Ci sono scrittori che hanno su di me un
effetto terapeutico, non saprei, non so, definirlo in maniera differente,
capisco che è limitante, come trovo limitanti tutte le definizioni e le
descrizioni, ma da qualche parte devo pure iniziare. E lo sono con le loro
pagine ma lo sono anche le rare volte che mi capita di vederli, sia che sia
usando internet che dal vivo. Uno di questi è David Grossman. Oggi stavo
girando su internet e ho trovato un video di un’oretta, me lo sono guardato
subito e adesso sto così bene, ho una felicità tale addosso che non so
come si possa essere formato tutto questo stare bene e non so neppure come possa
essere contenuto. Non contenuto nel senso di rinchiuso, nel senso che è una
cosa così grande che mi vien difficile pesare che possa stare dentro una
persona. Mi vien difficile anche pensare che possa essere stato messo dentro o
fatto nascere da un’altra persona, una persona che non si conosce. Non lo so ma
è così. E mi sono accorta che per loro mi capita spesso di provare un sentimento
che sta molto vicino all’amicizia ma che nello stesso tempo ne è lontanissimo
perché è destinato al non incontro (non incontro fisico ché magari può anche
capitare di essere nella stessa stanza, incontro vero intendo). Mi sembra
qualcosa di simile all’amicizia perché per loro, per questa cerchia
ristrettissima di geni che han deciso di regalarci libri, poi magari ad altri
succede con chi regala canzoni o musica in generale o quadri o qualsiasi altra
forma d’arte, per loro dicevo mi scopro a fare delle cose che normalmente si
fanno per gli amici. Mi scopro ad essere contenta se so che son contenti, ad
esser triste se è successo loro qualcosa di brutto. Mi scopro a stare attenta a
come muovono le mani mentre parlano, a guardare cose piccole come la montatura
degli occhiali che portano, i vestiti che indossano o la forma delle rughe
intorno agli occhi quando sorridono. Né più né meno di quello che vien naturale
fare con gli amici. Che è una cosa stranissima a pensarci estraniandosi un po’.
Guardando da fuori, se non si sta provando la stessa cosa, vien da dire: ma che
t’importa? Non è che m’importa, vien spontaneo. Ecco, per esempio io so
benissimo come brillano gli occhi della mia amica C. quando sorride, so come si
massacra le mani quando c’è qualcosa che non va, so come prende il caffè e
alcuni dei nomi delle sue piante grasse. Queste cose non fanno l’amicizia,
l’amicizia è altro ma son tutte cose che in qualche modo fanno parte di lei e,
dal momento che siamo amiche, mi vien spontaneo prestarci attenzione.
A rileggerlo questo mi sembra un post
stranissimo, sembra scritto sotto l’effetto dell’alcool, eppure son sobria,
giurin giuretto e croce sul cuore. Comunque se a chi passa da qua può
interessare ad ottobre avremo la possibilità di leggere il suo nuovo romanzo e
il link per vedere il video è questo.
6 commenti:
Bello! Molto vero, almeno per me; eri ubriaca di letteratura. Mi piacerebbe che Grossman potese leggerlo.
;-D grazie e dal momento che siamo in argomento brindiamo alle belle pagine e a chi ce le regala.
A me succede la stessa cosa con Michele Mari :)
bello bellissimo questo post
@matisse :) che bello che è condividere questo sentire con altri, te lo dividi e lui si moltiplica. Stranissimo, molto bello.
@Begonia grasie, troppo buona.
Oh! Michele Mari, che bello trovarlo nominato (anche se gli ultimi racconti mi hanno lasciato un po’ male).
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