giovedì 30 giugno 2011

è saltato fuori

Oggi sono passata a prendere i tre libri che avevo ordinato e ora, cioè non ora pochi minuti fa, ho letto le tre quarte, due volte, cercando di decidere quale inizierò per primo. Poi (unendo pezzi delle tre quarte) è saltato fuori:

Non può sudare, togliersi la calzamaglia di lana ruvida neanche di notte. Il malato ha un carattere difficile, odia tutti e non sopporta nessuno. E la tragedia si intreccia continuamente con il comico.

Uno scrittore pieno di cose da raccontare.

come da una finestra

Oggi ho ricevuto un messaggino da un numero sconosciuto. L’ho letto e c’era scritto: Il suo “gufetto” è pronto. Negozio cornici via san vincenzo.
Domani passo a prenderlo, sono curiosa di vedere com’è venuto. Abbiamo (la corniciaia e io) scelto una cornice un po’ alta di legno scuro. Volevamo fare un effetto finestra, come se si vedessero il gufo e la luna da una finestra.

martedì 28 giugno 2011

realmente 180

Ma guarda che è realmente così, di qualsiasi cosa le parli lei riesce a dirti qualcosa in più. Ha realmente una conoscenza a centottanta gradi.

(sentita oggi in autobus)

lunedì 27 giugno 2011

sul non controllo

Stavo camminando per i viali dell’ospedale pensando ai fatti miei e fumandomi una sigaretta, dovevo portare i tagliandi dei biglietti aerei all’ufficio missioni per avere il rimborso nella prossima busta paga, quando un papà con un bambino di circa tre anni in braccio mi è venuto incontro. Non trova un reparto pensavo e invece mi ha chiesto se avevo una sigaretta da offrirgli. Gliel’ho data ma mi è venuto da guardarmi in giro per vedere se qualcuno mi vedeva. Lui mi ha sorriso, sembrava meravigliato, e così mi è scappato: se mi vedono mi fanno il culo, qua vogliono fare divieto di fumo in tutto l’ospedale, spazio esterno incluso. Grazie, lei simpatica, mi ha risposto. E gli veniva da ridere, si vedeva benissimo che gli veniva da ridere. E così veniva da ridere anche a me, di riflesso. Ci siamo augurati buona giornata, poi ho aggiunto: facciamo che l’accende quando non ha suo figlio in braccio. Facciamo di sì, mi ha detto sempre sorridendo.
Ogni tanto non controllo bene quello che dico, mi scappa quello che penso, e poi me ne vergogno tantissimo. Meno male che andavamo in due direzioni differenti.

borse e sangue - maiali e muri

La conclusione di Pesie è che non si può fare una borsa di seta con l’orecchio di un maiale.
(Che fortuna essere orfano Sholem Aleichem pag.40)

Secondo me è molto più bello di: non si cava il sangue dalle rape, che poi io non dico dalle rape ma dai muri. La maggior parte delle persone che conosco dice dalle rape, io ero abituata a sentire dai muri. Dico dai muri.

domenica 26 giugno 2011

sulle urgenze

Qua c’è poco da girarci intorno, bisogna solo rassegnarsi all’evidenza: se si leggere per più di tre ore consecutive arriva il mal di testa. Lo stesso capita a stare troppo davanti al computer. C’è poco da non puntare la lampadina sulla pagina, c’è poco da abbassare l’illuminazione. C’è niente da fare. L’astigmatismo è peggiorato e ho idea che si sia aggiunto qualche altra cosa. Altro che: signora si sforzi che poi l’occhio s’impigrisce. Urge un contatto ravvicinato con un oculista. Punto.
(comunque, mal di testa a parte, Mama Tandoori mi è piaciuto)

sabato 25 giugno 2011

la casa di Pippo



Ultimamente ho trascurato un po’ la casa (si può leggere tranquillamente era un casino tremendo) e così un po’ ieri e un po’ oggi ho iniziato a mettere a posto e a pulire (per dare l’idea la valigia era in sala aperta con ancora metà della roba dentro da domenica sera). Non è ancora tutto a posto ma pian piano finirò. Per oggi basta, mi sono stufata, ‘sto pomeriggio faccio dell’altro e poi voglio anche andare a cercare la cornice per il mio gufo. Io quando c’è casino o quando ci sono le cose rotte o le lampadine fulminate da giorni dico: Eh, sembra la casa di Pippo sarebbe il caso di fare qualcosa. Lo dico a me stessa ma lo dico anche a Daniele che alcune cose sono strettamente sotto la sua giurisdizione. E oggi mentre facevo giù la polvere mi è tornato in mente un fumetto. In quel fumetto lì c’era Minnie (a me Minnie e anche Topolino stavano antipatici mentre Pippo stava molto simpatico) che faceva una sorpresa a Pippo e gli puliva casa. Quando lui tornava e si accorgeva di quello che era successo correva in camera e guardava il comodino disperato. I numeri di telefono erano scritti nella polvere, li aveva persi tutti.

venerdì 24 giugno 2011

felini svedesi


(gatto svedese)


(leone svedese, con permanente)

San GiBi

San Giovanni Battista è il patrono di Genova
San G.B. è il 24 giugno
Quest’anno il 24 giugno è un venerdì
Io ho davanti un fine settimana lungo tre giorni

giovedì 23 giugno 2011

un commento materno

Oggi sono passata in libreria, dei tre libri che cercavo non ce ne era neppure uno. Li ho ordinati, arriveranno a metà settimana. Mi son messa a girare con calma, tanto avevo tempo. Sia mai che esca a mani vuote. Fabio poi sa far bene il suo lavoro e mentre giravo arrivava con in mano un libro, Questo lo conosci? mi diceva e poi me lo passava. Uno alla volta che io sono un po’ lenta e se mi metti in mano troppa roba poi non guardo niente. Tra i libri che mi ha mostrato c’era un libro che ha superato benissimo la prova delle due facciate a caso e che in quarta ha un disegno di un peperoncino e si può leggere (tra le altre cose) Non è vero niente! e poi a capo La mamma dell’autore. È uno dei due libri che ora sono qua sul divano con me. Ancora nel sacchetto, mi sa per poco.

mercoledì 22 giugno 2011

sospetto gufi nella palude



Sabato sera a cena eravamo in quattro, la mia amica-barra-collega, Yenan, che ci aveva fatto da guida fin dalla mattina, una ragazza australiana che lavora a Stoccolma da qualche anno nel laboratorio di Yenan e io. Questa ragazza (non mi ricordo già più come si chiama) ci ha raccontato che era stata a una mostra che una sua amica aveva aperto il giorno prima. Così domenica mattina, che veniva giù un’acqua che metà era sufficiente per dare origine a una controevoluzione, che in italiano penso sia una involuzione, insomma a una cosa che dà origine a branchie partendo dai polmoni, la mia amica-barra-collega ed io abbiamo deciso di vedere se la trovavamo. L’abbiam trovata con facilità perché era vicina a una statua di San Giorgio che uccide il drago che avevamo visto il giorno prima e che mi aveva colpito perché il drago era magrissimo. Mai visto un drago così magro, mi dicevo, 'spetta che lo fotografo così poi me lo ricordo meglio il drago magro. Ci siamo rifugiate là alla mostra per un po’. Ci abbiamo trovato la ragazza australiana della sera prima che ci ha presentato l’artista. Ci siamo guardate i suoi lavori. Non era uno stile che mi entusiasmasse ma ce ne era una che mi piaceva. Siamo state un po’ lì a parlare e io ogni tanto mi spostavo e tornavo a guardarmi il gufo. Dopo un po’ di questo avanti e indietro mi son decisa a chiederle che cosa voleva dire la scritta Jag anar ugglor i mossen. Era lì, dentro la luna, sopra la testa del gufo. Lei mi ha risposto che in inglese si traduceva: Sospetto gufi nella palude. Io quando l'ha detto non ho capito e me lo sono fatta ripetere una seconda volta ma non era che non avevo sentito era proprio che non capivo perché io quelle due parole, gufi e palude, non le conoscevo e c’era poco da farsi ripetere la cosa. Mi son scusata perché continuavo a non capire. Lei mi ha detto che il senso di quella frase era: ho il sospetto che qualcosa non vada e che anche se non capivo la traduzione letterale era lo stesso, che era un modo dire loro ma che quello che contava era il senso.
Ecco, io quella sensazione là, quella di sentire che c'è qualcosa che non va e non capire che cos'è, la provo abbastanza spesso così ho deciso che mi portavo il gufo a casa. Di ogni lavoro aveva fatto venti coppie, il prezzo era ragionevole, duecento corone (circa ventidue euro) e sabato vado a vedere se trovo una cornice che ci stia bene.

martedì 21 giugno 2011

lunghissime


Le giornate erano lunghissime, non nel senso che non finivano più. No, non in quel senso, nel senso della luce. Una sera abbiamo visto sorgere la luna dal lago. Erano le undici passate e c’era luce. Io poco dopo sono andata a dormire. Una mia amica che è rimasta sveglia quasi tutta la notte, la mattina dopo mi ha detto che alle tre era sorto il sole.

cambiamenti

Durante la scorsa settimana il popolo del 45 è cambiato. Non sono ancora abituata. Ho perso la settimana dell'interregno. Son spariti gli universitari e son comparse le mamme con i bambini e gli ombrelloni e le borse frigo con il pranzo e le retine con dentro il secchiello e la paletta. Son anche cambiati gli orari delle partenze. Adesso voglio vedere quanto ci metto a imparare l’orario estivo.

lunedì 20 giugno 2011

Tammsvik

Ieri sera, saran state le undici e mezza, minuto più minuto meno, son tornata a casa. Son stati sei giorni molto belli. Ho imparato un po’ di cose, ho vinto abbastanza bene la mia lotta con le macchie sul collo e Stoccolma mi è piaciuta molto. Lo svedese è una lingua strana, se la senti non capisci niente, neppure se quel suono è un verbo o un nome, se la vedi scritta va già un po’ meglio, alcune parole ricordano quelle tedesche. C’è una lettera bellissima, è una a con un cerchiolino sopra si legge o, non proprio o, più un suono che ricorda la o tedesca con la dieresi.
Il congresso era in un posto perso nel nulla, bello, silenzioso, in mezzo al verde, c’era anche un lago e miriadi di zanzare che erano lì a passare le vacanze, molto contente dell’arrivo dei congressisti. Un posto realmente perso nel nulla, non perso nel nulla per modo di dire, il tassista non riusciva al trovarlo nonostante il GPS acceso. Dopo un po’ che giravamo nella campagna ha chiesto a due persone che passavano di là con un cane. Meno male che le abbiamo trovate quelle due anime.

La stanza dove ci trovavamo sembrava un aula grande. Con i banchi da quattro posti, sedie dure ma comode e un bello spazio per appoggiare il libro degli abstract (non son sicura ma mi sembra che se si scrive in italiano il plurale delle parole inglesi non si metta, boh facciam che sia così e andiamo avanti) e avanzava anche spazio per il quaderno degli appunti. L’aria scuola ci portava a ritornare ogni giorno allo stesso posto. Io son finita per caso tra due che stimo moltissimo. Ho messo lì la mia roba prima di andare a fare colazione che se finisco lontana poi mi distraggo e mi metto a pensare ad altro. Ero fin imbarazzata lì nel banchetto in quarta fila con JT a sinistra e PP a destra che son ventenni o forse più che leggo i loro articoli. Speriamo che per osmosi mi sia arrivata un po’ della loro testa. Era un congresso molto democratico, tutti quelli che parlavano avevano a disposizione un quarto d’ora di tempo (totale, spazio per domande incluso).

È stato un bene essere al secondo giorno, di mattina (così non mi sono rovinata il pranzo). E poi ho potuto vedere come funzionavano le cose. Avevamo i microfoni stile Madonna, quando ho visto quella roba lì ho pensato: andiam bene, andiamo proprio bene. Il giorno dopo ho optato per la coda di cavallo (e così dietro lo passavo facilmente, senza star lì a spostare capelli) e per un paio di pantaloni (che permettevano di agganciare la scatolina senza tenerla in mano, lasciando così una mano per il puntatore e l’altra per far andare avanti le diapositive con la freccetta del computer. Alle domande sono riuscita a rispondere, era la cosa che più mi preoccupava. Una me la sono fatta ripetere che non avevo mica capito che cosa mi aveva chiesto e nella risposta ho preso la cosa un po’ da lontano. Tornata a posto mi è venuta in mente una risposta un po’ più diretta, ma comunque direi che me la sono cavata abbastanza bene.

lunedì 13 giugno 2011


Domani me ne vado là dove c’è quella bandierina. È un posto con un nome difficilissimo che sta a quaranta minuti di macchina da Stoccolma. È un periodo questo che vado in giro. Mi sarebbe piaciuto di più che fossero stati lontani (nel tempo) i miei due viaggi. Invece no, son vicini. Posso mica cambiare le date a mio piacimento. E ora sarebbe il caso di pensare a cosa portarmi, di stirare quello che mi serve, far la valigia, scegliere che libro prendere, provare anche a ripetere che ‘sta volta il tempo è poco, non ci si può perder via con frasi che si potrebbero evitare, e poi c’è l’handicap della lingua. Quello che mi preoccupa di più sono le domande. Se le domande non si capiscono è un casino dare delle risposte. Va beh, speriamo in bene. Tanto mi capita così ogni volta: quando manca tanto son piena d’entusiasmo, il giorno prima invece son là a dirmi: ma chi me l’ha fatto fare? Poi di solito mi passa quando arrivo. Vedremo. Di positivo c’è che è proprio su quello che cerco di studiare, e poi sono al secondo giorno, avrò un po’ di tempo per abituare l’orecchio.
(mi sa che, per chi ne ha voglia, ci si rivedrà lunedì)

persino

un Sì rosa
un Sìì giallo
un Sììì grigio
un Sìììììììììììììììììììììììììì verde

ma che contenta che sono.
Sì sì sì sì proprio contenta.
Eh già, quattro volte contenta direi persino.

domenica 12 giugno 2011

sul ragionare

La prima sera siamo andati a cena a Scilla, un posto bellissimo, abbiamo mangiato pesce spada ai ferri in un ristorante che aveva una terrazza in riva al mare e gli uomini del gruppo hanno fatto i galanti e ci hanno lasciato i posti tavola in modo che potessimo gustare anche il panorama. Andando a Scilla siamo passati in un punto che è quello dove vorrebbero costruire il ponte sullo stretto. Ogni tanto mi meraviglio di quanto poco ragiono sulle cose, non è che non sapessi dov’è Reggio ma vedere quanto era vicina la Sicilia mi stupiva. Tanto.

andando in giro




Avevo scelto di partire con il volo delle sette e un quarto anche se sarei riuscita a prendere quello delle tre e un quarto. Non ero mai stata a Reggio e mi sembrava un peccato non farmi un giro per la città. Così mi sono trovata con quattro ore a disposizione per fare quello che volevo, dovevo solo non perdere troppo l’orientamento che avevo appuntamento con la taxista davanti all’albergo. Sono andata a vedere il castello, il duomo, ma solo dall’esterno perché era chiuso, mi sono fatta una vasca in centro e una sul lungo mare, e poi sono andata a cercare i Bronzi. Li stavano restaurando e non erano al museo ma al palazzo della regione (mi son mezza persa ma poi l’ho trovato), eran là distesi, sedere all’aria, poverini, secondo me non erano molto contenti con tutte quelle sonde che entravano dai piedi e dalla testa. Ho provato ad accucciarmi a terra per vederli in faccia ma anche così si vedevano poco. Si vedevano meglio nel filmato, che ho seguito anche se mi sembrava strano guardare un monitor invece che loro, poi li ho salutati e sono andata a prendermi un gelato, cioccolato e pistacchio, in quella che mi era stata indicata come la migliore gelateria della città. Era realmente buonissimo, trovare il pistacchio buono e non una cosa verde fluorescente che vagamente sa di pistacchio non è facile.




(sul lungo mare ci sono tre statue di un’artista che si chiama Rabarama. Tornata a casa ho scoperto che in realtà si chiama Paola Epifani, è del 69, è nata a Roma ma vive e lavora a Padova)

sabato 11 giugno 2011

gli immunogenetisti non son normali

Sono molto contenta, son stata benissimo in questi giorni. Fantastica la voglia di collaborazione che ha regnato (alla faccia di chi è solito difendere la proprietà dei propri risultati con dei muri alti metri, e ce ne sono tanti tra chi conosco), ottimo il livello del corso (mi sono piaciute tutte le presentazioni ad eccezione di una), straordinaria l’ospitalità e molto buono anche il cibo (a me mangiare piace, non posso non notare certe cose). Gli immunogenetisti non son normali, si sta benissimo insieme. Io non ne frequento di solito e mi sento un po’ strana e diversa con la mia gioia da sequenza, col sorriso che mi si stampa in faccia quando trovo un allele nuovo o quando mi sembra di aver trovato un aplotipo che non è ancora stato descritto e invece lì eravamo tutti malati della stessa malattia. Ma tutti tutti, da chi è prossimo alla pensione a chi si è laureato da pochi anni. Son tornata a casa, con una gran voglia di lavorare e collaborare, cinque indirizzi mail, una bustina con dei semi di una pianta che si chiama orchidea della sposa e che mi sono stati regalati da una collega di Reggio con tanto d’istruzioni sulla semina scritte da sua mamma a mano sulla busta. Nelle pause, a pranzo, a cena, si è parlato di tutto: di lavoro, di esperienze personali, di viaggi, di come fare per cercare di abbassare il prezzo di alcuni prodotti. Sì, anche di quello. C’è un kit per estrarre DNA dalla saliva, costa una fucilata, lo usano soprattutto quelli che fanno medicina legale e invece potremmo usarlo tutti, da chi lavora con sangue di pazienti HIV infetti (e maneggiare saliva al posto di sangue abbassa molto i rischi) a chi lavora con sangue di pazienti di età pediatrica e quella donna fantastica che è il mio ex capo pavese si è messa in testa di fare una rete che dai laboratori arrivi ai medici e agli infermieri da una parte, e alle ditte dall’altra. Vorrebbe anche fare una specie di pubblicità, una fotografia con dei bambini che dicono: un ago? ma io ci sputo sopra.

mercoledì 8 giugno 2011

a sabato

Aggiornamenti
- Unico ha fatto il suo lavoro, mi sembra che così possa andare
- tra due ore scarse me ne vado in aeroporto e, per chi ogni tanto passa di qua, ci si rivede sabato (se ne avrete voglia)

E poi
sono molto curiosa di conoscere un professore che lavora a Cagliari. Parliamo dello stesso argomento e allora una delle organizzatrici mi ha chiesto di scrivergli per metterci d’accordo. Messa così non rende l’idea. Rifa. Chi mi ha invitato è la responsabile di uno dei due laboratori dove son stata tesista nel lontanissimo biennio 85-87. Mi ha chiamato e mi ha detto: senti Latte pensavo che invece di invitare il tuo capo, che lo invito spesso, potresti venir tu a Reggio Calabria. Poi dopo circa un mese mi ha mandato una mail dandomi l’indirizzo di questo professore. A me scrivere le mail di quel tipo lì, a una persona che non conosco, è sembrata una cosa difficilissima. Poi un testo l’ho tirato giù e gliel’ho mandato. Lui mi ha risposto nel giro di un’ora e la mail di risposta iniziava: Gentilissima Dott.ssa Latte Ai Gomiti, non si stressi … Io non so agli altri ma a me uno che mi risponde così sta già molto ma molto simpatico e ora son curiosa di vedere che faccia ha, che voce ha e come sarà la sua presentazione.

E infine
sulla timidezza: coi vestiti estivi è un casino coprirsi il collo. D’inverno vien più facile. E se si sa già che appena si inizierà a parlare inizieranno a comparire delle macchie rosse che dal mezzo delle tette saliranno e saliranno lungo il collo e poi si spera si fermeranno senza tramutarmi nella mamma di Heidi con due ruscetti tendenti allo scarlatto al posto delle guance si deve per forza scegliere il vestito più accollato dell’armadio e sperare in bene (tipo illuminazione scarsa).

martedì 7 giugno 2011

singing in the rain

Me ne andrei a letto subito, senza neppure passare dal via. Mi butterei giù e bon, per oggi basta. Se son così stanca adesso tra qualche anno che cosa sarò? andrò a dormire alle otto? sverrò sul divano con la testa che ciondola indietro e attaccherò a russare? magari invece sarò arzillissima, magari sarò una di quelle vecchiette che dormono poche ore per notte, fan la settimana enigmistica sulla panchina lungo il mare e dan da mangiare ai gatti del quartiere. Va tu a sapere.
Comunque ‘sta sera si passa dal via per benino che questa mattina venivan giù le cascate dal cielo e un automobilista molto simpaticamente ha centrato una pozzanghera (una pozzanghera che secondo me aveva manie di grandezza e si sentiva lago) e mi ha lavato. Se c’è una cosa che mi dà fastidio è l’acqua nelle scarpe. Stavo andando a fare il controllo dei nei e così la cosa mi ha fatto ancora più fastidio che poi sarei stata lì con i piedi neri causa pediluvio in acqua marcia proveniente dalla pozzanghera con manie di grandezza, centrata da un cafone che passava a tre millimetri dal marciapiede a velocità elevata alzando onde al suo passaggio neppure fosse Mosè in fuga dall’Egitto. Poi ho preso un autobus strapieno e dopo poche fermate si è fermato e non ripartiva più. L’autista si è alzato, si è voltato verso di noi e ha esclamato: o scendono almeno venti persone o non si riesce a muoversi da qua. E così son scesa che già ero sui gradini con la maniglia che c’è sulla porta dietro la schiena e mi son messa pazientemente ad aspettare quello dopo, che naturalmente era anche lui bello pieno ma almeno andava senza grossi problemi. Me son fatta una ragione di quell’inizio giornata poco piacevole, ma solo perché non vedevo altre soluzioni. Comunque il piede più pediluviato era il destro mentre quello che ha uno dei nei da tener sotto controllo è il sinistro, quindi nella sfiga è andata anche bene. È il terzo controllo che faccio senza dover poi passare dall’accettazione con un foglio bianco e rosso in mano. Mi sto abituando al fatto di non sentire: se lo togliamo stiam più tranquilli. E mentre andavo a lavorare canticchiavo sotto la pioggia: non c’è due senza tre e il quattro vien da sé.

lunedì 6 giugno 2011

ventun gocce

C’è un amico di mia mamma, Gaetano si chiama ma lo chiamano tutti Tano, che sostiene che nelle bottiglie di vino che sembrano vuote ci sono sempre ancora ventun gocce. E la cosa strana, che ha quasi dell’incredibile, è che se lo fa lui, se lui corica una bottiglia di vino vuota, aspetta un minuto e poi la svuota in un bicchiere ci sono realmente ancora ventun gocce. Gliel’ho visto fare due volte. Ventun gocce, né una di più, né una di meno. A me ogni tanto viene in mente ‘sta cosa delle ventun gocce, e quando ci provo mi viene sempre un numero differente: venti, diciotto, oggi diciassette. Ventuno mai.

sabato 4 giugno 2011

come il Passio

Tagliare, bisogna tagliare ma di brutto e riuscire a dire più o meno le stesse cose. Facile dirselo, da fare è un po’ meno. Ma ho controllato col il timer che uso per cucinare, bisogna far saltar via quasi dieci minuti. Peccato che abbiano cambiato il programma, prima avevo un’ora a disposizione, ci sarei stata. Ora son quarantacinque minuti, non ci sto, posso mica far finta di non aver visto che sul programma definitivo han cambiato. Poi a me le persone che non rispettano il tempo che è stato dato loro stan mica tanto simpatiche, magari anche agli altri. Meglio non rischiare, si taglia. Son tanti dieci minuti. Non in assoluto. Dieci minuti possono essere anche pochissimi. Dipende. Se penso che dove tagliare dieci minuti non mi vengono in mente dei punti furbi. Spero che il caffé di dopo pranzo svegli Unico (che è il mio neurone e dal momento che è rimasto solo soletto io gli ho dato un nome). Unico fa un po’ quello che vuole ma non posso cercare di farlo ragionare che se si arrabbia e mi pianta in asso son problemi (chissà poi perché si dice piantar in asso, se mi ricordo dopo lo cerco). Lui fa quello che gli pare, dicevo, e adesso invece di aiutarmi a risolvere questo problema, che è piccolo ma è pur sempre un problema, mi manda un ricordo. Mia mamma, quando ancora vivevamo insieme, quando telefonava a mia zia si metteva sempre su una poltrona che c’era in ingresso vicino al telefono (non c’erano ancora i telefoni senza il filo), si metteva comoda e mi diceva: sai com’è Latte se poi attacca a raccontare qualcosa ci mette una vita, è più lunga del Passio. Ecco mi sa che la mia presentazione, messa giù così come è ora, se la gioca in lunghezza con il vangelo della Passione.

venerdì 3 giugno 2011

:)))

Io sulla prima pagina degli articoli che leggo metto spesso un commento, se non metto un commento metto un segno per ricordarmi se mi era piaciuto, se varrà la pena riprenderlo in mano. Quando leggo un articolo che non mi piace scrivo b (b di brutto). Che poi uno può benissimo dirmi: scriverai bene tu. Ma non è quello il punto, io lo so che non so scrivere ma che vuol dire? Non so neppure disegnare o dipingere ma so benissimo se un disegno o un dipinto mi piace o no. Tra le cose che ho letto oggi c’era un articolo bellissimo. Bello l’argomento, scritto che andava via che neppure mi rendevo conto di leggere una cosa di lavoro e la discussione, la discussione era da rimanere senza fiato. Da leggerla e sentire dentro la testa: ma guarda che bella discussione, ma guarda te che bel filo che ha trovato, ma come si segue bene. E poi non c’era il riassunto dei risultati. Quello di mettere in discussione il riassunto dei risultati è una strategia molto diffusa, a me quando leggo quelle discussioni lì, che per metà o più sono riassunto dei risultati, vien sempre un po’ di nervoso. Mi vien da dire: ma guarda che l’ho appena finito di leggere il capitolo risultati, ora siamo da un’altra parte guarda lì su che cosa c’è scritto. Discussione c’è scritto. E adesso sono proprio contenta di aver letto quell’articolo, anche se so già che sarà difficile che, tra quello che leggerò ‘sto pomeriggio, ci potrà essere una cosa così interessante e così scritta bene, pace, intanto ‘sta mattina mi sono letta quello. E adesso, cioè non adesso, prima, prima di iniziare la pausa pranzo, su quell’articolo oltre a scrivere Latte che se no dalla scrivania poi sparisce ho messo :)))

giovedì 2 giugno 2011

poi son passata alle poste

Martedì mattina son poi passata alle poste. Tanto aprono alle otto, mi dicevo, secondo me non trovo nessuno a quell’ora, ci metto un attimo. E infatti non c’era nessuno, tempo di capire che tasto dovevo schiacciare (non era difficile, bastava leggere e si capiva), tempo di prendere il biglietto e era già il mio turno. Non ho aspettato neppure un minuto. È bellissimo andare alla poste presto, pensavo. Era realmente il libro che aspettavo, bastava guardare il mittente, non occorreva neppure aprire, ed era lì e non sopra la cassetta delle lettere perché era stato spedito come raccomandata. Ma guarda che gentili che sono, pensavo, già non fan pagare le spese di spedizione, ci mettono anche i soldi della raccomandata. Poi sull’autobus c’era posto a sedere e così per un po’ ho resistito, ho guardato la busta senza aprirla. Se la apro lo inizio, mi dicevo, sicuro che lo inizio, neanche da far scommesse, non c’è gusto, lo sa già, vorrò mica mettermi a far scommesse che non hanno senso, solo che poi ho pensato: ma perché non posso iniziarlo? chi me lo vieta? così ho aperto e l’ho iniziato, ma solo poche pagine, al ritorno sono andata avanti con il libro che stavo leggendo. Poi ieri l’ho lasciato sul divano di proposito sapendo che oggi avrei avuto la mattina a disposizione per fare quello che volevo. E oggi potevo scegliere, star lì a farmi domande sul non senso delle cose che faccio o andarmene da un’altra parte. Ho deciso di andarmene a fare un giro da un’altra parte. Stata benissimo. Ogni tanto facevo delle pause e facevo delle cose ma piccole. A pensarci ora mi sembra che quelle pause, oltre allungare un po’ il tempo del mio giro da un’altra parte, ci siano state bene. C’eran delle date in quel libro, le pause le facevo in base alle date. Tra la fine del 2006 e il 2007 ho messo in lavastoviglie i piatti di ieri sera e le tazze della colazione, tra il 2007 e 2008 ho fatto partire la lavatrice del colorato, tra il 2008 e il 2009 mi son fatta caffé e sigaretta e tra 2009 e il 2010 ho steso il colorato.

un po' più giù

Ci son delle volte che capita di fermarsi e chiedersi: ma ha senso? E a volte capita, quando ci si fa quella domanda, che la risposta non tiri su molto il morale.