Lasciam perdere il fatto che ho fatto due
volte il giro del palazzo perché non vedevo l’entrata. Va be’ c’era un
catafalco davanti, che poi in realtà sarebbe un ponteggio che la nascondeva, ma
c’era anche un poster gigante appeso con su scritto Fondazione Querini
Stampalia: entrata. Lasciam perdere, stendiamo un velo, anche se ci sarebbe da
stendere una coltre da cavallo ma fa caldo. Facciamo che rimaniamo al classico
velo, meglio. Nonostante quest’inizio e ringraziando il fatto che sul retro del palazzo c'era un cartello, sembrava il
cartello delle vie di esodo in caso d’incendio e invece no, era un cartello
messo lì apposta per aiutare chi come me non trovava l’entrata. Voi siete qui,
c’era scritto sopra un cerchietto nero e poi c’erano le frecce su una piantina,
spiegavano che giro dovevo fare per trovare l’ingresso. Lasciamo anche perdere
il fatto che se non vedevo il cartello io di giri ne facevo almeno tre prima di
trovare l’entrata. Nonostante l’inizio non promettente, che dentro di me
sentivo come l’impulso di tornare indietro o fare qualcosa di diverso, poi, una
volta entrata a girare per quelle stanze una più bella dell’altra son stata
proprio bene. Non subito subito però, quasi subito. Avevo deciso di prendermi
con il biglietto anche uno di quegli affari che ci attacchi le cuffiette e
senti una voce registrata che ti spiega qualcosa. Ma sì, mi son detta, la
prendo così aumento un po’ le probabilità di capire che cosa sto vedendo. L’ho
preso, da brava donna altamente tecnologica ho armeggiato un po’ per capire, ho
acceso. E mentre ascoltavo mi dirigevo verso la porta del museo. Tempo di fare
due rampe di scale e la voce si è messa a sbadigliare strascicando le parole in
preda al sonno. Guardo il display e leggo Low Battery e, subito dopo, Bye Bye.
Scendo le scale, torno in biglietteria e dico alla cassiera Ho un problema: mi
è comparso un Low Battery Bye Bye. Mi sa che è un brutto segno. Bruttissimo, mi
ha risposto sorridendo, me lo ha cambiato e io me ne sono tornata su per le scale. Da
lì ha funzionato tutto a meraviglia. Peccato che il nastro fosse con la voce di
uno con marcato accento francese falso. Almeno a me dava quell’impressione, di
un falso francese.
Uscendo pensavo Bello il Bella e mi veniva
come da prendermi in giro per la battuta involontaria e orribile. Poi ho
pensato anche Vedi che ce la fai ancora Latte? Te non disperarti, quest’inizio
era un piccolo banco di prova per farti vedere che se vuoi, anche con un anno in
più, riesci a trovare le entrate e far andare avanti un nastro registrato,
riesci anche a gustarti una visita e a sorprenderti del fatto che a Venezia si
facessero delle specie di corride. Va tu a pensare che cosa si può scoprire. Le
corride, a Venezia. In una tela si vedon tori che scappan su per il ponte di Rialto,
ma ce ne sono anche con tori in Piazza San Marco, nel cortile del Ducale e a Santa
Maria Formasa. Proprio qua dove sono ora, pensavo, c’eran tori legati a delle
corde e cani che li attaccavano e poi, pezzo clou della festa, un macellaio che
li decapitava. Ma guarda tu la civilissima Repubblica cosa faceva per divertirsi.
Chi l’avrebbe mai sospettato.
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