Si trattava di un male che al dottore, all’inizio, era sfuggito e che non aveva mai capito completamente neanche dopo. Soprattutto non si era accorto che andava affrontato di petto con medicine potenti, perché nei suoi grossi volumi non c’era scritto niente in proposito, niente sulle sue riviste specializzate; dunque era un altro malanno contro cui non funzionava nessuna cura del letto, nessuna dieta, nessuna radioterapia e nemmeno gli impiastri di senapato, /…/.
Il male era arrivato strisciando, senza anticipare alcun segnale noto al mondo della medicina, ma ecco che all’improvviso erano tutti malati, era la malattia mentale epidemica, eppure all’inizio nessuno se n’era accorto, nessuno ne aveva avuto sentore, né i pazienti né i medici. Era una malattia che non avevano potuto diagnosticare a nessuno perché con l’epidemia era tutto un manicomio, e quando alla fine se ne erano accorti, era troppo tardi. /…/
Quando quell’oscura epidemia devastò i paesi, fu troppo tardi. A quel punto se n’erano accorti, sì, ma ancora non l’avevano capita, nemmeno Leopold, /…/
A quel punto Leopold aveva dovuto riconoscere che la malattia era esplosa con una violenza maggiore di quando pensasse; i ricorsi non potevano nulla contro quel male, i focolai della malattia si erano diffusi, dappertutto solo tessuti marci, metastasi, un decoroso fulminante la cui prognosi infausta non poteva più essere ignorata.
Un viaggio – H.G. Adler (p.102-105)
Giuseppe Verdi
7 ore fa
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