Mi son fatta l’idea che a star dietro alle
piante si sviluppi la pazienza. Ho proprio la sensazione che si rafforzi. Un
bell’esercizio che funziona anche nell’immediato. Ho appena fatto un
esperimento. Ho cambiato la terra a un’orchidea piano piano perché non avevo un
altro vaso trasparente e non è che per salvare il vaso potevo spezzare le
radici, sarebbe stato un controsenso, e poi, quando dopo mezz’ora di attenzione mi sono
seduta sul divano bella contenta, è arrivato uno scroscio d’acqua e io avevo il
bucato steso fuori. Ho portato dentro il bucato, bagnandomi, e mi sono accorta
che avevo lasciato le zompettate sul pavimento della cucina e così ho ripassato
il mocio. Era ancora bagnato e Daniele è andato a prendersi un bicchiere
di Coca e io mi son detta Non c’è due senza tre, ho aspettato che uscisse e ho
dato un’altra passata. Poi però ho messo il manico del mocio di storto tra i
due muretti della cucina perché il proverbio dice Non c’è due senza tre e il
quattro vien da sé. Ma io non sono (ancora) così allenata.
Ma così belle
3 ore fa
2 commenti:
Bello e vero quello che dici delle piante (come sempre)(almeno credo sia vero, perché io di piante non ne ho).
La storia del pavimento, invece, e scusami tanto se mi permetto di dirti così, rivela un tratto neanche troppo lievemente ossessivo. Intendiamoci, finché l'ossessione si esplica con la pulizia, tanto meglio
A Natale mia sorella mi ha regalato Manuale di pulizie di un monaco buddhista. Spazziamo via la polvere e le nubi dell'anima di keisuke Matsumoto, o meglio Matsumoto Keisuke, come loro dicono (Vallardi, trad. it. di Ramona Ponzini, € 12,50). È molto simpatico e contiene più di un briciolo di verità.
Rimanere impassibile al riformarsi dello sporco (nel senso di non tirar giù un porcone, non nel senso di non ripassare lo straccio) è un po’ un esercizio da monaco buddista non pensi? Comunque sono ossessioni momentanee, adesso sul pavimento c’è già una macchia di caffè e se ne rimarrà lì per un po’, mi sa.
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