Per
due giorni, giovedì pomeriggio, tutto venerdì e sabato mattina, c’è stato un
congressino qua a Genova e io ci sono andata. Mi è piaciuto. Dovevo parlare
anch’io, poco poco per fortuna, che io prima dico di sì Che bello, dico,
Grazie per avermi invitata, dico anche, poi però come vedo un microfono ho un
attacco di colite e penso Ma perché ho detto di sì? penso anche E se poi non
capisco le domande che son anche in una lingua che non è la mia? Dovevo parlare
il venerdì mattino, alle nove a voler essere precise, e così giovedì ma anche
venerdì non mi sono goduta molto il fatto che ci incontravamo nell’acquario. Sabato
invece, iniziava alle otto e mezzo e io alle otto ero già là, ho incontrato una
collega e ci simo messe a girare. Non c’era ancora nessuno, non era ancora
aperto al pubblico. Le vasche non erano ancora illuminate. Girando abbiamo
trovato la vasca dei delfini e ci siamo fermate a guardarli. Erano bellissimi.
Pioveva qua venerdì e dalla nostra posizione vedevamo loro che nuotavano e la
pioggia che cadeva sull’acqua, ma la vedevamo da sotto, come la vedono loro.
Poi abbiamo messo una mano sul vetro e il più piccolo dei due delfini quando
passava dove era la nostra mano strisciava contro il vetro. Sembrava si volesse
prendere le nostre carezze. Quando poi ci siamo rese conto che era il caso di
tornare verso la sala se non volevamo arrivare in ritardo lo abbiamo saltato.
Abbiamo fatto proprio ciao ciao con la mano, come quando si saluta un bambino,
e lui, sempre il più piccolo dei due delfini, si è messo in verticale e ha mosso
una pinna. Io lo so che non ci ha
salutato, la mia parte razionale lo sa benissimo ma se dovessi dire quello che
ho provato, ecco, allora io direi che ci ha salutate.
Giuseppe Verdi
7 ore fa
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