sabato 28 luglio 2012

11- eredoni e genidi


Curiosando in casa ho trovato un libro di mio nonno, quello che non ho conosciuto. Mi hanno detto che era una persona molto spiritosa e molto curiosa. Lui numerava i suoi libri. Quello che ho aperto oggi e che ho letto un po’ è il numero 39. Si intitola Questo è l’uomo, il sottotitolo è Il corporeo – Lo spirituale – L’umanità. L'autore è Antonino Anile. C’è un capitolo sull’ereditarietà che è bellissimo. È un libro del novembre 1943, si parla della nascita di una scienza nuova. La Genetica. A un certo punto del capitolo c’è scritto “Gli individui sono diversi; ed è da questo perpetuarsi e moltiplicarsi di differenze nell’ambito degli aggruppamenti umani che erompe il dinamismo ascendente o discendente delle culture. La scienza si è preso l’assunto di portar lume nell’ardua questione. Consapevole già che ciascuna esistenza, compresa la nostra, non si trasmetta che attraverso corpi minuscoli di cellule, venne di conseguenza sospinta a rivolgere la sua attenzione nei campi dell’infinitamente piccolo. E qui per davvero il minimo non ci largisce minori sorprese che il massimo: è più facile seguire le costellazioni del cielo che quel che succede dentro una cellula. È così che la scienza contemporanea si trova oggi dinanzi alla concezione granulare dell’ereditarietà. C'è forse da sentirsene paghi? Comprendiamo ora meglio che non ieri cosa sia un organismo? /…/ Concezione granulare dell’ereditarietà (eredoni), che fa riscontro a quella medesima alla quale sono convenuti i cultori di fisica indagando la materia (neutroni),  e non è accaduto diversamente per l’elettricità (elettroni), e per la luce (fotoni). Strano questo nostro destino di ricercatori! Partiamo da grandi cose per cadere dentro un turbinio di minimezze invisibili, senza dimensioni: è una punizione forse, anche questa, del nostro orgoglio.” Andando avanti c’è  la proposta di chiamare i geni genidi in modo da non confonderli con il plurale di genio.

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