domenica 30 settembre 2012

spacciatore (di carta stampata)


Io chiamo i miei due librai preferiti Spacciatori di carta stampata. Mi sa che la voce si sia sparsa perché oggi ho ricevuto un messaggio (sulla pagina di aNobii) di uno che mi diceva che  se volessi risparmiare fino al 50% potevo dare un'occhiata alla sua libreria e trovare dei titoli recentissimi (editi settimana scorsa, metteva tra parentesi) e se non trovavo quello che mi interessava potevo chiederglieli e lui avrebbe potuto reperirmeli. Finiva con un Grazie mille e a presto. Uno spacciatore di carta stampata cortese. Ma io ce li ho già i miei spacciatori fidati e poi a me, quando posso, piace provarla la merce prima di comprarla e quindi mi sa che non se ne fa niente.

sabato 29 settembre 2012

sull'idioziiinsulsaggine



‘Sta mattina ho fatto un po’ di casa ordine, che io non so come riesco a fare tutto ‘sto casino in cinque giorni ma so che ci riesco benissimo, mettendo in ordine ho anche infilato nella libreria Lo scrittore deve morire. Guardando lo scaffale ho sentito Da un punto di vista puramente estetico ci sta male, troppo azzurro, poteva scegliere un altro colore per lo sfondo di copertina. Poi mi sono data dell’idiota e subito dopo ho pensato Si meriterebbe lettrici meno insulse.

venerdì 28 settembre 2012

fumare può essere pericoloso


Oggi eravamo sul terrazzo del lab, io e la mia socia di avventura, eravamo lì tranquille a fumarci una sigaretta, guardando delle foto di gel, cercavamo di capire come andare avanti, quale potava essere la strada migliore. Eravamo concentrate sul da farsi quando è precipitato ‘sto proiettile, si è schiantato al suolo e ha innaffiato la schiena della mia socia. Per qualche secondo siamo rimaste immobili a guardarci, non capivamo. Cercavamo di capire che rumore avevamo sentito, perché c’era dell’acqua. Poi abbiamo visto una bottiglietta  d’acqua da mezzo litro, chiusa, rotta, ancora mezza piena. Era arrivata dall’alto, noi siamo al pianoterra. Ci siamo spaventate, ma tanto. Un signore che passava ha gridato guardando in alto Ma stia attento ci sono delle persone sotto. Io mi sono sporta e ho guardato su, non si vedeva nessuno. È un padiglione con solo laboratori, era stato un adulto, uno di noi, non poteva essere un bambino che giocando aveva fatto cadere una bottiglietta. Il non vedere nessuno e il non sentire niente mi ha mandato il sangue agli occhi. Ho un brutto carattere lo so ma il rendermi conto che chi aveva fatto cadere la bottiglietta non pensasse che fosse normale vedere che nessuno si fosse fatto male mi ha fatto proprio arrabbiare, così ho urlato Guarda che accertarsi che nessuno si sia fatto male, dire Mi dispiace, o anche solo Scusa, è il minimo. Si è sporta una collega e ha detto Mi è caduta mentre bevevo e poi è sparita nuovamente. Sarà stata la paura che ci aveva messo in circolo delle sostanze strane, sarà stato il pericolo scampato, ma noi a pensare che avevamo una collega che sapeva bere dalle bottigliette chiuse ci ha fatto sorridere.


giovedì 27 settembre 2012

punto esclamativo


A me i punti esclamativi piacciono poco. Li uso anche poco, a volte li uso per autosgridarmi. Quando sbaglio sul protocollo mi capita di scrivere Ho sbagliato! se l’errore è stato stupido magari scrivo Ho sbagliato!!! Anche quando leggo mi piacciono poco i punti esclamativi, però ci sono delle volte che sono bellissimi. ‘Sta sera stavo stimbrando quando ho sentito che era arrivato un messaggino, ho preso in mano il cellulare e ho letto Abbiamo l’acqua calda!!!!!!! L’ho trovato un SMS bellissimo. Anche il bagno di ‘sta sera era un bagno bellissimo, un bagno da almeno quattro punti esclamativi.

martedì 25 settembre 2012

dei regali


Ogni tanto mi faccio dei regali. Giovedì mi sono regalata un romanzo* (anche un mazzo di fiori, ché giovedì ero contenta di me, cosa che mi capita raramente e così poi ero in vena di trattarmi bene), sabato il tempo per leggerlo e oggi un'uscita dal lavoro calcolata in modo di arrivare in libreria in tempo per sentire la presentazione. A me non piace andare a sentire la presentazione di un libro che so che leggerò. È una cosa stupida, lo so benissimo, però non posso farci niente. È così. C’è, nella lettura, questa cosa bellissima che è l’essere lì con quell’insieme di parole e nient’altro. Nessuno che racconta, nessuno che spiega, nessuno che seleziona delle parti, nessuno che legge. E il tono e il ritmo lo dai tu leggendo, e le voci le decidi tu e le immagini, se le vuoi mettere, le metti tu. Con questo non voglio dire che il testo non abbia già il suo tono e il suo ritmo (e che sta a chi lo legge rispettarlo) e neppure che non ci siano nel testo delle frasi che suggeriscano voci o immagini ma, almeno a me, succede che se vado a sentire una presentazione, in qualsiasi modo sia impostata, poi succede che quello che ho sentito influenza la mia lettura, e quella è una cosa che non mi piace tanto. Sapevo che quel libro doveva uscire e sapevo anche che l’avrei letto. Speravo che sarebbero passati ma ero convinta di avere tempo. Inizieranno con le regioni dove vivono, pensavo. Han iniziato da Genova. Finito il romanzo mi son detta Eh, bella l’idea di partire da Genova, ci sta bene. Un pensiero decisamente originale, così originale che l’ho sentito anche ‘sta sera. Va be’ sorvoliamo sulla non originalità di quel pensiero. Io oggi son contenta di esser stata lì e questa cosa che ci sia la possibilità di andare alle presentazioni dei libri, e che nella maggior parte dei casi ci siano in quelle occasioni gli autori, è una cosa che può essere molto bella. E mentre tornavo a casa pensavo alle altre volte che ero andata a sentire presentare Morozzi e che ho perso una scommessa che avevo fatto due (?) anni fa con la mia amica C. (stavo per vincere, ero lì che ormai mi sentivo la vittoria in tasca e poi invece ho perso, pace). E poi pensavo che mi era venuta voglia di provare a leggere un libro dell’altro autore che era lì oggi, e adesso mi attacco un po’ al computer e cerco di vedere che cosa regalarmi la prossima volta che entrerò in libreria.

* Lo scrittore deve morire – Gianluca Morozzi e Heman Zed

venerdì 21 settembre 2012

grattacapo



Da lunedì a venerdì saremo senza acqua calda. Cambiano la caldaia. Ecco, queste sono le rarissime occasioni nelle quali vorrei essere una che va in palestra. Lo so che lo sport fa bene, non è che non lo so, ma io nella mia vita senza sport ci sto benissimo, senza acqua calda, invece, ci sto male. Ero là a grattarmi il capo con questo pensiero. Non è la prima volta che rimaniamo senza acqua calda, ma non siamo mai rimasti senza acqua calda per più di due giorni. Useremo la stessa strategia adottata per brevi periodi, dal momento che il gas non ce lo tolgono, andremo di pentolate d’acqua calda. Scomodo sarà scomodo, ma in qualche modo bisognerà pur  fare. 

(foto: Matt Cole , 'Confused Grasshopper')

mercoledì 19 settembre 2012

ci vediamo domani


Ho chiamato mia nipote per farle gli auguri di buon compleanno. Son nove, è una bimba grande ormai. Parlando con lei ho scoperto che la quarta è l’anno più difficile perché è l’anno che si impara tutto e ci sono subito le verifiche mentre la quinta no. La quinta sarà facile perché avrà già imparato tutto in quarta, in quinta si ripassa solo. Magari farà anche qualcosa meglio, ma in quinta si ripassa molto. Io non me lo ricordavo, son rimasta un po’ stupita e stavo zitta mentre me lo diceva, allora me l’ha spiegata per bene tutta questa cosa che la quarta è l’anno più difficile e che la maestra lo dice il primo giorno, così poi si sa che quello è l’anno più difficile e ci si mette a studiare subito. Alla fine della telefonata mi ha detto Ci vediamo domani. Poi si è corretta e mi ha spiegato che lei di solito le telefonate con le sue amiche le finisce così. E a sentire quella frase alla zia si è aperto un sorriso che mica si è chiuso ancora. Abbiam deciso che adesso le telefonate le finiamo tutte così, dicendoci Ci vediam domani. Allora prima di metter giù ha detto Ci vediamo domani, a nuotare a Genova.

lunedì 17 settembre 2012

testa (dis)ordine


C’è un posto che mi piace molto, l’ho scoperto per caso. Gran bella scoperta. Adesso, non adesso adesso, adesso nel senso da qualche giorno, la padrona di casa si è messa a fare una lista. Una lista di buoni propositi. Il primo era Viaggiare leggeri. Poi sono arrivati: ammalarsi quando si può, tenere uno spazio libero, leggere Alice (ri-leggere), ricordarsi di imparare, ricordarsi di avere sempre un ombrello con sé (contro ogni male). Oggi c’è Mettere le cose in ordine (anche nella testa). Mi sembrano tutti dei buoni propositi. Ora, Alice a me non è che piaccia molto, mi stava antipatica Alice quando ero bambina, non ho fatto niente per cambiare quell’idea, però sotto quel disegno c’è scritto Rileggere Alice (e i libri belli) e ognuno ha i suoi libri che ritiene belli, quindi va bene un po’ per tutti, secondo me. A me il buon proposito di oggi piace moltissimo. Io ho bisogno di un buon proposito del genere. Mi chiedevo Come si fa a mettere a posto nella testa? Io lo vedo il casino che c’è là ma non so proprio da dove iniziare. Chissà, magari se faccio un salto all’Ikea trovo qualcosa che mi può essere utile, magari, nascosto subito dopo il reparto casa ordine, c’è anche quello testa ordine.

domenica 16 settembre 2012

eredità scomoda


Ho ereditato da mio padre un senso del dovere decisamente scomodo. Non che mia mamma non l’abbia, l’ha anche lei, ma il suo è moderato. Il suo senso del dovere ha del sentimento, il mio no. Ci pensavo ieri. Ieri sera ero stanca, tanto per cambiare, e pensavo Sfido che sei stanca questa settimana hai fatto due giorni da undici ore, due da più di dieci, uno da nove e oggi hai pulito casa. Domani fai solo cose che vuoi realmente fare. No, domani devi scrivere il progettino per la richiesta di dottorato di chi lavora con te da maggio. Ecco, questo era più o meno il dialogo che facevo tra me e me ieri sera.
Io che son anni che dico a mio padre Senti, sei in pensione goditela un po’, hai sempre lavorato, hai iniziato da ragioniere, ti sei laureato che avevi già due figlie, non ci hai mai fatto mancare niente, ha pagato gli studi a tutti e tre i tuoi figli, adesso prenditela con calma, smettila di fare listati divisi in giorni e occuparti tutta la settimana con degli impegni per poi dire che sei stanco. C’è il sole? Andate a farvi un giro, prendete un bicchiere di vino in città alta, statevene in terrazzo a leggere, a fare la settimana enigmistica, a giocare con i gatti. Prendete la macchina e andate a scoprire qualche posto o a rivedere dei posti che vi sono piaciuti. Non è che glielo dico proprio così, che non son capace a parlare così diretta con mio padre, con mia mamma sì, con lui no. Però il senso di quello che gli dico è quello. Son brava a dar consigli io, a organizzare la mia settimana invece sono un disastro. Ieri sera mi sono autofatta il ca@@iatone che poi ha portato a non puntare una sveglia per ‘sta mattina, adesso mi metto a buttar giù ‘ste sei paginette, che non parto dal nulla, dal foglio bianco, c’è questa magica cartelletta con su scritto Progetti e da lì si copia e si rimpasta e si aggiunge e si toglie. E poi vediamo se mi avanzerà tempo cercherò di non vedere che la roba lavata ieri oggi sarebbe da stirare e vado avanti a leggere La versione di Barney. Quando è uscito in tanti mi han detto Leggilo, è bello, ma dal momento che se mi si dice Leggilo io non lo leggo, è proprio un riflesso, non ci posso far niente, chissà quello da chi l’ho ereditato, dicevo dato che mi dicevano Leggilo, non l’avevo letto, lo sto leggendo adesso e mi sta piacendo. Avevan ragione a dirmi Leggilo.

giovedì 13 settembre 2012

dei Miao


Poi dicono delle donne. Mica vero. Io ero puntualissima. No non è vero, io ero in anticipo, come mi succede spesso. Loro, tutti e due portatori di Y, in ritardo. È che mi muovo in autobus o  a piedi e con l’autobus non poi star lì a fare i conti dei minuti perché metti che lo perdi per un soffio poi son dieci minuti di ritardo se va bene, venti se va male. Così ero in anticipo, di poco, un quarto d’ora. Ero lì che camminavo per andare all’appuntamento e sento Miao, guardo in su e c’era una gatta. Mi son fermata a salutarla, ci siamo scambiate dei Miao. Era una gatta e in quanto femmina aveva voglia di parlare (e essere ascoltata).  Dopo poco ha salutato ed è rientrata. Peccato, era una buona compagnia di chiacchiere. Ho aperto la borsa per prendere le sigarette e ho visto la macchina fotografica. Troppo tardi ho pensato. E poi è successo che, neanche mi avesse letto nel pensiero, è uscita di nuovo.

lunedì 10 settembre 2012

dal 28 giugno


'sta sera, in un momento di abbruttimento, mi sono messa a leggere l’oroscopo di quello là che si vede sempre in televisione all’inizio dell’anno qualsiasi sia il canale sul quale si mette la tele, quello che la k nel nome, quello là che sorride sempre, un sorriso così sorriso che, a me, sembra falsissimo però va tu a sapere, magari è uno sempre felice. Poveretto (traduzione di poareto, secondo me in italiano non rende, ma pace). Ecco ero lì, e ho proprio fatto click sull’oroscopo, che poi per farlo ho fatto click proprio sul suo sorriso e ho letto: Mercurio, pianeta del lavoro e del denaro, resta in Vergine fino a domenica. Ormai non può essere toccato da Giove e Nettuno, perciò... questa settimana potreste ottenere quello che aspettate dal 28 giugno!
Adesso mi domando Ma che cosa sto aspettando dal 28 giugno? No perché qua bisogna star precisi, non quello che mi aspetto dalla fine di giugno o dal 27 o dal 29. Lì c’è scritto dal 28 e poi c’è anche un punto esclamativo.

domenica 9 settembre 2012

sulla scoperta degli errori


Ieri leggendo ho trovato l’espressione “forza belluina” e mi è tornato in mente che da piccola, ma non da piccola piccola, da piccola grandina, io dicevo “forza beduina”. Quando ho scoperto che sbagliavo ci ero rimasta male e mi ero tirata su pensando che forza beduina era (è) più bello di forza belluina e che i beduini, per me, dovevano avere più forza delle belve. Sempre stata un po’ strana.

sabato 8 settembre 2012

chissà


Questa mattina facendo il bagno alle mie orchidee mi sono accorta che una ha una cosa verde piccolissima su uno stelo. Non so cos’è ma a me, come struttura, ricorda la struttura delle foglie. Sembrano due foglie piccolissime. Se son foglie non capisco che cosa ci fanno delle foglie là, su un fusto. Che poi non son mica che si chiami fusto nelle orchidee, insomma quello che sembra un fusto, quello che quando l’orchidea fiorisce ha i fiori. Allora mi è venuto in mente che magari sta nascendo una pianta su una pianta. Chissà.

un effetto stranissimo


Mentre stavamo aspettando di recuperare dei campioni da una centrifuga, una studentessa mi ha chiesto se ho figli, No le ho risposto, e mi sa che mi si leggeva molto bene in faccia che non capivo da che parte era saltata fuori quella domanda così lei ha aggiunto Pensavo di sì, ho visto il libro* che ha sulla sua scrivania. E a me veniva da sorridere pensando alle cose che possono venire in mente delle persone che non si conoscono partendo da quello che si vede di loro, così ho aggiunto È di un autore che leggo volentieri. Da lì siamo andate avanti e lei mi ha detto che legge quasi solo stranieri e mi ha chiesto come faccio a scegliere tra gli autori italiani, che è una domanda un po’ strana, per me, perché io non faccio molta differenza tra italiani e stranieri quando scelgo un libro. Mi è venuto in mente che quando avevo preso in mano il primo libro dello stesso autore ero stata attratta dalla copertina, l’avevo aperto, letto due pagine circa a metà libro e poi mi ero domandata Ma di chi è? Avevo letto nome, cognome, la data di nascita e avevo pensato To, abbiamo quasi la stessa età. Allora le ho risposto Di solito provo a leggere delle pagine a caso e se in quarta trovo la data di nascita guardo se hanno più o meno la mia età o se sono più vecchi o più giovani. Mi sa che la mia risposta l’ha stupita più di quanto abbia stupito a me la sua domanda. Di che anno è lei? mi ha chiesto, Del 64, le ho detto. Come mio papà, ha aggiunto. E a me quella risposta là ha fatto un effetto stranissimo, ché non è che non lo so che ormai ho una certa età. Lo so quanti anni ho, lo so benissimo, ma pensare di avere una figlia che va al secondo anno d’università a me faceva un effetto stranissimo anche se, a pensarci adesso  tra me e mia mamma ci sono solo ventiquattro anni di differenza quindi quando mia mamma aveva l'età che ho io ora aveva una figlia che si stava per laureare. E poi basta, poi siamo tornate a parlare di quello che stavamo facendo. 

* Tredici favole belle e una brutta - Paolo Nori
 

venerdì 7 settembre 2012

un prù, doppio


Ci sono riuscita, sono arrivata in fondo anche ‘sta volta e mi sembra proprio che sia andata bene. Eran contenti. Ed ero (sono) contenta anch’io. Stanca e contenta. Forse un po’ sono riuscita a dare un’idea di quel che facciamo in lab. Uno può anche pensare Eran contenti di aver finito. Forse, forse anche di quello, ché anche per loro è stato un bell’impegno, però sembravano contenti di come avevamo lavorato insieme. Andando via mi hanno detto Però ci perdiamo come finisce la storia. Se volete vi mando la fine via mail, ho risposto*.  Questa mattina mi hanno fatto una sorpresa e alla pausa caffè hanno tirato fuori focaccia e pastine. È stato un gran bel pensiero. Non me lo aspettavo. A me piace mangiare e le pausa caffè + sigaretta di metà mattina e di metà pomeriggio sono importanti per il mio equilibrio fisico e psichico. Quella pausa mi ha fatto un doppio prù.

*siamo vicini alla fine, si inizia a capire come finirà ma la fine vera arriverà tra una, due settimane.

giovedì 6 settembre 2012

come si faceva prima?


Questa settimana è la settimana delle esercitazioni agli studenti che vuol dire che dalle nove e mezza alle sei, escludendo un’oretta di pausa verso l’una e un quarto, una e mezzo, devo stare super attenta dal momento che l’idea sarebbe quella di lavorare spiegando. Vuol dire anche che una volta che hanno lasciato il lab devo metter a posto e decidere per bene che cosa faremo il giorno dopo e rispondere alle mail che sono arrivate nel pomeriggio. Sono stanchissima e ora sto ringraziando il creatore del fatto che domani sarà venerdì. Io non ho più l’età per fare tutta la settimana così. E poi sono troppo abituata a fare le cose per i fatti miei, a volte anche in compagnia ma spesso per i fatti miei. Oggi ero lì che spiegavo/facevo le sequenze, ho fatto anche un po’ di storia su come si facevano prima, e dopo che hanno scoperto che ho iniziato a fare sequenze prima che ci fossero i sequenziatori, poco dopo, sarà stato un due ore dopo, uno mi ha detto Ma quante punte che si usano se si fa biologia molecolare, come si faceva prima? Io l’ho guardato Non capisco la domanda, gli ho detto. Lui mi ha detto Prima delle punte di plastica. Avevo capito giusto. Eh, non lo so, gli ho detto, quando ho iniziato a lavorare io la plastica l’avevan già inventata. E poi ci veniva da ridere, ma siamo andati avanti più o meno come se niente fosse.

lunedì 3 settembre 2012

uno scatto


Siamo riuscite a vederci. Noi due e basta. Dopo tantissimi anni una serata solo nostra. Una bellissima serata. Quelle ore ci faranno compagnia per un bel po’. Una serata che forse nasconde dell’egoismo ma ogni tanto serve poter avere del tempo per parlarsi guardandosi negli occhi, senza altre orecchie in giro, senza altre persone da guardare, da ascoltare, con le quali dividere tempo e attenzione. E non è che non avessi voglia di vedere anche suo marito, le sue figlie però avevo una gran voglia di stare un po’ con lei. Solo con lei. Penso che l’amicizia abbia bisogno anche di questi momenti. In questi giorni me lo sono ripetuto spesso, non so bene perché, ne sono convinta.  La prossima volta sarà tutti insieme, mi dico (son già qua che penso alla prossima volta, sperando che sia vicina e non tra due anni e mezzo). Ci eravamo illuse di poterci vedere due volte, una solo noi due e una tutti insieme. Abbiamo dato la precedenza al vederci solo noi due. Poi tutti insieme non ci siamo riusite. Sabato quando l’ho chiamata per augurarle buon viaggio le ho chiesto se mi mandava le foto delle sue bambine, tra quelle fatte in questi giorni genovesi. Me le manderà, poi ha aggiunto Non ci siamo fatte neanche una foto noi due insieme. Abbiamo deciso che non ne avevamo bisogno, che basta il nostro ricordo e abbiamo anche deciso che la foto che meglio rappresenterebbe la nostra serata, quella che abbiamo ben piantata negli occhi tutte e due e che quindi è a tutti gli effetti uno scatto, ci vede a Capolungo. In quella foto stiamo aspettiamo l’autobus con il quale dovevo tornare a casa. Nel posto sbagliato. La fermata era più in là. Pochi metri prima. In quella foto ci sono le nostre facce stupite nel vedere l’autobus che non si fermava anche se avevamo il braccio che sporgeva dal marciapiede. In quella foto c’è quello stupore ma anche la ridarola che ci ha prese quando abbiamo capito l’errore, quella che è arrivata subito dopo che ognuna si è autodata della deficiente. In quella foto ci sono anche i venti minuti guadagnati aspettando l’autobus dopo. Insieme.

sabato 1 settembre 2012

una


Una legge Luna Blu e spera di vederla la luna blu, si segna quando sarà la luna blu e poi? Poi, quando dovrebbe vedere la luna blu, ci sono le nuvole e la luna blu non la vede.

Una pensa che il fine settimana sarà un po’ nuvolo ma pace, ha tante cose da fare, il fatto che non sia bellissimo, che non ci sia la tentazione di andarsene al mare e rimandare le cose che vorrebbe fare vien anche bene, pensa. E si sbaglia perché si alza e ci son diciassette gradi e il primo pensiero della giornata sarà Io faccio colazione e me ne torno a letto. Poi si alza di nuovo e il secondo pensiero della giornata sarà Grandine? Non ci sono più le mezze stagioni. E dopo un pensiero del genere le viene voglia di tornare a letto. Però un po’ si vergogna a non far niente allora decide che si potrebbe riempire una vasca da bagno. Fare il bagno è una cosa a mezza strada tra il non far niente e il far qualcosa.