lunedì 22 giugno 2015

peggiore


Quest’oggi rimuginavo dei pensieri, su cose successe, sentite, lette. E mettendo tutto insieme, facendo un sunto del sunto, cercando di trovare che cosa univa quei pensieri, quei mezzi ragionamenti, quei ricordi, io direi che la frase migliore che mi viene in mente ora è questa Secondo me, peggiore dello sbagliare c’è solo l’essere convinti di aver sempre ragione.

domenica 21 giugno 2015

cambio di vocale


Io, secondo me, facevo molto meglio a fare ciò che volevo invece di ciò che dovevo. Secondo me a quest’ora sarei meno incazzata di quanto sono ora. Ma del senno di poi son piene le fEsse. Chissà se imparerò mai a ascoltarmi o se il senso del dovere l’avrà sempre vinta. 

venerdì 19 giugno 2015

citazioni


Io oggi, ogni tanto, mi fermavo e dentro di me mi ripetevo Non è bello ciò che è bello, ma che bello che bello che bello*. E poi succedeva che andava meglio.

* Nino Frassica

giovedì 18 giugno 2015

le cose son due


Io non ce la faccio più. Il tempo non mi basta mai. Più faccio e più dovrei fare. Qua c’è da prendere dei provvedimenti seri. Mica quelle cose tanto per tamponare, tipo  questa domenica pomeriggio invece di lavorare mi butto sul letto a leggere. È che io nel mio profondo sono un’anarchica mancata. Non mi piacciono le cose imposte, mi piace l’assenza di capi e regole. Mi piace la libera collaborazione, il saper vedere senza che nessuno ti obblighi a vedere. E io oggi avevo i campioni da fare, uno tra l’altro era sospetto HCV e dovevo stare ancora più attenta del solito a maneggiare il sangue e poi c’era tutto da disinfettare e i risultati da mandare e il seminario a manca un quarto alle cinque e la telefonata che domani mattina devo fare da preparare, da riguardare delle cose. Mi sembrava già piena come giornata. Ed è saltato fuori che qualcuno ieri ha spaccato il vetro della porta della stanza che abbiamo al piano di sotto, nei sotterranei. Probabilmente un atto vandalico. E quattro, dico quattro, colleghi sono andati in quella stanza, hanno aperto la porta, hanno fatto una camminata sui vetri, fatto quello che dovevano fare, ricamminato sui vetri e chiuso la porta. E chi è che ha chiamato per chiedere di sostituire il vetro? Chi ha preso la scopa e la paletta e tirato su i vetri? Che lo so che son due cose che si fanno velocemente, che ci metto più tempo a scriverle qua di quello che ci ho messo a farle. Però perché sempre io?  Perché a nessuno è venuto in mente di farlo? Perché quando ho chiesto a una persona se poteva fare la richiesta via computer che era necessaria anche quella mi ha guardato come se le stessi chiedendo un pezzo di luna? Perché quella persona mi ha dovuto dire che l’aveva fatto ma che aveva dovuto sfogliare l’elenco via computer, ottanta voci (righe) perché non trovava rottura vetro? e me lo diceva come se fosse colpa mia che non trovava Rottura del vetro di una porta e ha dovuto metterlo lei nella casella della richiesta. Son mica stata lì a dire che di telefonate ne avevo fatte sei prima di trovare qualcuno in quell’ufficio. Va bene che mi hanno nominato addetta alla sicurezza ma a casa loro se si spacca il vetro di una porta aspettano che finisca di cadere del tutto prima di tirarlo su? Aspettano che qualcun altro tiri su e chiamo il vetraio? 
Ed è un periodo che queste cose mi fanno male e, secondo me, le cose son due, o son mezza esaurita o sto invecchiando malissimo. 

sabato 6 giugno 2015

balzellamenti


È un periodo che ho talmente tante cose da fare o da finire, e che se non finisco è esattamente come se non avessi fatto niente, che balzello priva di grazia (come solo io so fare) da una cosa all'altra. E questo dispendio d’energie, questo mio balzellare continuo, io lo so che non porta a niente, lo so che dovrei fermarmi un attimo e capire da dove sia il caso d’iniziare. Però, tant’è, continuo a balzellare, stancandomi il doppio e concludendo la metà. La metà a esser ottimiste.

mercoledì 3 giugno 2015

ero partita con il piede sbagliato


Ero partita con il piede sbagliato, decisamente sbagliato. Devo farlo, lo faccio, mi dicevo. Ma che cosa ci diranno dalle nove del mattino alle sei del pomeriggio? mi domandavo. E non mi posso neppure distrarre che poi devo far le crocette, continuava il discorso tra me e me mentre andavo a lavorare. E invece è stato un bel corso, utile, ho anche scoperto delle cose che mi son servite e spero mi serviranno anche in futuro. Non solo cose sulla sicurezza ma anche cose di come son fatta su io. La mattina era quasi tutta didattica frontale, il pomeriggio no. Il pomeriggio mi son trovata a fare giochi insieme a altri colleghi e a fare qualcosa di lontanamente collegato con il teatro d’improvvisazione. Perché chi guidava il pomeriggio è proprio un insegnante di teatro d’improvvisazione e quando ci ha dato il primo esercizio da fare io un po’ mi vergognavo, un po’, nel sottofondo della mia testa pensavo, Ma che cosa ci sta facendo fare? L’esercizio sembrava semplicissimo. Eravamo poco più di trenta dovevamo camminare in una stanza pensando di essere su una zattera e distribuendoci in modo da non farla ribaltare, quando ci si passava vicino ci si salutava presentandosi con il nome proprio e da quel momento si prendeva il nome di chi si incontrava. Quando, a forza di salutarci, incontravi qualcuno che ti restituiva il tuo nome potevi uscire dalla zattera. Ci abbiamo provato due volte. Un disastro. La seconda volta meglio della prima ma neppure la seconda volta ci siamo riusciti. E all’inizio, chi più chi meno, ci vergognavamo, ma poi è successo che più andavamo avanti più invece che star lì a pensare alla vergogna vedevamo quali erano i nostri errori. Ognuno lavorava sui suoi. Spetta, mi dicevo, hai preso la cosa alla leggera, l’hai considerato un esercizio facile e non sei stata attenta adesso che lo rifai sta attenta per bene a cosa ti viene detto. E la seconda volta ci son stata, più attenta, ma poi mi sono chiesta Ma io quando incontravo qualcuno e gli stringevo la mano lo guardavo o mi interessava solo memorizzare il nome? E mano a mano che andavamo avanti mi son resa conto che sì dovevo farlo ma quella cosa lì poteva veramente essermi utile, essere un’occasione per capire delle cose che potevano darmi un aiuto. In un altro esercizio dovevamo non far cadere un palloncino, chi si trovava vicino ci dava un colpo per tenerlo per aria. Nel frattempo se uno ti diceva qualcosa tu la dovevi passare dicendola a un altro, se ti faceva fare una cosa poi la dovevi passare facendola fare a un altro. C’era anche stato detto che tra noi c’erano due sabotatori che avevano il compito di far cadere il palloncino per terra. Alla fine parte delle cose che dovevamo fare o dire son andate perdute, il palloncino non è mai caduto e ognuno di noi ha dovuto dire il nome di una persona che pensava fosse uno dei due sabotatori. Chi ha raccolto più voti ne ha avuti otto, e una parte di me era anche contenta di aver votato chi poi aveva raccolto più sospetti solo che è venuto fuori che non c’erano sabotatori, che a nessuno di noi era stato dato quel compito. E mi son proprio sentita una merda ad averlo votato, e dal momento che ho votato un collega che conosco son andata da lui e gli ho detto Senti Giovanni mi son sbagliata ma io ti ho visto che avevi il palloncino vicino e non ci davi il colpo per farlo rimanere su. Ma parlando è saltato fuori che lui aveva capito male le regole e pensava che se lo avevi già colpito una volta non potevi ricolpirlo e invece nelle regole c’era che non potevi darci due colpi uno dietro l’altro. E mai e poi mai avrei pensato che potevo accusare, anche se all’interno di un gioco, una persona solo sulla base di una voce.
E poi la pianto qua che son andata troppo per le lunghe ma di cose da dire ce ne sarebbero tantissime. Aggiungo solo che, secondo me, per chiunque non viva sulla cima di una montagna in perfetta solitudine, sempre che la solitudine possa essere perfetta, una cosa del genere potrebbe essere d'aiuto e non solo sul lavoro. 

martedì 2 giugno 2015

verità vere incontrate leggendo


A chi pretende di sollevare un problema etico a proposito del far niente rispondo che veramente immorale e socialmente dannoso è piuttosto il fare molto e male.

Consigli inutili – Luigi Malerba – pag. 56.