mercoledì 31 agosto 2011

più dritte e più preziose

Non l’avevo mai sentito leggere. Recitare sì, tante volte in televisione, tre volte dal vivo. Legge molto bene, ‘sta sera ci ha letto La strage dei Proci. Era nel cortile di Palazzo Tursi (ingresso libero, mezz’ora prima sono riuscita a trovare un posto per terra sotto il palco, mi sa che per la comodità di una sedia bisognava arrivare con un’ora d’anticipo). Ha anche recitato, tre pezzi includendo nel conto il bis. Era accompagnato da un fisarmonicista, molto bravo anche lui. A me le parole e la musica mescolate, anche in cose che non siano una canzone, spesso piacciono. Ogni tanto saltan fuori delle combinazioni belle, è un po’ come se si esaltassero a vicenda. Ogni volta che lo sento son lì a dirmi: ma guarda che bella testa che ha Ascanio Celestini. Però dal vivo è ancora meglio. Quando si ha la possibilità di farle certe cose bisogna proprio farle, ché poi si sta bene. Non si può immaginare prima come si sta bene dopo, perché può succedere o no, però se succede poi si sta proprio bene. Non so, magari capita a tutti, ma a me, se ascolto una persona e l’ho davanti, la ascolto meglio. Mi sembra quasi che le parole arrivino più dritte. Mi sembra quasi che il fatto che sia lì a dirle le renda più preziose, che lo sforzo che fa (lo so che lo fa di mestiere ma lo sforzo rimane lo stesso) le renda un dono ancora più bello.

a volte

a volte si è allegri e si sa perché
a volte si è tristi e si sa perché
a volte si allegri e non si sa perché
a volte si è tristi e non si sa perché

(a volte si fanno pensieri di un’ovvietà sconvolgente)

lunedì 29 agosto 2011

le radici dei sentimenti

È anche opportuno sottolineare che ogni lingua si sviluppa maggiorante nei settori di particolare importanza per quella determinata cultura. Ben nota è, per esempio, l’innumerevole quantità di termini presenti nella lingua sami per descrivere la renna e la profusione di parole relative alla neve. All’interno del meänkieli il vocabolario è particolarmente ricco nell’ambito delle imprecazioni e ingiurie di vario genere.
/…/
“Qual è l’aspetto più importante dell’essere tornedaliana, per lei?”
“La lingua, naturalmente”, rispose Kerstin. “Il tornedaliano è la mia lingua madre, ed è lì che sono più radicati i sentimenti. Quello che viviamo da piccoli ci plasma per tutta la vita.”
“Dunque per lei il Tornedal è soprattutto il meänkieli?"
“Sì, /…/ ”

L’uomo che morì come un salmone - Mikael Niemi (pag.126 e 127)

venerdì 26 agosto 2011

verità vere (5)

Le focaccette al formaggio (rigorosamente fritte, se no che focaccette sono) sono molto buone.

Mia mamma dice che fritte bene son buone anche le suole delle scarpe, non so se sia vero, e non ci tengo a fare l’esperimento, ma di cose fritte che mi piacciono ce ne sono davvero tante. (però non è normale mangiare le focaccette e poi, dopo meno di due ore, farsi venir in mente quanto sono buoni i fiori di zucchina fritti)

animale asociale

Sto diventando un animale asociale, sul lavoro. Oppure è che a forza di vivere con l’orso sardo sto imparando. Va tu a sapere. Son stata così bene ‘sti giorni da sola, ho fatto così tante cose, tutto con calma, a volte anche senza calma a essere sincere ma solo perché lo volevo, che non so, mi dispiace fin che sia stato l’ultimo giorno nel quale ero sola in laboratorio.
Poi penso che forse lunedì torna anche la mia amica C. e sto meglio.

giovedì 25 agosto 2011

ora dalla bottiglia


C’è Cato che adesso vuol bere solo dalla bottiglia. Gli è sempre piaciuta l’acqua corrente, ora gli piace la bottiglia. Devo farla correre io l’acqua, la sua umana domestica. È un po’ scomodo dargli da bere così ma è anche divertente. Io vado a bagnare le piante e lui mi miagola intorno che vuol bere dal innaffiatoio. Io glielo spiego che non si può ma lui niente. Glielo dico che a volte ci metto il concime liquido, che non è il caso di bere da lì ma lui non mi ascolta, è troppo preso a miagolare per ascoltare. Miagola e mi marca stretta. Allora io gli faccio gli scherzi e non seguo un ordine, cerco di seminarlo nel mio micro terrazzo (cosa che a volte mi riesce ma perché è un gatto un po’ tonno). Poi alla fine prendo il vuoto di una bottiglia d’acqua la riempio, mi siedo per terra e gliela rovescio piano piano in una ciotola. E lui lecca beato, schizza da tutte le parti, strizza gli occhi perché se la tira contro, ogni tanto arretra perché gli va di traverso ma poi torna. E quando finisce mi guarda come a dire: basta? Allora, a volte, quando vince il mio brutto carattere, se mi guarda così invece di farmi le fusa di ringraziamento, gli scrollo le ultima gocce sulla testa.

martedì 23 agosto 2011

va bene anche la nonna?

Ero al semaforo, aspettavo il verde, e ho visto due ragazzi, avran avuto sedici anni più o meno, erano accucciati a guardare sotto una macchina che era parcheggiata lì vicino. Han tirato fuori una palla, gialla, con una greca rosa e si son messi a guardare le finestre del palazzo di fronte. L’ho fatto anch’io. C’era una bambina a una finestra, si vedeva poco, dal naso in su. È tua la palla? le ha chiesto il ragazzo. E lei gli ha riposto: sì. L’ha detto piano, più che sentirlo lo si capiva dal movimento della testa, della parte della testa che si vedeva, ne scompariva ancora un pezzo sotto la finestra. Allora il ragazzo le ha detto: dì alla mamma se scende che gliela do. La bambina non rispondeva, così lui l’ha ripetuto urlando per coprire il rumore delle macchine che passavano. Poi la bambina ha detto: la mamma non c’è, va bene anche la nonna?

lunedì 22 agosto 2011

parole

In questi giorni sono sola in laboratorio, così ogni tanto canto. Quando sono cose non troppo impegnative, tengo la radio accesa e se (più o meno) so le parole della canzone, mi metto a cantare. Sono decisamente stonata, ma se non c’è nessuno me ne frego abbastanza. L’unico rischio è che arrivi il corriere della DHL, ma è un ragazzo simpatico, secondo me si fa una risata a sentirmi, di certo non si fa dei problemi, e non me li faccio neppure io. Oggi è successa una cosa strana, prima c’era una canzone e potevo benissimo cantarla fingendo che quelle parole fossero mie, e così pensavo a una cosa e cantavo la canzone. Era un po’ come se la canzone diventasse la mia voce. Subito dopo ne arrivata un’altra, le parole le sapevo, sono andata avanti a cantare, ma poi ho smesso di colpo: ma che cosa sto dicendo, mi son detta. Era finito il gioco. Erano tornate a essere solamente canzoni. Che peccato, era molto più bello prima.

domenica 21 agosto 2011

dell'ortica

Ieri avevamo appena parcheggiato per andare a cena dai suoi genitori che ci viene incontro sua sorella (costume e pareo, stava tornando dalla spiaggia). Ma Latte sei così bianca che non ti si può stare vicino, mi dice come prima cosa. Prima anche di ciao. E io mi sono sentita rispondere: Ciao Anna, eh, sono andata al mare poco quest’anno. Ma non so perché dicevo così dal momento che pensavo: ottima idea, fatti un giro, che ne so, va a raccogliere dell’ortica, così in costume e pareo. Mi sembra una gran bella idea, non ti pare?

(Comunque oggi, sfidando bollini neri, siamo andati al mare, sono stata quasi sempre sotto l’ombrellone. Si stava benissimo)

sabato 20 agosto 2011

quella fortezza necessaria

… , e ognuna di loro era anche stata capace di costruire intorno a sé quella fortezza necessaria a una donna sola: mamma era difesa dalla muraglia dei libri e dal suo manto ascetico, la zia nera dalle sue ostentazioni di forza e indipendenza, mia sorella dal suo humour e dal suo sarcasmo, suoi scudieri, e la nonna dalla sua propensione a gestire amministrare e organizzare, che tutti detestavano ma di cui nessuno poteva negare l’utilità.
La casa delle grandi donne - Meir Shalev pag. 243

giovedì 18 agosto 2011

dell'inquietudine

Oggi andando a lavorare ho visto sull’asfalto scritto in grande, in rosso: se tu fossi veleno / io ti berrei // se tu fossi religione / io sarei la santa sede, e puoi due cuori. Non so, magari la persona che ha ricevuto quel regalo lì, quella scritta sull’asfalto è stata contenta, a me, a leggerla, è venuta su dell’inquietudine.

mercoledì 17 agosto 2011

nostalgia



(mercato del pesce - Rialto)

oggi a me

Domani si torna in laboratorio. Domani s’inizia a smaltire l’arretrato nato in queste tre settimane. Tre settimane di ferie e due giorni di recupero straordinario a voler essere precise. Era da tanto che non mi prendevo così tanti giorni di fila. Ieri lo dicevo a Cato, oggi lo dico a Latte: fattene una ragione.

martedì 16 agosto 2011

sul comò

‘Sta mattina mi sono svegliata e capivo che era presto per alzarsi ma non che ore erano. Adesso non mi muovo così mi riaddormento subito, pensavo. Ma c’era qualcosa di strano. Ho allungato un piede, toccato Daniele, era lì, nessuna reazione. Mi sono decisa a guardare l’ora e sul comodino c’era Cato seduto che mi fissava. Quando ho acceso la luce per vedere l’ora mi ha detto: Miu. Stando lì seduto composto con la coda sulle quattro zampe. Eran le cinque. Coro Cato per mangiare devi aspettare almeno altre due ore, fattene una ragione, se vuoi puoi venire qua a dormire, ti faccio un po' di posto, gli ho risposto. So essere molto crudele, se voglio.
Poi oggi, al mare, tutto il giorno con in testa Ambarabà ciccì coccò, tre civette sul comò.

ferragosto

Ieri saran state le sei e mezzo sono andata a farmi un giro. Era tutto il giorno che stavo a casa e poi stavo finendo le sigarette. In centro non c’era nessuno. C’era via XX deserta, non c’erano persone, non c’erano macchine, non c’erano autobus. Veniva quasi voglia di camminare in mezzo alla strada. Sono andata al porto. Al porto invece c’era gente. Mi sono seduta su una panchina. Una di quelle che hanno messo quando c’è stato il G8, giran intorno alle palme, delle palme magre e alte. Iniziano a fare ombra adesso. Mi son messa a guardare dei bambini che giravano con la bici. C’era una bella luce che illuminava S. Giorgio. Appena restaurato S. Giorgio non mi piaceva, sembrava un cofanetto di caramelle di una volta. I colori sembravan finti da tanto accesi che erano. Ora è più bello. Ero lì seduta e mi sono accorta che si sentiva parlare pochissimo in italiano. Ho fatto un giro tra la gente prestando attenzione alla lingua che sentivo. L’italiano era parlato da persone sopra i sessanta e da una famiglia di turisti. Sembrava di essere in una città differente. Si stava benissimo.

lunedì 15 agosto 2011

magari domani sera

A volte i miei pensieri si mettono a girare e non so bene dove vanno. Oggi mi è venuto in mente che era tanto che non giocavo a freecell, da quando ho cambiato computer. L’ho scaricato, all’inizio è stato un disastro, poi è andata meglio. Sono arrivata a undici partite vinte consecutivamente. Ora sarebbe il caso di cacciarlo nel cestino e fare subito svuota cestino. Magari domani, domani sera.

domenica 14 agosto 2011

con le proprie mani

Oggi ho finito di farmi uno scialle. Mancava poco per finirlo, meno di due ore di lavoro. Ora è lì steso sullo stendino. L’ho appena lavato, cioè l’ha lavato la lavatrice, programma per delicati; mi sembra venuto bene. L’ho lavato prima di usarlo perché Cato ha partecipato attivamente alla sua realizzazione e quando ho piantato lì per un po’ di giorni l’ha adottato come cuccia. È grigio, c’è più di un grigio. Ho unito due filati, uno più spesso con del cotone e del lino, irregolare e con più colori già mescolati, il secondo filato è invece un grigio chiaro, è un classico gomitolo di cotone, un filato molto ritorto. Dal momento che il secondo filato è più sottile del primo ma il peso dei due gomitoli è uguale ho avanzato del cotone grigio chiaro. Quello che ho avanzato l’ho usato per fare dei fiori all’uncinetto e poi li ho cuciti su uno dei due lati lunghi dello scille e sui due lati corti. Non vedo l’ora di usarlo. A volte mi dimentico quanto è bello fare le cose con le proprie mani. Poi lo riscopro e son contenta.

sabato 13 agosto 2011

quasi



il feroce felino si nasconde nella giungla ... quasi

Perché non sono sempre così?

Siedo e leggo un poeta. Nella sala c‘è molta gente, ma non si avverte. Sono nei libri. A volte si muovono tra le pagine come persone che dormono e si rigirano tra due sogni. Ah, come è buono stare in mezzo a uomini che leggono. Perché non sono sempre così? Puoi avvicinarti a uno e sfiorarlo: non sente nulla. E se nell’alzarti urti appena un vicino e ti scusi, lui accenna con il capo dalla parte in cui sente la tua voce, il suo viso si volge verso di te e non ti vede, e i sui capelli sono come quelli di un uomo che dorme. Come fa bene questo. Ed io siedo e ho un poeta.

I quaderni di Malte Laurids Brigge - Rainer Maria Rilke - pag.33-34.

venerdì 12 agosto 2011

due giorni dopo


(la strada sotto casa)

poi sono andata

Oggi sono andata a vedere le stanze del Palazzo Reale. Mi son proprio piaciute. Ne è valsa la pena. Che poi, a pensare al significato delle parole, pena? pena proprio per niente. Io mi sono fatta un bel giro questa mattina altro che pena, divertimento. Mentre andavo sono passata davanti alla prefettura che qua è in un bel palazzo (Palazzo Spinola) e ci sono entrata. Mai stata neppure lì. Chissà che cosa fa il prefetto durante la giornata, mi son chiesta entrando. Poi in è venuto in mente che poco tempo fa il prefetto di qua era finito su tutti i giornali e dal momento che sono ignorante e non so quali sono i compiti del prefetto ma mi ricordavo gli articoli che erano usciti sulla ristrutturazione del bagno della prefettura (che era costata più di cento mila euro perché avevano usato marmi pregiati, e i sanitari erano di gran lusso e poi, così tanto per fare, ci avevano fatto anche un bagno turco con luci per la cromoterapia) me lo sono immaginato che andava in bagno. Comunque, lasciando perdere la mia ignoranza, la parte del palazzo che si può visitare senza entrare negli uffici è molto bella. Continuando nel mio percorso verso il Palazzo Reale son passata davanti a Palazzo Rosso e c’era una mostra fotografica a ingresso libero. ‘Spetta che andiamo a dare un’occhiata, mi son detta entrando. Porca miseria che bei scatti che fa Luca Forno mi son detta uscendo. Se per caso siete da queste parti vi consiglio di andarci. "Voci, Silenzi - la sostenibile lentezza dello scatto", s’intitola quella mostra (il titolo mi piace, il sottotitolo meno, ma lì è questione di gusti, invece le foto son belle-belle).


(Palazzo Spinola)

mercoledì 10 agosto 2011

palazzo reale


Oggi per la prima volta sono entrata nel Palazzo Reale. Solo entrata, volevo essere a casa per l’una, una e mezza al massimo, era già tardi. Mi è piaciuto molto, adesso voglio tornarci e visitarlo. Dentro. Io non so se capita solo a me o se succede anche agli altri ma trasferirsi in una città per motivi di studio o di lavoro poi mi porta a non guardarla mai bene. Se uno in una città ci è nato è un conto, pian piano, negli anni, le cose le vede. Se uno ci va da turista è un conto ancora differente, l’ha scelta come meta di un viaggio, è normale che si guardi in giro. Ma se ci si arriva per lavoro diventa una città che si guarda subito dal lato pratico. Interessano le zone per cercare casa, i mezzi di trasporto, i supermercati e i mercati. Mano a mano che il tempo passa si inizia ad avere punti di riferimento, nella testa inizia a farsi una mappa che nasce senza l’aiuto di una cartina. Si inizia trovare bar, ristoranti, cinema, teatri. La si inizia a vivere come spazio. Poi si inizia ad attaccare ricordi ai posti. Della storia di quella città invece non ci si occupa molto.




E così, senza nessun motivo, oggi mi è capitato che dopo un numero impressionante di volte che ho fatto via Balbi mi sono accorta di un ingresso e ho provato a varcarlo. Mica mi mangiano e non è neppure proibito, mi son detta, basta smettere di camminare per la via e entrare.

un’unica eccezione

Il fascino delle divise non l’ho mai capito. So che esiste però, ho conosciuto persone che lo sentono. Io no. Ci sono divise che mi lasciano indifferente (come quelle della marina) e divise che decisamente mi allontanano (in questo caso la lista è lunga) e poi c’è un’unica eccezione: il pompiere. Il pompiere mi piace. Io, se vedo un pompiere, l’occhio lo butto e spesso lo lascio là anche per un bel po’.
Poco fa stavamo mangiando un gran soleil (lo so che avevamo mangiato budino a cena però ormai erano passate delle ore, ci stava bene e poi siamo in vacanza) e io dico: ma la senti questa puzza? E lui mi risponde: no, che puzza senti? Come di gasolio, gli dico. Dopo poco insisto: ma davvero non la senti? È fortissima. Vado sul balcone e nella strada sotto la nostra stava bruciando un cassonetto della rumenta, delle fiamme altissime e dopo pochissimo c’è stato uno scoppio. Un motorino che era parcheggiato lì vicino. Sono rientrata e ho chiuso la finestra. Stavo cercando il telefono quando Daniele mi ha detto: guarda che li hanno già chiamati, sono qua. Erano arrivati i pompieri. E io da dietro il vetro del salotto son stata lì a guardarli. Erano bellissimi. Calmi, con i loro getti d’acqua, sempre più vicino al cassonetto e poi solo fumo e poi ancora a bagnare tutte le moto e le macchine. Ora sono andati. Ora si può di nuovo aprire la finestra che l’aria è respirabile.
(per la cronaca aggiungo una cosa importante: nessuno si è fatto del male)

martedì 9 agosto 2011

e può fare le sue cose

Se si giocava magari alla guerra, c’erano sempre dei litigi perché tutti vogliono fare il generale o il comandante, io invece volevo essere un soldato normale che fa il suo lavoro e a fine battaglia non ha più pensieri e può fare le sue cose, come per esempio che fuma le sigarette o tiene un diario o scrive alla fidanzata.
(Esche vive – Fabio Genovesi - pag. 179)

lunedì 8 agosto 2011

un animale socievole

Oggi, sono andata in posta che dovevo pagare la tassa della rumenta. Arrivata ho preso il mio numero e mi sono seduta ad aspettare. Sono delle poste piccole, ci va poca gente, han messo delle sedie in legno tutte legate tra loro, comode. Avevo solo sette numeri d’avanti e gli sportelli erano tre, c’era poco d’aspettare, mi sono messa a guardare le persone che eran lì con me. Una signora, avrà avuto l’età di mia mamma, quando ha finito si è appoggiata a uno di quei tavoli che sembrano i tavolini del autogril ma che ha su i bollettini vuoti, era proprio vicino alla mia sedia, si è appoggiata e ha chiamato, penso, il marito. Senti, ha detto, mi ripeti il nome della medicina che in posta ho finito, ora vado in farmacia. Poi gli ha chiesto se dal panettiere oltre che al pane poteva comprare dei biscotti che nel pomeriggio avrebbe invitato Ada a prendere un caffè. Quando ha messo giù ha cercato nella borsa un’agendina telefonica, ha cercato il numero dell’amica e l’ha chiamata. Si son viste questo pomeriggio verso le quattro e mezza. A me, a vedere l’agendina, a vedere che il numero non lo cercava nell’agenda del telefonino, lo cercava nell’agendina mi è venuto da sorridere. Le avrei quasi detto: che bello vedere ancora le agendine. Quelle con gli angoli tutti rovinati. Le agendine che sono state in borsa per tanto tempo, che hanno cambiato tante volta borsa. Quasi però, son stata zitta.
Ci sono delle giornata che mi sento proprio un animale socievole. Poi, dal panettiere, ho preso anch’io dei biscotti e alcuni li ho appena cacciati dentro a un budino al cioccolato, di quelli che si fanno in pochi minuti, con le bustine, così domani quando torniamo dal mare abbiamo il dolce.

domenica 7 agosto 2011

due propositi (piccini)

È dalle vacanze di Natale che volevo farlo, poi non l’ho fatto e dopo è successo che non avevo mai tempo. Non è una cosa necessaria, tutt’altro, è solo una piccola cosa che mi faceva piacere fare. Una cosa da nulla: pulire le cornici d’argento. Non ne ho tantissime ma ne ho un po’. Mi piacciono. Se se ne esclude una che ha la foto di un gatto, una gatta a essere precise, le altre hanno foto o di Daniele o dei miei parenti (in una ci sono io ma è un regalo e quindi sta lì anche lei). A lui non piacciono molto ma le tollera perché sa che a me vedere in giro la mia famiglia piace. Oggi l’ho fatto. Alcune erano quasi nere ormai. Si fa una fatica bestia a farle tornare del loro colore quando sono così ossidate. Ora son qua e dal divano le vedo, son più belle ora. Mi do la sufficienza piena, di più non si può neppure a voler essere magnanimi. Però se adesso evito di far passare sette anni da una pulizia all’altra magari la prossima volta ci metto meno e vengono anche meglio.


Il prossimo libro che leggerò lo scelgo allegro, devo compensare. Oggi ho finito Settanta acrilico, trenta lana. La prima parte di quel romanzo mi è piaciuta, poi ha preso una piega che non mi convince e il finale non mi è piaciuto. Secondo me è un libro che, se uno ha mai avuto a che fare con la depressione, quella vera non quella che quando le cose vanno storte abbiamo tutti sulle labbra, è da leggere se si sta bene. Tipo se si è in vacanza con le giornate a disposizione, quando alla mattina non si sa bene che cosa si farà e poi alla sera ci si rende conto che la giornata è finita e si vorrebbe fare altre mille cose e si dice: magari domani, tanto anche domani sono in vacanza.

sabato 6 agosto 2011

sull'udito

È una cosa stranissima l’udito. Però ormai sono sicura, ho fatto numerosi esperimenti e ora ho anche un’analisi con tanto di statistica. Non c'è da discuterci su più di tanto, è scientificamente provato. Ci sono delle persone che se dici loro: ho letto quasi tutto il giorno, o: sono andata al mare, quelle due frasi suonano diverse, ma molto diverse. E ci sono delle persone per le quali quelle due frasi suonano più o meno uguali e ti chiedono: che libro ti sei portata?

giovedì 4 agosto 2011

miseria e ricchezza

In genere io sono convinto che la miseria e la ricchezza siano qualità innate, proprio come ad esempio il colore dei capelli o, supponiamo, l’orecchio alla musica. Uno nasce povero, l’altro ricco. Ed i soldi qui in definitiva non c’entrano affatto.
Si può essere miseri con i soldi e, analogamente, essere dei principi senza avere una lira.

Cento volte avevo potuto convincermi che la povertà è una qualità innata. E la ricchezza pure. Ognuno sceglie ciò che più gli piace e, per quanto strano possa sembrare, molti preferiscono la povertà. Rafael e Musja avevano scelto la ricchezza.

(Straniera - Sergej Dovlatov - pag 26, e pag 103)

mercoledì 3 agosto 2011

33 - è innegabile


e l’altra mattina, prima che la rimettessi nella cassapanca mi ha chiesto: me la fai una foto ricordo? Ne hai fatte mai tante in questi giorni, ne fai una anche a me? E si è messa in posa. La foto è quello che è, però è innegabile: anche adesso, nonostante la sua età, si vede benissimo che è (ed è stata) una gran bella coperta da carrozza.

uh! bello

Aprire gli occhi e rendersi conto che si è a casa propria e che nel letto non si è soli.
Sentire delle fusa e un naso umido quando non si è ancora svegli del tutto.
Alzarsi con il profumo del caffè, andare in salotto e trovare una torta alla frutta e dei pacchetti.

martedì 2 agosto 2011

32 - verità vere (4)

Quando si fa la valigia per tornare bisogna sforzarsi per fare una cosa fatta con del sentimento.

Raccattare quello che si è sparso per casa durante le vacanze mette tristezza, molto più di metter su la lavatrice con le lenzuola e gli asciugamani e pulire i pavimenti.

Spesso nei ritorni c’è un lato negativo ben visibile e uno positivo nascosto. Bisogna solo sforzarsi e cercarlo, poi, se lo si trova, va meglio.

lunedì 1 agosto 2011

31 - un mostro



Alle sette e trenta di questa sera è stato avvistato nel canale della Giudecca un mostro. Pare abbia già lasciato la laguna. (Speriamo)

30 - sull’utilità dell’arte del copiare

Sono andata alla Scuola Grande di San Rocco. Solo che, sarà stato che la colazione era ormai lontana, a me a continuare a guardare il foglietto e poi guardare il soffitto e poi ancora il foglietto e poi ancora il soffitto girava un po’ la testa. Adesso mi siedo, mi son detta. E mentre ero seduta a ammirare la parete che avevo davanti (sono tre sale incredibili, non si finisce mai di guardare: pavimenti, soffitti, pareti) ho visto un signore che prendeva uno specchio da un tavolino e lo usava per guardare il soffitto. E mi è venuto in mente una cosa che mi diceva spesso mia mamma quando da bambina mi arrabbiavo perché non riuscivo a fare delle cose. Latte, mi diceva, con calma. Primi copi. Poi, quando hai imparato a copiare, lo fai. Poi quando lo sai fare, se ti va, lo cambi.

29 - gatte