Riparare
orologi gli procurava una sensazione di
gioia fredda, la graduale ripresa di un ordine delle cose. Era un’esperienza
non dissimile dalla convalescenza, un piacere quasi matematico, qualcosa di non
così distante dalla musica.
Gioiva del suo lavoro alla luce di una lampadina
che mandava un fascio di luce intenso e sottile, si infilava una lente
d’ingrandimento dentro l’occhio sinistro, prendeva delle pinzette, le sue mani
sapevano essere precise, fredde e composte. Fissava una ruota del tempo
deragliata e le ridava movimento giusto. Non di rado stabiliva il prezzo della
riparazione sulla base del piacere che il lavoro gli aveva procurato.
Amos
Oz – Tocca l’acqua, tocca il vento – trad. Elena Loewenthal - pag. 50
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