Ogni tanto mi faccio dei regali. Giovedì mi
sono regalata un romanzo* (anche un mazzo di fiori, ché giovedì ero contenta di
me, cosa che mi capita raramente e così poi ero in vena di trattarmi bene),
sabato il tempo per leggerlo e oggi un'uscita dal lavoro calcolata in modo di
arrivare in libreria in tempo per sentire la presentazione. A me non piace
andare a sentire la presentazione di un libro che so che leggerò. È una cosa stupida, lo so benissimo, però non posso farci niente.
È così. C’è, nella lettura, questa cosa bellissima che è l’essere lì con
quell’insieme di parole e nient’altro. Nessuno che racconta, nessuno che spiega,
nessuno che seleziona delle parti, nessuno che legge. E il tono e il ritmo lo
dai tu leggendo, e le voci le decidi tu e le immagini, se le vuoi mettere, le
metti tu. Con questo non voglio dire che il testo non abbia già il suo tono e
il suo ritmo (e che sta a chi lo legge rispettarlo) e neppure che non ci siano
nel testo delle frasi che suggeriscano voci o immagini ma, almeno a me, succede
che se vado a sentire una presentazione, in qualsiasi modo sia impostata, poi
succede che quello che ho sentito influenza la mia lettura, e quella è una cosa
che non mi piace tanto. Sapevo che quel libro doveva uscire e sapevo anche che
l’avrei letto. Speravo che sarebbero passati ma ero convinta di avere tempo. Inizieranno
con le regioni dove vivono, pensavo. Han iniziato da Genova. Finito il romanzo
mi son detta Eh, bella l’idea di partire da Genova, ci sta bene. Un pensiero
decisamente originale, così originale che l’ho sentito anche ‘sta sera. Va be’
sorvoliamo sulla non originalità di quel pensiero. Io oggi son contenta di
esser stata lì e questa cosa che ci sia la possibilità di andare alle
presentazioni dei libri, e che nella maggior parte dei casi ci siano in quelle
occasioni gli autori, è una cosa che può essere molto bella. E mentre tornavo a
casa pensavo alle altre volte che ero andata a sentire presentare Morozzi e che
ho perso una scommessa che avevo fatto due (?) anni fa con la mia amica C. (stavo
per vincere, ero lì che ormai mi sentivo la vittoria in tasca e poi invece ho
perso, pace). E poi pensavo che mi era venuta voglia di provare a leggere un
libro dell’altro autore che era lì oggi, e adesso mi attacco un po’ al computer
e cerco di vedere che cosa regalarmi la prossima volta che entrerò in
libreria.
* Lo scrittore deve morire – Gianluca Morozzi
e Heman Zed
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