Curiosando in casa ho trovato un libro di mio
nonno, quello che non ho conosciuto. Mi hanno detto che era una persona molto
spiritosa e molto curiosa. Lui numerava i suoi libri. Quello che ho aperto oggi
e che ho letto un po’ è il numero 39. Si intitola Questo è l’uomo, il
sottotitolo è Il corporeo – Lo spirituale – L’umanità. L'autore è Antonino Anile. C’è un capitolo
sull’ereditarietà che è bellissimo. È un libro del novembre 1943, si parla
della nascita di una scienza nuova. La Genetica. A un certo punto del capitolo
c’è scritto “Gli individui sono diversi; ed è da questo perpetuarsi e
moltiplicarsi di differenze nell’ambito degli aggruppamenti umani che erompe il
dinamismo ascendente o discendente delle culture. La scienza si è preso
l’assunto di portar lume nell’ardua questione. Consapevole già che ciascuna
esistenza, compresa la nostra, non si trasmetta che attraverso corpi minuscoli di
cellule, venne di conseguenza sospinta a rivolgere la sua attenzione nei campi
dell’infinitamente piccolo. E qui per davvero il minimo non ci largisce minori
sorprese che il massimo: è più facile seguire le costellazioni del cielo che quel
che succede dentro una cellula. È così che la scienza contemporanea si trova
oggi dinanzi alla concezione granulare dell’ereditarietà. C'è forse da sentirsene paghi? Comprendiamo ora meglio che non ieri cosa sia un organismo? /…/ Concezione
granulare dell’ereditarietà (eredoni), che fa riscontro a quella medesima alla
quale sono convenuti i cultori di fisica indagando la materia (neutroni), e non è accaduto diversamente per
l’elettricità (elettroni), e per la luce (fotoni). Strano questo nostro destino
di ricercatori! Partiamo da grandi cose per cadere dentro un turbinio di
minimezze invisibili, senza dimensioni: è una punizione forse, anche questa,
del nostro orgoglio.” Andando avanti c’è la proposta di chiamare i geni
genidi in modo da non confonderli con il plurale di genio.
Giuseppe Verdi
7 ore fa
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