E anche di giustizia mi aveva parlato Katzaman, quella notte. // Diceva che la giustizia non è una convenzione etica o sociale, ma è una specie di ormone che viene secreto a vari livelli d’intensità. Qualcosa che un cervello sensibile produce in risposta a un’ingiustizia, proprio come reagisce a uno stimolo sessuale. Quando mi aveva detto così, avevo sentito come se Katzman stesse lavorando la pasta di cui è fatta tutta la mia vita. // “La bontà e l’onestà” diceva, “ la realizzazione della giustizia, sono il più moderno e sofisticato mezzo di protesta che io conosca. Ma solo chi è molto forte, o forse molto disperato, può permettersi di usare questo mezzo. È un’arma a doppio taglio, Uri. Bisogna usarla con grande attenzione.” // Gli avevo chiesto come pensava di agire a Djunni; mi aveva risposto “Magari lo sapessi!”. Poi, lentamente, come per chiarire a se stesso il proprio pensiero, aveva aggiunto: “Chi cerca oggi una giustizia assoluta non fa che ingannarsi da solo. La ricerca della giustizia assoluta è, in realtà, un modo per nascondere l’impotenza di agire, la paura e l’indecisione. Perché in un mondo così complicato e tra gente così complicata e piena di contraddizioni come noi, il concetto di giustizia ha perso gran parte del suo significato”.
E aveva concluso: “È per questo che chi crede nella possibilità di una giustizia assoluta non potrà mai fare niente. La giustizia assoluta è un’invenzione degli impotenti, buoni solo a filosofeggiare, e perciò, vedi, Uri, perciò la giustizia deve essere solo un sentimento soggettivo, del tutto personale, come ho già detto: un ormone che il mio cervello secerne in certe situazioni, quando devo scegliere tra due tipi di giustizia”.
Il sorriso dell’agnello David Grossman p. 214-215
Giuseppe Verdi
6 ore fa
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