Ieri sera io e il nuovo peloso che abita con
noi da alcuni giorni abbiamo parlato. Me lo sono messa sulla pancia Mozzarello,
gli ho detto, te ed io dobbiamo chiarirci ché così non va bene. Lui si è offeso
Sono un gatto nero, come mi hai chiamato? Sono arrabbiata, gli ho risposto, e
quando sono molto arrabbiata colpisco, guarda che posso fare di meglio senza
troppi sforzi. Scolta, io sono per dire le cose prima che prendano delle pieghe
difficili da cambiare. Sei giovanissimo, ho continuato, hai solo dieci mesi e
io non so come sei stato abituato fino ad adesso ma in questa casa ci sono
delle cose che chi abita qua deve fare. Lui mi guardava perplesso ma io ero
decisa e quando mi decido c’è poco da fare, vado avanti finché mi lasciano
andare avanti. Lui non graffiava, ha iniziato a fissarmi negli occhi, io ricambiavo lo sguardo e continuavo a
parlare. La sera prima di andare a dormire ci si dà la buona notte e la
mattina, quando ci si sveglia ci si dà il buon giorno. Non è solo educazione e
che in questa casa non si dividono solo gli spazi. Io quando esco per andare a
lavorare ti saluto e ti faccio due frasche, tu quando torno mi saluti. E poi
c’è anche un’altra cosa che proprio non va bene, devi capire la differenza che
c’è tra la tua sabbia e la terra delle mie piante. I tuoi bisogni li fai nella
tua cassetta e non venirmi a dire che vuoi concimare le mie piante perché non
son nata ieri e tu non sei il primo gatto che vive con me. Bon mi sembra di
essere stata chiara, te pensaci poi domani mi dici che cosa ne pensi.
E oggi ho pulito casa in compagnia di un gatto
che mi seguiva ovunque, giocava con il mocio, annusa qualsiasi cosa, faceva le
fusa, gli otto tra le gambe quando mettevo su il caffè. Poi ci siamo fatti
anche un due ore sul divano insieme, lui dormiva e io leggevo. È presto per
dirlo ma mi sa che potremmo diventare amici.