C’era una volta uno, era un avvocato, e si era arricchito imbrogliando alla grande. Una sera invita a cena un suo amico frate (il frate si chiamava Matteo, il nome dell’avvocato non lo metto che poi i discendenti non si sa come la prendono, non li conosco e non voglio rischiare). Vieni, gli dice, viene a cena fra Matteo che ti mostro anche una scimmietta che ho appena preso. Roba da non crederci, sa far tutti i lavori in casa e cucina anche bene. Il frate decide di andare, sono amici. Accetta volentieri l’invito e poi al convento avevano cambiato le cuoche e non è che si mangiasse così bene. Non appena vede la scimmietta si rende subito conto di avere davanti il demonio. Porco di un demonio, che cosa ci fai in casa del mio amico? gli chiede. Il demonio sorridendogli gli risponde: guarda che il tuo amico non è mica uno stinco di santo. È diventato ricco imbrogliando e sfruttando la povera gente. Io son qua per portargli via l’anima solo che quello, la sera, prima di dormire, prega e così non sono ancora riuscito a farlo ma ‘spetta solo che una sera se ne dimentichi e il tuo amico vien via con me. Ti ordino di andartene subito da questa casa, gli urla il frate. Non ci penso proprio gli risponde il demonio. E i due iniziano a litigare, poi alla fine trovano un accordo. Il diavolo gli dice, va bene, me ne vado ma solo se mi lasci fargli almeno dei danni. Danni? gli chiede il frate, affare fatto, te ne vai facendogli dei danni ma il danno lo scelgo io. Il diavolo accetta, anche perché si era stufato di rifare letti, spazzare per terra e far da mangiare. Allora il frate gli dice: puoi uscire dalla casa attraverso il muro, bucandoglielo. Il diavolo si arrabbia perché come danno era sì un danno ma non il tipo di danno che pensava lui. Poi però, dal momento che è un diavolo di parola se ne va bucando il muro. Che fatica, pensa fra Matteo, ma dimmi te se uno deve andare a cena da un amico e poi gli tocca lavorare. Adesso quello là mi sente. Faciam dopo cena, sia mai che poi non mi dà la cena, ‘spetta, ora mangiamo poi gli faccio una bella predica all’avvocato. Dopo cena mentre sorseggiava un grappino prende l’avvocato e lo rivolta come un calzino. L’avvocato inizialmente nega tutto e il frate si arrabbia. Senti caro mio, gli dice fra Matteo, siamo amici di vecchia data ma quel diavolo mi sembrava un diavolo di parola e io gli credo. Prende un angolo della tovaglia, lo strizza e dalla tovaglia esce sangue. È il sangue della povera gente che hai imbrogliato, gli urla fra Matteo (che era anche un po’ alticcio e stava perdendo la pazienza). Allora l’avvocato si pente di tutte le sue male azioni e promette di comportarsi secondo giustizia (che poi, al di là di tutto, anche il suo lavoro avrebbe a che fare con la giustizia). Ormai è tardi il frate fa per andare ma quando si stanno salutando l’avvocato domanda al frate: ho paura che torni, ormai la strada la conosce e poi c’è anche il buco, cosa faccio? E il frate gli dice: hai ragione. Quel buco è un problema da non sottovalutare. Sai cosa puoi fare? Eh, no gli risponde l’avvocato, te lo sto chiedendo perché non ho idea. Fra Matteo ci pensa un po' su poi gli dice: Facciamo che ci metti sotto un angelo. Dovrebbe funzionare. Ora vado che sono stanco. ‘notte.