lunedì 30 aprile 2012

oggi



- ho ammazzato le prime due zanzare dell’anno. Avrei anche fatto a meno ma mi hanno punto e, e son vendicativa oggi.
- era la regina del laboratorio, l’unica di mezzo piano. Far la regina senza sudditi è bellissimo.
- ho acceso la tele e c’era uno di quei telefilm dove da una traccia microscopica capiscono tutto (altro che i RIS di Parma) quelli che dove i test che dovrebbero durare delle giornate duran pochissimo, hanno i risultati in qualche ora (se ci mettono tanto). Ecco, la superbiologa di quel telefilm ha fatto partire una centrifuga senza bilanciarla. Ho chiuso.
- c’era Cato accucciato tra il porta ombrelli e la libreria, gli ho detto: Che ci fai lì da solo vieni che andiamo sul divano. E lui è venuto. Son soddisfazioni, e poi considerato il tempo piovoso ci sta bene un gatto sulla pancia, fa da copertina.  Anche il sottofondo fusico è bello.

domenica 29 aprile 2012

spesso


 - Ti succede mai di averne fin sopra i capelli?- dissi. - Voglio dire, ti succede mai di aver paura che tutto vada a finire in modo schifo se non fai qualcosa?

Il giovane Holden – J. D.  Salinger - pag. 152

in lingua madre

Ieri sera ho chiesto a mia mamma Hai visto ITIS Galileo? Sì, mi ha risposto, mi è piaciuto molto, è proprio un peccato che non siamo riusciti a venire a Genova a vederlo insieme, dal vivo. Sarà per un altro anno, le ho detto poi ho aggiunto, e Sachespeare* in lingua madre ti è piaciuto? E così sono venuta a sapere che tra i libri di mio nonno, suo papà, c’è un Giulietta e Romeo in veneziano. La prossima volta che vado a trovarli provo a vedere se riesco a leggerlo senza il suo aiuto. Mi son fatta l’idea che deve essere bellissimo.

* da leggere come se fosse italiano (è per quello che manca una acca e c’è ch)

sabato 28 aprile 2012

qualcuno

Il gelo di quest’inverno ha maltrattato i mei armadilli, non pensavo fossero così sensibili standosene sottoterra per tutto l’inverno. Mi sbagliavo. Adesso qualcuno è lì, statico, senza neppure mezza fogliolina, sembra che non si sia accordo del cambio della stagione. Qualcuno sta facendo solo foglie, qualcuno mi sta per regalare un fiore.

un pensiero profondo e quasi estivo

Ieri sera stendendo mi mancavano due calzini. Ho controllato nel cestello della lavatrice ma non c’erano. A volte stanno là. Io penso di averla svuotata, di aver messo tutto nella conca e invece non è vero. Ho anche fatto fare un giro al cestello. Quella cosa di far fare i giri al cestello mi è sempre piaciuta. A volte saltan fuori dei pezzetti di bucato a farlo. Cose piccole, cose che la forza centrifuga aveva spinto là così bene che non le vedevo. I calzini ad esempio. Vuoi vedere che l’altro giorno sono andata a lavorare con un calzino rosa e uno grigio? mi sono domandata. Non proprio rosa rosa e non proprio grigio grigio. Un grigio chiaro chiaro e un rosa tipo rosa antico ma chiaro chiaro anche lui. Poi, quando mi ero già rassegnata che doveva essere proprio successo così, li ho visti dietro la lavatrice. Mi erano caduti dalla conca quando l’ho appoggiata sulla lavatrice per stendere senza dovermi piegare ogni volta che prendevo in mano un pezzetto. Che bello, mi son detta chiudendo la luce, tra poco non si stendon più calzini.

venerdì 27 aprile 2012

due lumachine e una tartaruga

Ci sono delle giornate che faccio le cose pianin pianino ma poi mi sembra che nonostante l'andi calmo, di cose ne sono riuscite a fare. Mi piacerebbe mantenerlo quel modo di fare. So che non ne sono capace ma, dal momento che mi piacerebbe, ho deciso che adesso mi ci metto d’impegno. Con calma però. Mi metto con calma a cercare di diventare una persona che riesce a fare le cose con calma. Chissà, magari ci riesco. Va tu a sapere. Se non provo non lo saprò mai. E poi sul cartello, quello che c’è subito fuori dal portone del padiglione dove lavoro, ci sono disegnate due lumachine, e poi ancora sul portachiavi io ho appeso un ciondolo che è una tartaruga. E mentre penso: secondo me son dei segni, sento in sottofondo un: vediamo quanto dura ‘sto proposito, ché te ciclicamente fai propositi irrealizzabili.

giovedì 26 aprile 2012

jojo

Ci sono delle persone che non riescono proprio a iniziare una frase senza dire Io. Se per caso lo fanno, capita a tutti di sbagliarsi, poi correggono strada facendo e tornano serafiche all’Io. È più forte di loro. Poverette. Non se ne accorgono, o se se ne accorgono son convinte che va bene così. Io prima di tutto, io a metà, e per gradire Io anche alla fine. La coerenza è importante. E per rimaner in tema Io, io quelle persone lì le chiamo jojo. Son bravissime a far tornare tutto nelle loro mani. Un po’ è una dote, un po’ è frutto dell’esercizio. Per tanto che si vada lontano da loro poi fan tornare tutto nelle loro mani. Se son colleghi/e allora si può star certi che ciò che è tuo, frutto del tuo lavoro, diventa nostro, ciò che è loro rimane loro. E i tuoi impegni devono girare in modo da incastrarsi come per miracolo con i loro, i loro invece van tenuti in considerazione da tutti. Voi che non tenga in considerazione i loro impegni, i loro problemi, le loro esigenze? Ma che schifida egoista sarei. E così oggi, che sono in una di quelle giornate che me ne andrei a vivere in un eremo in completa solitudine invece di essere costretta a passare tutte quelle ore circondata da jojo, son tornata a casa con un nervoso tale che è mi difficile spiegarlo. Bisogna andar d’immaginazione. Altro che pensare: poveretta, non ci arriva. Oggi poveretta non ci arriva non funzionava, oggi mi uscivano i fumi dalle orecchie. Mica bello farsi uscire i fumi dalle orecchie per colpa degli jojo. L’unica soluzione possibile era cacciarsi senza cena in una vasca bollente e star lì fino a che mi passava. Adesso va meglio, mi è venuta persino fame. Bon segno.

mercoledì 25 aprile 2012

grande uguale

Dal momento che Senza catene si è autoincatenata al tavolo per tutto il giorno e adesso è stanca e è anche convinta che ci sono modi migliori per passare il 25 aprile che poi sarebbe la festa della liberazione e le par brutto proprio oggi l’essersi incatenata anche se a un tavolo, ho deciso che metto una foto delle mie orchidee che loro sì che mi danno soddisfazioni e poi dopo (lo so che poi dopo non si dice ma è come su sopra in alto, è bello, sono rafforzativi grammaticalmente sbagliati e bellissimi, almeno per me) dopo cena mi guardo ITIS Galileo che lo so che l’ho visto da poco a teatro ma me lo riguardo molto volentieri che i suoi spettacoli sono un po’ come i bei libri, quelli che a rileggerli hai un piacere differente dalla prima volta ma grande uguale.

martedì 24 aprile 2012

soprannomi

Ho un soprannome nuovo. Me lo ha dato il signor Cosimo, cioè più che darmelo io gli ho chiesto se me ne dava uno. È andata così: settimana scorsa ho sentito che chiamava una mia collega Venerdì e allora gli ho chiesto il perché e lui me lo ha spiegato. È gentile il signor Cosimo. C’era anche la mia collega, quella che ho scoperto avere Venerdì per soprannome, che lo aiutava nella spiegazione. Si son messi a rifare la scenetta che poi ha dato origine al soprannome. Allora io gli ho detto: anche a me piacerebbe avere un soprannome. E l’altro giorno mi è arrivato. Adesso sono Senza catene. Mi piace Senza catene. Io mi sento spesso mezza incatenata e non è una bella sensazione. Chissà, magari mi porta fortuna.

lunedì 23 aprile 2012

credimi

Dicono che in Andalusia ci siano stregoni in grado di far sbocciare fiori e uccelli nell’aria semplicemente nominandoli. Con lui era così, credimi. Quando Alejandro ti raccontava qualcosa, improvvisamente notavi che quella cosa si muoveva, potevi vederla.
Tutti gli uomini sono bugiardi - Alberto Manguel – pag. 81

P di promessa e P di pigrizia

Era tanto che non li vedevo, due anni circa. L’ultima volta era per un battesimo, che poi erano tre. Ieri invece tre comunioni. Due anni fa eran tre figli tutti e tre dello stesso cugino a farci incontrare di nuovo, quest’anno tre figli di tre cugini diversi. E un po’ un peccato che non ci si veda più spesso. Ogni volta ci si ripromette di vedersi e secondo me siamo anche sinceri nelle nostre promesse, in quel momento lì siamo sicuri che si troverà il modo di vedersi. Magari non proprio tutti tutti, magari a gruppi più piccoli. Poi però non lo si fa.
La pigrizia è una brutta bestia.

sabato 21 aprile 2012

in una specie di fantasticheria

Quello che scrivo l’ho vissuto quasi tutto, alcune cose in una specie di fantasticheria, eppure ho vissuto anche quelle. In fin dei conti tutto deve pur nascere da qualcosa.
Un anno con Thomas Bernhard Karl Ignaz Hennetmair pag. 36

venerdì 20 aprile 2012

mispel


Oggi, saran state le tre, sono andata a lavare delle nespole, son tornata indietro e mi sembrava brutto passargli davanti e non offrirgliene una.

Latte: vai tu a sapere come si dice nespola in inglese cambiamo frase Ne vuoi una? sono brutte ma buone.
HH: cosa sono?
L: non so come si chiamano in inglese, in italiano si chiamano nespole.
HH: mi prendi in giro, non sono commestibili.
L: no, sei tu che mi prendi in giro, non ci credo che tu non le hai mai viste.
HH: ma tu le mangi?
L: sì, si mangiano. Prendine una e provala. Devi toglier la buccia.
Gli appoggio alla scrivania un coltello di plastica.
HH: sono commestibili?
L: sì, credimi.
HH ne prende una e io torno alla mia scrivania. Dopo poco.
HH: è buona, dimmi di nuovo come si chiama.
L: nespola
HH si attacca a internet. Google translate
HH: mi fai lo spelling?
L: N.E.S.P.O.L.A.
Io vado a vedere, sul video compare: Nespola Medlar, poi copia e incolla, cambia lingua e traduce in olandese: Mispel. Mi guarda e ridendo dice: ah, mispel, adesso so che cosa sono le mispel.

Perché non sia andato dall’italiano all’olandese rimane per me un mistero però adesso so che nespola in inglese è medlar (e domani me lo sarò già dimenticato, ma la sua faccia stupita quando l’ha assaggiata no).

giovedì 19 aprile 2012

gatti, quasi

Il mio nome, quello vero non quello che mi sono scelta per stare qua, ha un’acca. È un nome lungo, non lunghissimo ma lungo, son sette lettere, e in tanti lo accorciano. È una cosa comune accorciare i nomi, mi sa che venga spontanea. Quasi tutti quando lo scrivono da corto ci mettono dentro lettere che non sono del nostro alfabeto, quando lo vedo così non mi piace, mi sembra un altro nome. Io quando l’accorcio, le poche volte che lo faccio, lo scrivo con lettere tutte del nostro alfabeto. Una mia amica invece, una che non vedo da molto tempo, due anni e quattro mesi a voler fare i conti, ma che son sicura che quando la rivedrò sarà come se ci fossimo viste la sera prima, lei quando l’accorcia lo accorcia con faccio io ma facendo saltare l’acca. A me così, come fa lei, il mio nome piace anche da corto, piace così tanto che quando mi sono fatta una casella di posta l’ho fatta con quel nome. E io son contenta che alla fine di agosto ci rivediamo ma soprattutto son contenta della nostra amicizia, che resiste tranquillamente all’oceano che ci separa (solo fisicamente).

mercoledì 18 aprile 2012

Fragole e Guaranì

Ieri sera tornando a casa mi sono fermata dal fruttivendolo che c’è qua sotto. Son gentili e poi stanno aperti fino alle otto e anche alla domenica mattina. Per una come me che fa quasi sempre tardi e che si accorge all’ultimo secondo di essere senza frutta è una cosa molto utile. E poi hanno della roba buona e che non ti marcisce nel frigorifero alla velocità della luce. Oggi mi sono portata al lavoro il mio cestino (mezzo chilo) di fragole e devo dire che alle sei aver ancora qualcosa da mangiare mi ha fatto veramente prù, prù all’anima oltre che allo stomaco. Son piaciute anche a HH, anche lui era ancora lì, poi lui è andato e io sono rimasta a mangiare fragole mentre provavo a capire che cosa mi era venuto e se c’era qualcosa che andava rifatto per sicurezza ché domani devo mandar via i risultati e mi arrivano altri campioni, son stretta con i tempi. Ma tornando a ieri, ieri quando sono entrata la fruttivendola era al telefonino e mi ha detto: si serva pure. Ormai mi conosce e mi lascia tocchignare in giro anche se in negozio c’è il cartello con su scritto: non toccare la merce. E così mi son scelta le fragole e ho preso anche delle nespole. E lei continuava a parlare e parlava una lingua che aveva un suono bellissimo. Non capivo che lingua era. Poi ha messo giù, ha pesato, ha fatto il conto, ho pagato, mi ha dato il resto, il resto non mi tornava e glielo detto, Ha ragione, mi ha risposto, le devo ancora cinquanta centesimi. E poi le ho tenuto compagnia mentre metteva nella stanza frigo della roba, che doveva chiudere, e abbiamo parlato un po’ (che strano) e le ho chiesto che lingua era e lei mi detto Guaranì, la mia lingua.

E ora sono andata a guardare dove si parla Guaranì, ché che era una lingua del Sud America l’avevo capito ascoltandola ma dove si parlasse io mica lo sapevo.

E anche adesso c’è qualcuno che sta parlando una lingua bella e che non capisco, molto differente da quella ascoltata ieri. Ho la finestra aperta e sento delle rane che chiacchierano. Non fossi stanca, scenderei.

martedì 17 aprile 2012

dodici

La scorsa notte ho fatto un sogno stranissimo. Nel sogno dovevo andare a cena in un posto e per andare in quel posto dovevo vestirmi elegante con tanto di scarpe col tacco. Non un tacco normale, che considerando che non mi metto scarpe con i tacchi da quando ero al liceo già quello poteva crearmi dei problemi, era un tacco 12. Nel sogno questa cosa non mi sembrava assurda. Cioè lamedelsogno era contenta di questa cosa pur sapendo che su quelle scarpe non ci sapeva stare. Allora lamedelsogno si metteva quelle scarpe in casa. Faceva le prove. Tornata dal lavoro, arrivava a casa, toglieva le scarpe da ginnastica e passava la serata sui tacchi. E poi alla fine è uscita di casa sui suoi tacchi 12 e senza problemi si è fatta la discesa, quella che c’è realmente sotto casa, la scaletta, che c’è realmente per andare a Brignole, ha preso l’autobus ed è arrivata in questo posto dove doveva andare. E la prima cosa che si faceva arrivati là, in quella casa là dove doveva andare, era togliersi le scarpe perché era una casa dove non si restava con le scarpe. Poi mi sono svegliata.
Secondo me, fosse ancora vivo, lo zio Sigmund si farebbe una risata.

lunedì 16 aprile 2012

segmentobaleno


‘sta sera quando sono uscita, proprio appena uscita, ho sentito un tuono e poi un altro e un altro ancora. Benissimo, mi son detta, sono senza ombrello, arriverò a casa scola. E invece no, grandi tuonate per pochi minuti, poche gocce d’acqua e poi bon, basta. E mentre ero alla fermata dell’autobus che aspettavo, e il coso lì diceva che mancavano solo sei minuti e poi sarebbe arrivato, è venuto fuori l’arcobaleno. Era un arcobaleno che non faceva un arco, faceva una linea, un segmento a voler fare la precisa. O meglio tanti segmenti colorati. Segmenti che iniziavano dalle nuvole e finivano in mare. E si vedevano questi colori bene (lo so che nella foto non si vedono bene, ma quando ero lì si vedevono), si vedevano tutti meno l’indaco. Rosso, arancione, giallo, verde, azzurro e violetto. L’indaco non si vedeva. Dovrebbe stare tra l’azzurro e il violetto, se mi ricordo giusto. Forse non lo vedevo perché non so bene che colore è l’indaco. Forse poi era un arcobaleno ad arco anche lui, solo che io ne vedevo solo un pezzetto, c’erano le nuvole. È durato pochissimo. È scomparso prima che arrivasse l’autobus.

domenica 15 aprile 2012

aguzza la vista


c'è qualcuno che ama la casa pulita ma detesta il rumore della scopa elettrica e così appena mi vede prenderla guarda dove vado e si allontana. Se mi avvicino, lui cambia stanza. Quando c'è il sole però, basta un raggio, bastano pochi minuti anche di una giornata iniziata con la pioggia, se ne va in terrazzo e si mimetizza. Poi io lo cerco per la casa chiedendomi: ma l'avrò chiuso dentro da qualche parte?

venerdì 13 aprile 2012

sbagliare è umano, perseverare ...

Sono recidiva. Mi sono chiusa fuori casa un’altra volta e anche questa volta l’ho aspettato sui gradini perché era a correre, e anche questa volta ho ringraziato il fatto di avere un libro in borsa, e anche ‘sta volta mi son detta: devo insegnare a Cato ad aprire la porta. Si dice: chi non ha testa ha gambe, quella mi sa che è una visione ottimistica della cosa, prende in considerazione il fatto che se ci dimentica le cose si fa della strada in più, magari ti migliorano anche le gambe. Io invece dimentico le cose e poi mi raffreddo il sedere sui gradini del pianerottolo. Non vale.

giovedì 12 aprile 2012

la pantera dei denti



L'altro giorno una mamma mi ha mandato un SMS e mi ha scritto che c'è in giro una bambina con un dentino in meno. Allora io, che sono curiosissima, le ho risposto che ero contenta e le ho chiesto che animale era arrivato questa volta. A quella bambina non arriva la fatina dei denti e neppure il topolino dei denti, ogni volta passa un animale diverso. 'Sta volta è arrivata una pantera nera.

mercoledì 11 aprile 2012

oimè

'sta sera sull'autobus, seduta vicino a me, c'era una signora che parlava al telefonino. A un certo punto ha detto: oimè. Era tanto che non ne sentivo uno, e mi è venuto in mente

Chi chiama Dio, no xe contenti
Chi chiama ‘l diavolo, xe desperai
Chi dise: oimè! xe inamorai.

martedì 10 aprile 2012

cento a uno

Sono giunta alla conclusione che, se leggere mi piace cento, scrivere, in proporzione, mi piace cinque. Scrivere quando mi dicono che cosa devo scrivere invece mi piace uno. Era tantissimo che non provavo a scrivere con un titolo dato da altri. Direi che l’ultima volta che ho scritto con un titolo dato da altri era il tema del concorso che ho vinto. Dicembre 2002, ne è passato di tempo. E pensare che quando me l’hanno chiesto ero fin contenta, adesso darei delle testate contro il muro, giusto per essere sicura di ricordarmi che, se mai ci sarà una prossima volta, non è roba per me. Riprendere in mano gli articoli, rileggersi, o leggerli per la prima volta, è molto bello. Mettersi lì e scrivere no. E ‘sta volta scrivere è ancora più difficile perché ‘sta volta non c’è una storia nuova da raccontare. Quando penso a una storia che vorrei provare a scrivere mi piace, quello sì, molto più dello scriverla. È bello star lì a pensare come raccontarla per provare a fare in modo che chi la inizi abbia voglia di andare avanti. Spesso la strada che scelgo non è quella percorsa in realtà, ci assomiglia, ma non è lei. E poi una volta scritta, la giro e la rigiro fino a che mi sembra che possa andare e poi la do al capo, e anche lui la gira e la rigira un po’. E adesso son dei giorni che giro e rigiro, cambio ordine, lascio delle frasi in italiacano sparse qua e là e altrove, perché non c’è verso che mi vengano in mente in inglese però devo pur lasciare un segno di che cosa vorrei mettere lì, proprio arrivata a quel punto lì, tolgo pezzi, aggiungo frasi ma non son tanto soddisfatta di come sta venendo. Anche quello scritto ieri non è che oggi mi convinca molto. E adesso, proprio adesso adesso, è il caso che la smetta di ca@@eggiare e riapra quel file sperando che il toast e il bicchiere di vino mi abbiamo portato dell’ispirazione. Però forse prima è meglio un caffè con sigaretta, è meglio prima ossigenare il neurone. Ah come sono brava nell’arte del rimandare, quella sì che mi viene bene.

lunedì 9 aprile 2012

intuito

È giusto far finta di niente e non dire e non fare nulla anche quando si vorrebbe dire e fare? Penso di no. Direi di no. Però c’è l’altra domanda che sta lì attaccata strettissima a questa. È giusto dire o fare delle cose che porterebbero, se mai fossero ascoltate, a cambiare un’altra persona? No. Qua son proprio sicura, per me è un no senza possibilità di ripensamento. Quindi che si fa? Si prova a vedere se l’altro/l’altra capisce usando la propria testa, si danno mezzi segnali (che ci vorrebbe un genio per capirli e decifrarli)? Si prova a capire se c’è un modo per stare il meno male possibile? Si spera nell’arrivo dell’intuito.

intuito: s. m. entità della quale s'invoca l’arrivo quando si è consapevoli del fatto che non è giusto dire o fare con l’intento di cambiare l’altro/a ma anche del fatto che le cose così come sono spesso fanno male

domenica 8 aprile 2012

auguri


Ci son delle cose che da quando non vivo in casa con i miei non mangio per il solo motivo che non mi piacciono. Son poche ma ci sono. Son cose però che se m’invitano a pranzo o a cena e me le trovo davanti le mangio, che è brutto non mangiare le cose che un altro (più spesso un’altra) ti ha preparato. Magari è stata lì a pensare Che cosa preparo? Ci ha messo del sentimento, dell’impegno nel prepararle e poi arrivo e non mangio. Non si può, è proprio brutto. Ci sono anche delle cose che non riesco proprio a mangiare. Son pochissime. Una di queste è il coniglio. Il coniglio lo mangiavo, poi, avrò avuto dieci anni forse anche meno, ho preso in braccio un coniglio. Ci sono anche delle foto che ci ha fatto mio papà, ci siamo io e mia sorella che teniamo in braccio un coniglio ciascuno. Ci abbiamo passato un pomeriggio intero ad accarezzare conigli. Da quel giorno quando mia mamma faceva il coniglio io lo mangiavo piangendo. Poi mia mamma ha smesso di farlo.

venerdì 6 aprile 2012

Cetto Laqualunque docet

Qualche giorno fa ci sono state le elezioni dei rappresentanti dei dipendenti che faranno parte del Comitato di Dipartimento. Prima di mangiare ho controllato la mail e ce ne era una di uno dei due rappresentanti della mia categoria

"Ringrazio gli amici elettori e........qualunquemente..." Scherzi a parte.. cercherò di fare del mio meglio.

a me a leggere 'sta mail un po' vien da ridere ma un po' vien da piangere
lui era la mia seconda scelta, anche la candidata alla quale ho dato la mia preferenza è stata eletta (per fortuna)

giovedì 5 aprile 2012

Hesse

In laboratorio abbiamo un ospite belga, da due giorni, lavorerà a un progetto in collaborazione con una collega. Sembra simpatico. Ieri abbiamo interagito poconiente, giusto le presentazioni e il salutarsi quando se ne è andato. Si chiama Hermann e il cognome, anche se non me lo ricordo, sembra un cognome francese. Non mi sta in testa il suo cognome e così con questa collega quando non era ancora arrivato ma sapevamo che doveva arrivare io lo chiamavamo Hesse. Claudia, le dicevo, quando arriva Hesse? Come posto scrivania Hesse potrebbe prendere quello che era di C. le dicevo. Dimmi te se si può essere più stupidi. Oggi HH ed io siamo andati a prendere un caffè insieme e un mezzo dialogo l’ho fatto. Mi son lanciata in una (piccolissima) conversazione non scientifica nonostante il mio vocabolario decisamente ristretto e il mio fortissimo accento italiano. Un dialogo di quelli semplici e tranquilli che devo andar pianino quando è tanto che non parlo inglese. Dovevo anche un po’ vedere come andava, che tipo era. Iniziamo a chiedergli se ha voglia di prendere un caffé, mi son detta, posso mica star zitta per dei mesi e rispondere solamente se mi domanda qualcosa. E poi lo so che quando si va a lavorare in uno stato che non è il tuo fa ancora più piacere se qualcuno ti si rivolge non solo per questioni di lavoro, l’ho provato. Soprattutto i primi giorni fa molto piacere. E così ho saputo che è qui con la famiglia, hanno tre figli, due gemelli maschi di dieci anni e una bambina più piccola. Han preso casa a Nervi. Per via di quel cognome, quello che anche adesso non mi ricordo, ero convinta di sentirlo parlare inglese con l’accento dei francesi e invece no, lo parla con l’accento dei tedeschi. Quando ieri ci siamo presentati e l’ho sentito mi son detta Ma perché mai Hesse dovrebbe parlare con l’accento dei francesi. Oggi ho scoperto che HH è del nord del Belgio.

mercoledì 4 aprile 2012

con le pietre

Ci son delle giornate che sarei capace di parlar con le pietre. Sento proprio il bisogno di parlare e non so contenerlo. Proprio non ce la faccio a parlare solo nella mia testa. Ho un inspiegabile bisogno di sentire e di dire, di dialogare con i miei simili.
Oggi sono riuscita a parlare
- di amarilli con il barista che mi prepara il caffè alla mattina, i suoi sono molto più avanti dei miei
- del leggere quando si è in coda con la cassiera della banca, che era curiosa si vedere che libro avevo in mano
- di oche (intese come pennuti) con la signora cilena che ho incontrato sul ponte che c’è vicino all’ospedale e che si era fermata anche lei a guardarle, una persona simpaticissima che si è messa a raccontarmi del festival della canzone che c’è nella sua città, Viña del Mar.
- dell’importanza di sorridere ogni tanto con la fruttivendola, poi lei mi ha raccontato che prima faceva la parrucchiera e che ha iniziato a lavorare a undici anni perché in casa erano in tanti
- della cattiva educazione di molti medici (leggere tranquillamente del fatto che molti medici sono conviti di essere degli dei nati uomini per non si sa che strano sbaglio) con una collega.
Ci sarà stato qualcosa nell’aria, oggi eravamo in tanti ad aver voglia di parlare. O forse li ho incontrati tutti io. Va tu a sapere.

martedì 3 aprile 2012

uova sode

Quando ero bambina il sabato sera prima di Pasqua mia mamma faceva le uova sode, tante. Poi mentre noi dormivamo le nascondeva in giro per casa e la mattina di Pasqua, prima di andare a messa, andavamo alla ricerca delle uova. Era bello. C’erano dei punti dove si sapeva che le avrebbe messe, lì si andava facile, bastava svegliarsi per primi. Altre invece le nascondeva in posti diversi ogni anno. Era più bello trovare quelle, era come se valessero di più. Dopo pranzo i grandi (c’erano anche mia nonna, sua sorella con suo marito e miei due bisnonni) si riposavano e noi coloravamo con gli acquarelli le uova che avevamo trovato la mattina. Più ne trovavi, più ne avevi da colorare. Su alcune ci mettevamo le decalcomanie, era difficile metterle sulle uova, bisognava scegliere quelle piccole, quelle grandi facevano le pieghette e poi per toglierle rischiavi di romperle e rovinare tutto. Alla sera si mangiavano le uova con l’insalata. Anche la sera del giorno dopo si mangiavano uova sode.

lunedì 2 aprile 2012

più o meno



La sfera è il solido geometrico costituito da tutti i punti che sono ad una distanza minore o uguale a una distanza fissata da un punto O. Più o meno.

domenica 1 aprile 2012

una gran bella invenzione


Oggi è l’ultimo giorno di La storia in piazza e tra le tante cose che mi sarebbero interessate ho deciso di andare all’incontro con Alberto Manguel, La biblioteca dell'ebreo errante si intitolava il suo discorso. Era un discorso scritto e questo gli ha permesso di leggerlo nella nostra lingua, molto bello (molto bello è per il discorso ma anche per il fatto che non ci fosse la traduzione simultanea, la traduzione simultanea, ma anche quella frase per frase, a volte è una benedizione ma bisogna riconoscere che un po’ disturba nel lasciarsi andare all’ascolto, almeno, a me succede così). Manguel ci ha portato in giro tra i suoi pensieri e tra i suoi ricordi, ci son stata bene. Poi, quando ha finito, mi son meravigliata del fatto che fosse già finito, ho guardato l’ora e mi son data dell’egoista, mi son detta Che egoista che sono, dovrà ben mangiare.

“I libri sono l’invenzione più utile, più pratica e più concreta per trovare se stessi e gli altri” (io lo virgoletto perché stranamente oggi avevo con me carta e penna, ci sono buone probabilità che sia stato detto proprio così, poi, se non è così, beh, così mi è arrivato)

meteo

Sole sulle palme, poggia sulle uova. C’è chi dice Sole sugli ulivi, acqua sulle uova, ma il senso non cambia. Bon, mettiamocela via, domenica prossimo è brutto, almeno, qua da noi.