domenica 29 gennaio 2012

d'inciampo

Oggi sono andata a vedere l’installazione della prima pietra d’inciampo di Genova. È stata un incontro molto interessante, tutti gli interventi sono stati interessanti. Tornando a casa mi venivan in mente delle cose e pensavo a quanto le pietre d’inciampo servano. Pensavo anche al mio modo di ricordare che è strettamente collegato al mio modo di non ricordare. Perché, nella maggior parte dei casi, è un ricordare mettendo il tutto in un preciso periodo storico, escludendolo dall’oggi e dall’adesso. Non è un ricordare solo in un giorno (almeno fino a lì sono riuscita ad arrivare) ma è comunque un ricordare ingiusto. E l’ingiustizia è data, almeno per come la vedo io, dallo spostare tutto in un altro tempo. Un ricordo dovrebbe servire ad avvicinare una cosa e non ad allontanarla. E poi mi è tornato in mente di una volta, saran passati tre anni, quattro al massimo, eravamo in cinque in quella stanza e uno di noi ha fatto un’affermazione antisemita. È calato il silenzio. Quel silenzio è come se gli avesse dato forza, ed è arrivata anche la seconda. Peggiore della prima. E io sono stata zitta. Io non ho detto niente, né la prima volta né la seconda. Son stata zitta. Son stati zitti anche gli altri tre? Sì. Ma il punto è che io son stata zitta e me ne vergogno. Mi sono vergognata quel giorno, me ne vergogno anche adesso.

1 commento:

Giovy Malfioriu ha detto...

Però l'hai raccontato. Quindi non sei stata zitta