Stavo stirando ed mi è tornata su una scena, pescata da qualche parte nel fondo della memoria. C’era mia mamma che stirava e io e mia sorella al tavolo lì vicino a fare i compiti. Era un’immagine, no, non un’immagine perché c’era del movimento, era come un pezzetto di un filmino, un filmino mai girato; era una sensazione stranissima perché era come se vedessi la scena non con i miei occhi, quelli mei di quell’età, ma da fuori. Vedevo mia mamma che faceva quei gesti bellissimi, aveva in una mano una conchetta di plastica arancione con dell’acqua e con l’altra, con la destra, spargeva gocce d’acqua sulle camicie di mio papà e poi le piegava. E la me bambina la guardava e lei sentendosi guardata mi spiegava, mi diceva: Prima di stirarle bisogna bagnarle e aspettare che l’acqua vada per tutta la camicia. Faceva sempre così, bagnava le camicie, le piegava, e mentre aspettava che l’acqua camminasse lungo le camice stirava altra roba. Roba che non doveva essere bagnata prima. Oggi, mentre stiravo, pensavo che io quel gesto ho avuto la fortuna di vederlo tante volte anche se non ho fatto in tempo ad impararlo. E chi è nato dopo di me, qualche anno dopo mica tanti, quando ormai nelle case era entrato il ferro a vapore non l’ha mai visto. Non ha mai visto le mamme che sanno fare la pioggia per le camicie.
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