog. Un gatto che vive a Roma adesso, o a Brindisi non ho capito bene. E così siamo ancora qua che non siamo gli umani domestici di nessuno. E oggi, stendendo le lenzuola guardavo il gatto del palazzo di fronte al nostro e invidiavo chi abita là

i fratelli dei secondo me


Ci son delle cose che quando mi chiedono se voglio farle son fin contenta che me lo chiedano ma poi, quando le devo fare sul serio, non son più tanto contenta di doverle fare. Una di queste è giudicare un articolo. Leggere un articolo che ha un bel titolo e un abstract che incuriosisce mi piace, anche farmi un’idea di com’è, se sta in piedi, se convince, se ha un filo facile da seguire, se i dati son messi giù bene, se i controlli ci sono tutti, se le figure si spiegano da sole, se in bibliografia manca qualcosa. Insomma tutte quelle cose là mi piace farle, ma poi quando questa parte è fatta, quando si arriva a dover scrivere una risposta mi piace molto meno. Anzi, non mi piace per niente. E pensare che questo è un articolo che mi è piaciuto, fan bene, secondo me, se decidono di pubblicarlo, solo che non si può rispondere solo È bello, fate bene se decidete di pubblicarlo, bisogna anche dire perché e bisogna anche dire che cosa si è visto che potrebbe essere cambiato, aggiunto o tolto per migliorarlo. Lì arrivano i problemi. È quest’ultima la parte che non mi piace. Se la risposta si limitasse alla prima parte sarebbe esprimere un parere, uno ci mette un bel secondo me davanti e bon finisce lì. Poco fa rileggevo il commento che ho scritto ieri. È una paginetta piena di could, forse alcuni si possono far saltare senza grossi problemi. Ho come l’impressione che i could siano i fratelli dei secondo me quando al posto di un parere devo dare un giudizio.

sabato 2 marzo 2013

mono-mix

Belli son belli ma sul sacchetto c’era scritto che dovevano essere di vari colori. Son sicura. C’erano i sacchetti con scritto Rosa, quelli con scritto Bianco, quelli con scritto Blu e quelli con su scritto Mix. Io avevo preso uno di quelli dove c’era scritto Mix. Però belli, son proprio belli. E poi di due non si sa ancora il colore. Ancora qualche giorno e lo scopro.