mercoledì 29 agosto 2012

se chiedo un martello o una corda


Poi parlerei un po' della mia città. Che è bella la mia città, direi, un po’ sbronzo, solo che c’è questo fatto che è come per le cinture di sicurezza… tra un mese finisce. Direi che ho dei vicini rumeni che sembrano degli svizzeri, che se chiedo loro un martello o una corda, quelli non mi schiacciano l’occhio e mi fanno entrare a bere qualcosa, quelli la corda me la danno davvero…
E tornerei a casa sconfitto con una corda o un martello in mano e li guarderei, la corda e il martello, e direi e ora che ci faccio? Picchio un po’ sul muro per far vedere che lo uso, il martello? La testa picchierei ad avere dei vicini così… che gli chiedi un martello facendo l’occhiolino e quelli senza fiatare te lo danno davvero…
Lume Lume - Nino Vetri – pag. 92 e 93

girella


lunedì 27 agosto 2012

portulaca





io l’ho sempre chiamata Portulacchia ma mi sa che mi son sempre sbagliata. 
Comunque Portulacchia è più bello di Portulaca, per me.

ahimé


Ahimé è un’esclamazione che mi è sempre suonata strana. Ahi me mi, no. Forse perché Ahi me mi ogni tanto lo dico, lo uso a volte quando mi voglio autoconsolare di piccole cose di poco conto. Un po’ come la mia amica C. ogni tanto esclamava Povera Carola. Lo uso con lo stesso spirito. A me ricevere un SMS con su scritto Ahimè come inizio e che poi va avanti dandoti una fregatura vien da ridere a leggerlo. Mi vien da rispondere Scrivi Ahimè? No guarda che è Ahimé non Ahité.

domenica 26 agosto 2012

il disegno mi dice


C’è arte quando l’oggetto che viene visto si mescola all’interiorità della persona che lo vede. Se ne risulta un modo nuovo e entusiasmante di vedere un vecchio oggetto, be’, è interessante, non vi pare? Lì comincia l’arte seria.”

Perché c’eravate tu e Avrumel nel disegno del sacrificio di Isacco?
L’aveva notato. Osservatrice e sveglia, Rocheleh. Chi altri l’aveva visto? “Non lo so. È stata per me una sorpresa”.
Dietro gli occhiali i suoi occhi assunsero un’espressione incredula. “Il mio papà disegna senza sapere cosa?”.
“A volte. Poi il disegno mi dice che cosa sto cercando di dire”.
“Che cosa voleva dire il mio papà con il disegno di Abramo e il sacrificio di Isacco?”.
“Non lo so. Ci devo pensare su”.
“Non capisco come il mio papà possa fare dei disegni senza saper che cosa vogliono dire”.
“Vuoi capire tutto a undici anni? Lascia qualcosa per il futuro”.

Il dono di Asher Lev – Chaim Potok – pag 140 e 146.

venerdì 24 agosto 2012

fatti una domanda e datti una risposta


C’era una volta una piantina grassa, no erano tre quindi rifa. C’erano una volta tre piantine grasse che stavano in un vaso e il vaso stava in un altro vaso che aveva un lato che era un magnetino e il magnetino stava attaccato alla porta di un frigo e in frigo era in una stanza buia, cioè non buia buia ma illuminata solamente dalla luce elettrica. Allora le piantine si misero a cercare la luce del sole e dal momento che non avevano le gambe e dal frigo non riuscivano a muoversi decisero che la cosa migliore era tirare a sorte e una di loro sarebbe cresciuta sottile sottile, per far prima, e sarebbe andata in avanscoperta alla ricerca del sole. Una mia amica, Francesca si chiama, sapendo che mi piacciono le piante grasse e vedendo che questa poverina stava crescendo sottile e storta ha tolto il vasetto dal vasetto che ha per lato un magnetino e me le ha portate. Si può far qualcosa per loro? mi ha domandato, Potremmo regalare loro un po’ di luce del sole, le ho detto. Così sono arrivate qua e dopo due mesi di luce di sole mi sembra che stian meglio. Ma adesso che faccio? Mi dispiace tenermele ma anche portarle al buio di nuovo mi spiace, e poi sarebbero da riinvasare e se lo faccio poi il nuovo vaso non sta più nel vaso che ha per lato un magnetino. Ne parlerò con Frencesca.

3 volte rosa


una mezza luna color formaggio


‘Sta sera siamo andati a Recco e ho mangiato le focaccette al formaggio, fritte naturalmente, e dal momento che sono un’ingorda sono riuscita a scottarmi un po’ il palato. Quando mi succedono queste cose penso quasi che la reincarnazione esista e che io, in un’altra vita, abbia patito la fame, tanta fame. Dimmi te perché non potevo aspettare un attimo. Lasciando perdere il fatto che al primo morso avevo il formaggio rovente attaccato al palato è stato bello star lì davanti al mare a mangiarsi le focaccette e a bere birra. C’era anche una mezza luna un po’ tarlata. Ogni tanto arrivava una nuvola e la rubava ma poi ce la restituiva. Secondo me lo faceva apposta, così anche a esser distratti ci si accorgeva di quella mezza luna dello stesso colore del formaggio delle focaccette, un po’ tarlata e molto romantica.

mercoledì 22 agosto 2012

un momento bellissimo




Oggi mi sono resa conto che non me ne frega più niente della cicatrice che ho sulla schiena ed è stato un momento bellissimo. Mi si è proprio aperto un sorriso e sentivo come se tutta quella gioia avesse trovato un modo per uscire all’aria aperta. Ormai son tanti anni che l’ho, dal 2005, e se i primi due anni era ben visibile adesso lo è molto ma molto meno. Era anche ora, mi son detta dopo essere emersa da quel momento di felicità. In questi ultimi anni ho sempre avuto l’impressione che chi mi vedeva di schiena, quando ero in costume, la fissasse. So benissimo che era una cosa vera solo nelle mia testa però non era una bella sensazione lo stesso. Invece oggi ero lì in riva al mare tranquilla e se Daniele non mi avesse chiesto una cosa che mi ci ha fatto pensare io proprio non mi ricordavo della sua esistenza. Quel momento lì, quello nel quale facendomi una domanda mi ha fatto capire che io quest’anno eran già due volte che stavo in costume tranquillissima senza pensare che sulla schiena ho una cicatrice di una spanneta è stato il più bel momento della giornata.


martedì 21 agosto 2012

autodisprezzo


Io ci son delle volte che mi meraviglio di quello che penso, ma non è una meraviglia in bello, è una meraviglia in brutto. Mi sento, sento quello che penso o addirittura quello che dico e mi meraviglio in maniera negativa. Come un autodisprezzo, che è una cosa bruttissima quando capita. Non piacersi può succedere, può anche essere una cosa positiva. Disprezzarsi è proprio brutto. È successo anche oggi, poco più di due ore fa. Da oggi sono di nuovo in vacanza, non che sia stanca e ne abbia bisogno è che mi sono proposta di non regalare più le ferie all’istituto e so già che da qua fino circa a natale sarà molto difficile le possa prendere così ho deciso di prendermi dei giorni adesso e dare la reperibilità nel caso ci fosse bisogno di me. E ‘sta mattina quando Daniele è uscito, quando mi ha chiesto Cosa pensi di fare oggi? io gli ho risposto Metto a posto che sembra di vivere in un campo nomadi e non in una casa. E a sentirmi mi sono fatta abbastanza schifo. Anche senza abbastanza. E mi è tornato in mente che quando mia mamma voleva dirmi che ero vestita male mi diceva Oggi sembri una zingara, che è una cosa che le mamme anni fa dicevano spesso alle figlie se erano vestite in un modo che a loro non piaceva. Non so se le mamme di adesso lo dicono ancora o se ‘sta frase orribile non si dice più. Speriamo. Così come le mamme dicevano di star lontane dalle zingare che rubavano i bambini, che è un’altra frese orribile e falsissima ma che si sentiva, si sentiva spesso, e che spero adesso non venga più detta. E poi, sempre seguendo un giro di pensieri, mi è venuto in mente che anche Moni Ovadia l’aveva tirata fuori questa cosa falsissima che le zingare rubano i bambini e che a sentire quello spettacolo ero in compagnia di un’amica e mi era venuto spontaneo dirle che anche mia mamma me lo diceva e chiederle se anche la sua lo faceva e lei mi ha risposto No, sono bulgara, in Bulgaria certe cose non le diciamo. E io a quella risposta che non era detta con cattiveria o con disprezzo o con compassione per il razzismo e l’ignoranza che c’era in quella frase, mi ero sentita malissimo. E adesso, a pensarci su con calma, mi vien da dire che bisognerebbe sempre ascoltarsi con attenzione, ché può essere un buon esercizio quello di ascoltarsi per non trovarsi poi in mente o in bocca delle cose orrende.

domenica 19 agosto 2012

una formica e una leonessa marina


La foto, che a me piace moltissimo, è di Vincentius Ferdinand si intitola 'Drinking II', l’ho vista ‘sta mattina presto, sul sito di la Repubblica. Presto per essere domenica, saran state le otto, poi abbiamo preso la macchina e siamo andati al mare. La cosa non è molto collegata, che va be’ sempre di acqua e di bestie stiamo parlando ma non so, più che l’eleganza di quella formica, io ricordavo la goffaggine di una leonessa marina. Non imparerò mai a entrare e uscire dall’acqua quando ci sono i sassi. Per piccoli che siano, per calma che sia l’acqua, io son proprio goffa. Un po’ anche con la sabbia ma sempre meno di quando ci sono i sassi. Si stava bene al mare oggi, è valsa la pena fregarsene dei vari bollini neri o rossi e andare. Pochissimo traffico e spiaggia non troppo affollata.

mercoledì 15 agosto 2012

qualità, dimensione, struttura


“Si può ascoltare il silenzio, Reuven. Ho cominciato a accorgermi che si può ascoltare il silenzio e impararne qualcosa. Ha una qualità e una dimensione tutte sue. Certe volte mi parla. Mi sento vivo, in questo silenzio. Parla, e io posso sentirlo.” /…/ “Bisogna che tu voglia ascoltarlo, e allora potrai udirlo. Ha una struttura bella, strana. Non parla sempre. Ogni tanto... ogni tanto piange, e puoi sentirci dentro il dolore del mondo. Allora fa male ascoltarlo: ma è necessario.”
Danny l’eletto – Chaim Potok – pag. 329-330

martedì 14 agosto 2012

speggetti


Son tre sere che leggo con gli occhiali vecchi di Daniele. Lui si è preso gli occhiali nuovi, un po’ più forti e io mi sono messa a usare i suoi ex occhiali. Inizio a leggere senza poi quando mi accorgo che sto facendo una fatica bestia, e del tutto inutile, do la colpa al computer usato durante il giorno, alla poca luce in camera o in sala (non posso dire che è scritto piccolo perché sarebbe una bugia troppo grossa, il libro che sto leggendo ora è scritto con dei caratteri grandissimi, giusto un filo più piccoli di quelli dei Nottetempo) e poi gli chiedo se posso prendere i suoi ex occhiali. Faccio passare ferragosto e vedo se il suo oculista è tornato dalle ferie.

domenica 12 agosto 2012

sorprese

È sorprendente come si po’ star bene a casa propria, senza far niente di speciale.

sabato 11 agosto 2012

a ricordo

Mentre mangiavo uno di quei sorbetti che si comprano al supermercato, che li devi sbattere per bene poi mettere nel congelatore capovolti e solo dopo ventiquattro ore li puoi mangiare, notavo che ho ancora il segno dei sandali che ho portato quando ero in vacanza. Non che io normalmente mi guardi i piedi mentre mangio ma son messa sul divano in modo che me li vedo molto bene. Per due settimane ho portato dei sandali che hanno due strisce di pelle, una vicina alle dita e una più in alto, penso che si chiami collo del piede quella zona. La striscia più in alto è larga e mi è rimasto il segno, bianco. Questa settimana ho portato degli altri sandali ma non si prende molto sole a andare a lavorare e a tornare indietro, così è ancora là, bella evidente, a ricordo delle vacanze.

venerdì 10 agosto 2012

45 vs 31


Bisogna che rivaluti il trentuno. Io il trentun non lo prendo mai, prendo il quarantacinque. Il trentuno fa un giro più lungo del quarantacinque, poco più lungo, ma passando per la Foce capita spesso che si incastri in coda. Una volta è la fiera di primavera o di pasqua o di natale o di quelli di slow food, una volta è il salone nautico, una volta sono quelli che fan manovra che sono andati al mare e parcheggiano o escono dal parcheggio. Solo che oggi stavo uscendo dall’ospedale, ero ancora sulla scaletta che da malattie infettive porta all’uscita, e vedo passare il quarantacinque Corro? Anche no, mi rispondo, fa caldo e poi lui corre già per tutti e due, così l’ho perso. Alla fermata mi sono accesa una sigaretta e ho guardato quanto mancava a quello dopo. Ventidue minuti. Porca la miseria, ventidue minuti qua, sotto il sole, ho anche lasciato a casa gli occhiali scuri. Dopo sette minuti passava un trentuno, ho preso quello. Il trentuno, a differenza del quarantacinque, ha l’aria condizionata. Non lo sapevo. Devo ammettere che là sull’autobus con l’aria condizionata si stava bene. Belli freschi. Facessi l’autista vorrei lavorare sul trentuno. Anche da passeggera però è un bell'autobus, l’ho rivalutato.

giovedì 9 agosto 2012

tanto quanto


‘sto pomeriggio Daniele mi manda un SMS con scritto Aperitivo? e io, sia mai che rinunci a un bicchiere di vino, l’ho chiamato subito e gli ho detto Volentieri, non so bene a che ora finisco ma se vuoi quando sono uscita ti chiamo e ci vediamo in centro. Poi eravamo lì a berci il nostro bicchierino, a raccontarci la giornata, ci portavano delle cose da mangiare. È arrivato anche un piattino con dell’insalata, era un’insalata di finocchi crudi, sedano e cipolla rossa, cruda anche lei. Che bella idea, ho pensato, bella fresca ‘sta insalata. Ora non lo penso più Che bella idea. La cipolla rossa cruda mi si ripropone tanto facilmente quanto facilmente mi dimentico che io e la cipolla cruda non siamo compatibili.

martedì 7 agosto 2012

dopo due giorni

Dopo cena Cato e io ci siamo messi a leggere e dopo mezz’ora ci siamo addormentati. Eravamo così appiccicati che quando lui è saltato giù per andare a far pipì io mi sono svegliata di soprassalto. Andiamo bene, gli ho detto, dopo due giorni son qua che mi addormento mentre leggo. Andiam proprio benissimo. Devo parlare con me stessa e spiegarmi che non faccio la camalla, non c’è motivo di tornare a casa così stanca. Dopo due giorni. Dopo due settimane di vacanza. E pensare che non mi veniva di andarmene a letto prima dell’una, delle due. Adesso alle dieci e mezzo crollo addormentata.

23 - finale


Sabato sera sono uscita fuori a cena. Non avevo voglia di cucinare e poi partivo la mattina dopo, la cena fuori ci stava proprio bene. Mi son presa dei calamari fritti, un’insalata mista, un quartino di bianco, un sorbetto e un caffè. Mi son trattata molto bene fino all'ultimo. Poi verso le dieci musica: voce e chitarra. Non l’avevo mai sentito cantare, i mei sì, son stati loro a consigliarmi di andare lì. E la cosa buffa è stata che due signori australiani, con qualche anno più dei miei, si son messi a chiacchierare (l’accento australiano con sottofondo musicale è tremendo da capire), loro avevan voglia di parlare, io ero da sola, abbiam fatto salotto. Tanto i tavoli eran vicini, tanto vicini, attaccati. A un certo punto eravamo tutti e tre alla fine della cena mi hanno chiesto se traducevo loro i testi. Ci provo, ho risposto. E qual è stata la prima canzone subito dopo il mio Ci provo? Le tettone della Marisa. Han riso. Non so se han riso al mio tentativo di fare una traduzione sul momento o se han riso per la canzone, comunque sono andati via contenti. Ridendosela.

sabato 4 agosto 2012

22 - prove

fai delle prove sperando di ottenere qualcosa che aiuti a ricordare

poi ti suona la mezz'ora nell'orecchio, ti rendi conto che sei su un campanile
e quel suono fortissimo ti sveglia, capisci che puoi solo riempirti gli occhi
e sperare che ti basti fino alla prossima volta
e scendi
e vai a prepararti la valigia.

21 - foto cartolina

e da lassù si ha una vista che non si riesce a smettere di girare intorno e a meravigliarsi e poi vien voglia di  portartela a casa quella vista, e vengon fuori delle foto cartolina che non hanno niente a che spartire con quello che si sta vedendo, con tutto il bello che si riesce a vedere.

20 - sottosopra

(da sotto)
(da sopra)

venerdì 3 agosto 2012

19 - bello il Bella


Lasciam perdere il fatto che ho fatto due volte il giro del palazzo perché non vedevo l’entrata. Va be’ c’era un catafalco davanti, che poi in realtà sarebbe un ponteggio che la nascondeva, ma c’era anche un poster gigante appeso con su scritto Fondazione Querini Stampalia: entrata. Lasciam perdere, stendiamo un velo, anche se ci sarebbe da stendere una coltre da cavallo ma fa caldo. Facciamo che rimaniamo al classico velo, meglio. Nonostante quest’inizio e ringraziando il fatto che sul retro del palazzo c'era un cartello, sembrava il cartello delle vie di esodo in caso d’incendio e invece no, era un cartello messo lì apposta per aiutare chi come me non trovava l’entrata. Voi siete qui, c’era scritto sopra un cerchietto nero e poi c’erano le frecce su una piantina, spiegavano che giro dovevo fare per trovare l’ingresso. Lasciamo anche perdere il fatto che se non vedevo il cartello io di giri ne facevo almeno tre prima di trovare l’entrata. Nonostante l’inizio non promettente, che dentro di me sentivo come l’impulso di tornare indietro o fare qualcosa di diverso, poi, una volta entrata a girare per quelle stanze una più bella dell’altra son stata proprio bene. Non subito subito però, quasi subito. Avevo deciso di prendermi con il biglietto anche uno di quegli affari che ci attacchi le cuffiette e senti una voce registrata che ti spiega qualcosa. Ma sì, mi son detta, la prendo così aumento un po’ le probabilità di capire che cosa sto vedendo. L’ho preso, da brava donna altamente tecnologica ho armeggiato un po’ per capire, ho acceso. E mentre ascoltavo mi dirigevo verso la porta del museo. Tempo di fare due rampe di scale e la voce si è messa a sbadigliare strascicando le parole in preda al sonno. Guardo il display e leggo Low Battery e, subito dopo, Bye Bye. Scendo le scale, torno in biglietteria e dico alla cassiera Ho un problema: mi è comparso un Low Battery Bye Bye. Mi sa che è un brutto segno. Bruttissimo, mi ha risposto sorridendo, me lo ha cambiato e io me ne sono tornata su per le scale. Da lì ha funzionato tutto a meraviglia. Peccato che il nastro fosse con la voce di uno con marcato accento francese falso. Almeno a me dava quell’impressione, di un falso francese.
Uscendo pensavo Bello il Bella e mi veniva come da prendermi in giro per la battuta involontaria e orribile. Poi ho pensato anche Vedi che ce la fai ancora Latte? Te non disperarti, quest’inizio era un piccolo banco di prova per farti vedere che se vuoi, anche con un anno in più, riesci a trovare le entrate e far andare avanti un nastro registrato, riesci anche a gustarti una visita e a sorprenderti del fatto che a Venezia si facessero delle specie di corride. Va tu a pensare che cosa si può scoprire. Le corride, a Venezia. In una tela si vedon tori che scappan su per il ponte di Rialto, ma ce ne sono anche con tori in Piazza San Marco, nel cortile del  Ducale e a Santa Maria Formasa. Proprio qua dove sono ora, pensavo, c’eran tori legati a delle corde e cani che li attaccavano e poi, pezzo clou della festa, un macellaio che li decapitava. Ma guarda tu la civilissima Repubblica cosa faceva per divertirsi. Chi l’avrebbe mai sospettato.

giovedì 2 agosto 2012

18 - alfabeti che non conosco


Quest’oggi sono stata a San Lazzaro degli Armeni. Anche oggi ho scoperto quanto sono ignorante, no, pugno, quella non è una scoperta, quella è una constatazione di un dato di fatto. Anche oggi, dicevo, ho sentito cose nuove, tante molto interessanti. Anche oggi ho visto parole in un alfabeto che non conosco, anzi in più di un alfabeto che non conosco. C’è una biblioteca incredibile su quell’isola. Mi han raccontato che il legno di pero non brucia facilmente e che molti di quei libri si sono salvati da un incendio perché erano dentro armadi di legno di pero. Meno male. Il pensiero che tutti quei libri potevano andar persi mi rattristava. Ho visto anche una mummia egiziana e, rimanendo sulla scrittura anche dei geroglifici, ché c’era anche il sarcofago. Anche il chiostro mi è piaciuto e la chiesa, anche il refettorio. La stamperia non si poteva visitare, peccato. Nel refettorio c’era la tavola già apparecchiata per la cena. Ci saran stati dieci piatti, i monaci però son di più di solito. Un gruppo sta facendo il campo estivo con i ragazzi, in Armenia (ce l’ha detto la guida). Sulla panca, in corrispondenza di un piatto c’erano due cuscini, quando li ho notati ho distolto subito lo sguardo. Mi sentivo come in colpa, mi sembrava di essere finita, per sbaglio, in una stanza privata, di aver invaso uno spazio che non aveva niente a che fare con la visita guidata alla quale volevo partecipare. Ad eccezione di quel frangente ci son stata bene lì.
(se qualcuno vuole andarci consiglio di potarsi un anti zanzare; son qua da un po’ di giorni, non mi avevano ancora punto, neppure le due volte che sono andata al cinema all’aperto. Questo pomeriggio, sei punture sei, in due ore, facciamo anche meno che non penso che le zanzare fossero nel museo o nella biblioteca)

mercoledì 1 agosto 2012

17 - da zero a quattro


Oggi per la prima volta sono entrata in una sinagoga. Non in una a essere precisa, in quattro. Molto belle, tutte e quattro. C’è questa cosa che si può fare e con un biglietto ti guardi il museo e fai il giro delle sinagoghe con la guida. Una delle quattro cambia a seconda del periodo dell’anno, se ho capito giusto. Perché due sono ancora luoghi di ritrovo e di preghiera, una viene usata in estate, è più fresca, e l’altra d’inverno, ha il riscaldamento. Eravamo lì fuori del museo ad aspettare, non mi son messa a contarci ma a occhio saremo stati una ventina, poi è uscita una guida e ha detto in inglese Chi parla inglese venga con me. Poi è uscita un’altra guida, ci siamo guardate, lei ha visto che avevo l’adesivo sul vestito, mi ha chiesto se avevo qualcosa per coprirmi le spalle e dal momento che ce l’avevo siamo andate. All’inizio era un po’ freddina, monologo tendente al minimo con tono da guida registrata e, non posso esserne sicura ma secondo me, pensava Adesso faccio un girettino breve ché c’è sola questa. Poi invece ci siamo messe a parlare e mi ha raccontato un sacco di cose. Nell’ultima mi stava facendo notare che stranamente c’erano delle raffigurazioni, piccole, una rappresentava la caduta della manna. Più che manna sembran pagnotte, le ho detto. Mi ha dato ragione, mi ha spiegato del perché ci sono pochissimi pittori e scultori ebrei. Io pensavo che non potessero rappresentare Dio, i profeti ma non che non si potesse rappresentare qualsiasi cosa. Era lì che mi raccontava e guardando la mia faccia stupita ha aggiunto Però abbiamo dei gran scrittori. Così ci siamo messe anche a parlare di libri e dal momento che non si ricordava il titolo di un libro di Agnon (che ho scoperto non si legge Agnon all’italiana perché va letta una g dura, un po’ come se fosse un cognome tedesco) alla fine siamo andate nel negozio annesso al museo che ha una libreria abbastanza grande e giravamo dicendoci E questo l’ha letto? E questo sa com’è? Ci siamo raccontate un po’ d’impressioni e po’ di trame. Era divertente, avevamo almeno un per me o un secondo me o un mi sembra per frase, come è giusto che sia, ma c’erano delle sue uscite che mi facevano sorridere Questo è melassa pura e poi, secondo me, se usi tre oggettivi riferiti alla stesso sostantivo non sai scrivere bene. Pensa e prova fino a che trovi quello giusto, a volte te ne possono servire due, raramente però. A lei piacciono gli autori che usano tanti aggettivi?
Va be’ sono uscita fuori tema. Pace, lo facevo sempre anche quando andavo a scuola.

16 - la tazza della colazione di un gigante


15 - riflessi

(lo so, lo vedo, è pacchianissima e c'è anche uno straccio molto poco fotogenico, ma a me piace)

14 - colori