Ha chiamato la sorella di Daniele proponendoci di andare a pranzo insieme tra due domeniche (è il suo compleanno quel giorno) ma solo se c’è brutto tempo perché se è bello loro fanno dell’altro. Io non so, forse non sono in grado di apprezzare la sincerità in tutte le sue forme ma io, per come sono fatta io, questa non la riesco a chiamare sincerità. Non dico che abbia mentito, non dico questo. Io sono sicurissima che ha detto quello che pensava. Se lo si guarda con attenzione sotto un certo angolo, può essere definito anche un invito sincero, ma, secondo me, quel invito ha un altro nome. La prima cosa che mi viene in mente non è: sincerità. A casa mia quel invito si chiama in maniera diversa. E allora a me vien da rispondere: guarda tu fai quello che vuoi ma io non vengo, qualsiasi sia il tempo di domenica 18. E poi decido che a lui, che mi sta riassumendo la telefonata dopo averla finita, lo dico quello che mi vien da rispondere. E non mi sembra che ci sia da dover dare delle spiegazioni alla mia risposta. Mi sembra chiara, e sincera.
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