domenica 31 luglio 2011

28 - storia di un buco e di un angelo



C’era una volta uno, era un avvocato, e si era arricchito imbrogliando alla grande. Una sera invita a cena un suo amico frate (il frate si chiamava Matteo, il nome dell’avvocato non lo metto che poi i discendenti non si sa come la prendono, non li conosco e non voglio rischiare). Vieni, gli dice, viene a cena fra Matteo che ti mostro anche una scimmietta che ho appena preso. Roba da non crederci, sa far tutti i lavori in casa e cucina anche bene. Il frate decide di andare, sono amici. Accetta volentieri l’invito e poi al convento avevano cambiato le cuoche e non è che si mangiasse così bene. Non appena vede la scimmietta si rende subito conto di avere davanti il demonio. Porco di un demonio, che cosa ci fai in casa del mio amico? gli chiede. Il demonio sorridendogli gli risponde: guarda che il tuo amico non è mica uno stinco di santo. È diventato ricco imbrogliando e sfruttando la povera gente. Io son qua per portargli via l’anima solo che quello, la sera, prima di dormire, prega e così non sono ancora riuscito a farlo ma ‘spetta solo che una sera se ne dimentichi e il tuo amico vien via con me. Ti ordino di andartene subito da questa casa, gli urla il frate. Non ci penso proprio gli risponde il demonio. E i due iniziano a litigare, poi alla fine trovano un accordo. Il diavolo gli dice, va bene, me ne vado ma solo se mi lasci fargli almeno dei danni. Danni? gli chiede il frate, affare fatto, te ne vai facendogli dei danni ma il danno lo scelgo io. Il diavolo accetta, anche perché si era stufato di rifare letti, spazzare per terra e far da mangiare. Allora il frate gli dice: puoi uscire dalla casa attraverso il muro, bucandoglielo. Il diavolo si arrabbia perché come danno era sì un danno ma non il tipo di danno che pensava lui. Poi però, dal momento che è un diavolo di parola se ne va bucando il muro. Che fatica, pensa fra Matteo, ma dimmi te se uno deve andare a cena da un amico e poi gli tocca lavorare. Adesso quello là mi sente. Faciam dopo cena, sia mai che poi non mi dà la cena, ‘spetta, ora mangiamo poi gli faccio una bella predica all’avvocato. Dopo cena mentre sorseggiava un grappino prende l’avvocato e lo rivolta come un calzino. L’avvocato inizialmente nega tutto e il frate si arrabbia. Senti caro mio, gli dice fra Matteo, siamo amici di vecchia data ma quel diavolo mi sembrava un diavolo di parola e io gli credo. Prende un angolo della tovaglia, lo strizza e dalla tovaglia esce sangue. È il sangue della povera gente che hai imbrogliato, gli urla fra Matteo (che era anche un po’ alticcio e stava perdendo la pazienza). Allora l’avvocato si pente di tutte le sue male azioni e promette di comportarsi secondo giustizia (che poi, al di là di tutto, anche il suo lavoro avrebbe a che fare con la giustizia). Ormai è tardi il frate fa per andare ma quando si stanno salutando l’avvocato domanda al frate: ho paura che torni, ormai la strada la conosce e poi c’è anche il buco, cosa faccio? E il frate gli dice: hai ragione. Quel buco è un problema da non sottovalutare. Sai cosa puoi fare? Eh, no gli risponde l’avvocato, te lo sto chiedendo perché non ho idea. Fra Matteo ci pensa un po' su poi gli dice: Facciamo che ci metti sotto un angelo. Dovrebbe funzionare. Ora vado che sono stanco. ‘notte.

27 - sul subito


Ci sono delle foto che sul subito mi piacciono poi arrivata a casa, le guardo con calma, e non mi piacciono più (una è messa proprio qua sopra). E delle altre che sul subito non mi convincono tanto poi invece, a riguardarle, non è che non veda gli errori, li vedo benissimo gli errori, ma mi sembrano un fià di più della foto ricordo.

Tu sai che io so che tu sai

E in cuor mio mi dissi: tu sai che io so che i miei segreti ormai li conosci; e tuttavia ti sarò grata se non mi dirai nulla di ciò che sai.
Nel fiore degli anni S.Y. Agnon pag. 56

sabato 30 luglio 2011

26 - un leone e i tarli del marmo

25 - altri colori

24 - angolo

23 - bianco giallo verde

22 - pantegana del 1644


(lo so c'è un'ombra che sta male, la vedo anch'io, ma non potevo mica rimanere lì fino a che scompariva)

21 - ancora vere

una


e due

20 - ieri

la stanchezza mi ha giocato uno scherzo e son diventata logorroica. Allora oggi, che anche oggi ho girato tutto il giorno, per star sicura di non scrivere troppo, scrivo poconiente. Solo foto. Oggi volevo girare sopratutto per il sestiere di Cannaregio, lo conosco pochissimo. Dal momento che ero in zona sono andata a fare il biglietto del treno per martedì. Ho trovato ancora posto con la tariffa mini (37 invece di 50), avrei dovuto essere contenta e invece sentivo che mi stava cambiando l’umore. In peggio. Poi alle due mi son fatta del bianco con i cicchetti. Passato tutto.

venerdì 29 luglio 2011

19 - barbacano



Da quando ho scoperto che cos’è un barbacano ho iniziato a notarli. E a me questa cosa che si riesca a far guadagnare dello spazio dal primo piano lasciando invariata la larghezza della calle mi sembra una gran trovata. Anche che ce ne sia uno standard, che valga per tutta Venezia, e che gli ampliamenti degli appartamenti non siano stati fatti ognuno come voleva la trovo una gran bella cosa. E son anche contenta di aver visto quello che dà le misure standard che sta in Calle della Madonna (e non era mica così facile da trovare).

18 - parlante inglese

Qua mi stan prendendo tutti per parlante inglese, anche nelle chiese, e sì che quando entro dico: Buongiorno. Non che normalmente entrando in chiesa io mi metta a salutare ma qua le chiese son quasi tutte con l’ingresso a pagamento e, niente, io dico buongiorno e loro mi danno il cartoncino con le notizie relative alla chiesa in inglese. L’avete per caso in italiano chiedo? E loro mi danno quello giusto, ma sorpresi. (Per entrare nelle chiese si può fare un biglietto cumulativo: dieci euro per quattordici chiese ma le chiese te le scelgono loro. Allora bisogna star attenti, c’è da guardare la lista delle chiese, poi se son più di tre nella lista quelle che si vogliono vedere conviene perché l’entrata varia dai due euro e mezzo a tre. Dura un anno quel biglietto.) Anche oggi a San Polo stessa storia, allora chiedo quello in italiano e il ragazzo mi risponde: ti avevo presa per inglese. Eh, gli ho detto. E lui: invece sei la decima italiana che entra oggi (pausa lunga) nove erano parocchiane. Hai alzato la media. Ci siamo messi a parlare del fatto se sia giusto o no far pagare un ingresso per entrare in chiesa, di finanziamenti, dei soldi della chiesa e dello scollamento (scollamento è suo non mio) tra la istituzione chiesa e le realtà parrocchiali. È stato interessante, non la pensavamo alla stessa maniera ma era una persona con la quale si parlava volentieri. Comunque a me non dà fastidio pagare un ingresso per vedere una chiesa. L’ingresso per vedere la casa di Goldoni lo pago, cinque euro, son solo tre stanze quelle che ti lasciano vedere, senza mobili, e la cosa più bella: uno spioncino nel pavimento di quella che era la sala che permetteva di vedere l’ingresso in casa dal canale (così quei furboni dei Goldoni sapevano chi arrivava, altro che videocamera) lo tengono malissimo e non ne conoscono l’esistenza. È venuta la custode a chiedermi perché mi ero inginocchiata e allora gliel’ho mostrato (era indicato nella mia bellissima guida nuova) e le ho anche fatto notare (con gentilezza) che è tenuto così sporco che non solo ti devi inginocchiare per vedere qualcosa ma devi anche star lì a guardare tra una mosca morta e un gatto di polvere.

17 - una cosa bella che mi è successa oggi

‘sta mattina mi sono fermata a vedere una vetrina poi ho ripreso a camminare. È una cosa normale, la fan tutti, la faccio anch’io. Avevo già fatto un po’ di strada quando un ragazzo mi ha raggiunto e mi ha detto che mi aveva visto dal negozio e che mi voleva regalare uno dei segnalibro che fa. Me lo ha detto in inglese. Gli sorriso, l’ho ringraziato e gli ho detto che era stato molto gentile e che era proprio un bel pensiero. Era meravigliato che fossi italiana, poi mi ha detto: vado che ho lasciato il negozio aperto.

16 - e poi


e poi stavo tornando a casa, passo per piazza San Marco e ci sono le prove del concerto di Sting. Vuoi non fermarti ad ascoltare? Mi son fermata e ho ascoltato.

15 - sarà l'età

A star fuori tutto il giorno con una sola sosta al bar per mangiarmi una bruschetta con del vino, e il caffè (che senza caffè è impossibile finire un pasto), arrivo a sera che sono uno straccetto. Prima, anni fa, lo facevo e sì, ero un po’ stanca, ma niente rispetto a ora. Ora sono qua con i piedi in alto, che poverini oggi hanno fatto gli straordinari, distrutta. Si sta scomodissimi al computer così, ho lo schermo tutto storto e le braccia devon star strane per far arrivare le mani alla tastiera. Son più le parole che devo riscrivere che quelle van dritte alla prima. Però sono contenta dei giri che ho fatto. Ho visto un sacco di cose che non conoscevo e rivisto posti dove volevo tornare. E mi sono mezza persa solo una volta, ma per poco. Ieri invece avevo così perso il senso dell’orientamento che a un certo punto ho visto una macchina. Mi sa che ho sbagliato strada, mi son detta. Mi sa di sì, mi son risposta. Oggi invece ho ripreso subito la direzione voluta. È che nella mia testa i percorsi ci sono solo che poi, e di qui che cosa ci sarà? Ma guarda tu che bello, andiamo aventi un po’ per di qua. E bon, perdo l’orientamento, poi per ritrovarlo bisogna che arrivi, per puro caso, in un posto conosciuto.



(correzione: ho omesso che mi sono seduta un po’ su una panchina, sotto un albero molto bello. Adesso non so dove infilarlo, lo metto qua, tra parentesi)

14 - da carrozza

L’altra sera ero sul divano a leggere e mi è venuto freddo. Ho cercato un plaid, ho aperto la cassapanca e ho trovato una cosa che non sapevo cos’era ma che poteva andar bene e poi mi piaceva molto. Si stava bene là sotto a leggere con le finestre aperte. Ieri ho chiesto a mia mamma da dove veniva e lei mi ha detto che era la coperta da carrozza dello zio Angelo, il fratello della nonna Maria. Era contenta che mi piacesse perché piace molto anche a lei. Papà non la può vedere, mi ha detto. Pace, chiuderà gli occhi, le ho risposto, è bellissima.
Anche ieri sera ho letto sul divano con quella coperta sulle gambe. Si stava d’incanto. Devo ricordarmi di chiedere a mia mamma di mostrarmi una foto dello zio Angelo, il fratello preferito di mia nonna Maria, quello che era andato a vivere a Milano. Quello così tanto preferito che poi la mia bisnonna una sua figlia l’ha chiamata Angela.

giovedì 28 luglio 2011

13 - vere


Ho incontrato un signore anche lui amante delle vere. Ne ha vista una (non è quella della foto, era un’altra), ha tirato fuori dallo zaino un foglio grande di carta velina, l’ha appiccicato con quello scotch che si usa quando si dà il bianco ai muri per non macchiare le finestre, e si è messo a passare la matita. Mi sono fermata a guardarlo, è venuto benissimo, andava velocissimo senza spezzare la velina. Poi si è spostato per fare un altro lato, ci siamo guardati. A me dispiaceva che pensasse che lo stavo spiando perché non lo stavo spiando, stavo guardando quanto ero bravo a fare quella cosa lì. Sono andata via.

12 - nella propria polvere

Quest’oggi vicino a me in un bar in campo S. Stefano c’erano una coppia con due bambini piccoli. La mamma ha steso un telo per terra e ci ha messo sopra i figli con dei giocattoli. La più grande ogni tanto gattonava fuori dall’asciugamano e finiva in campo. Lei la riprendeva e la rimetteva sul telo. E mi è venuto in mente che il pediatra dal quale andava mia mamma quando noi eravamo piccoli le diceva sempre: i bambini, per star sani, devono giocare nella loro polvere.

11 - peggio di me


La prossima volta che qualcuno (a caso) mi dice: hai preso un’altra pianta? guarda che sul terrazzo ci sono già troppi vasi, io per risposta tiro fuori questa foto.

mercoledì 27 luglio 2011

10 - insegna


è l’insegna di una spezieria che non è un posto dove vendono spezie ma una farmacia. L’ho scoperto ieri leggendo una guida che mi sono comprata (Venezia insolita e segreta si intitola), magari voi lo sapevate già che cosa significa spezieria, io non lo sapevo. Ci sono delle cose molto interessanti su quella guida, ieri sera l’ho presa in mano e leggi un po’ qua, guarda un po’ là poi erano le due. Oggi ho provato a vedere se trovavo alcune delle cose che avevo letto in quelle pagine. Alcune le ho trovate altre no. Avrei dovuto portarmi con me la guida ma a causa del mio brutto carattere non l’ho fatto. Io, se mi dicono: gondola, gondola, ci rimango malissimo e un modo per diminuire le probabilità è non avere mappe o guide in mano. ‘Sta sera vado avanti a leggere e domani ci riprovo. Domani però mi metto guida e mappa in borsa, che se è il caso vado in bar, prendo un caffé e mi oriento. Bisogna ben trovare un modo per convivere con il proprio brutto carattere. Tornando alla testa d’oro (Alla Testa d’oro era il nome della farmacia) sotto c’è scritto Theriaca d’Andromaco (fate un atto di fede, nella foto si vedono solo alcune lettere e vi assicuro che se non sapevo che cosa c’era scritto io lì non ci leggevo nulla) che era il nome di una sorta di medicina in grado di curare tutti i mali. Tra gli ingredienti di questo rimedio c’erano anche polvere di vipera, oppio, feccia di vino essiccato, polvere di testicolo di cervo, essiccato anche quello. C’erano tantissime cose, c’era chi la faceva con 45 ingredienti e chi con 60, e curava tutto, dalla peste ai morsi di cane. Funzionava così bene che l’esportavano anche in Europa, in Turchia e in Armenia. Poi dato che la storia mi aveva preso, dopo aver trovato la testa d’oro sono andata a cercare un posto dove dovevano ancora esserci i segni per terra di dove mettevano il calderone per preparare ‘sta pozione. Niente da fare, non li ho trovati. Ora ripasso e domani ci riprovo.

9 - colori

8 - sul suono dei nomi


Questa casa ha un buco nel centro e così dalla finestra davanti al bagno si vedono due finestre del corridoio e quella della cucina. Dalla cucina non si può arrivare davanti al bagno però, non è una casa con la forma di una ciambella quadrata ma quasi. La casa di sopra invece sì. Lì ci abitavano i miei bisnonni e quando venivamo a trovarli una cosa che piaceva tantissimo, a me e a mia sorella, era rincorrersi in quella casa perché c’era sempre una via di fuga. Quella cosa lì di rincorrersi però non piaceva molto alla mia bisnonna, Maria si chiamava. Quando lei diceva: bambine! capivamo subito che era il caso di smettere. Bastava sentire il tono, bastava sentire l’uso dell’italiano. Il mio bisnonno invece, lui si chiamava Emilio, ci lasciava fare più o meno tutto. Era sempre molto contento quando arrivavamo. Davanti alla loro camera da letto c’era un mobile con la vetrina e su un ripiano c’era una serie di campanelli. Quando arrivavamo una delle prime cose che facevamo era andare a guardare i campanelli, e lui apriva la vetrina e li suonava. A volte li faceva suonare a noi. Io non so perché, o forse lo so benissimo, ma se incontro uno che si chiama Emilio, beh, quello parte già con dei punti. Solo che è un nome che non si usa più, se ne incontrano pochi di Emili. Una volta ho detto a una mia amica che è un nome che mi piace e che secondo me uno che si chiama Emilio deve per forza essere buono, come il mio bisnonno. Lei mi ha fatto notare che è il nome di una sottospecie di giornalista e io le ho risposto che no, sembra lo stesso nome ma è un nome diverso quello di quello lì. Emilio, Emilio detto con il suono che sento io, è un nome bellissimo.

martedì 26 luglio 2011

7 - Latte spiona

Oggi mi sono fermata in un bar a prendere un cappuccino. Di fronte a me erano sedute due signore sui sessant’anni. Due amiche, erano andate a trovare un’amica comune che si era schiacciata le vertebre. Quando hanno finito di mangiarsi il tramezzino e di bersi l’acqua tonica che avevano ordinato si sono rimesse il rossetto, senza smettere di parlarsi, senza specchio. Era bellissimo stare a guardarle da dietro gli occhiali scuri, fingendo di guardare la chiesa alle loro spalle.

6 - la cosa più buffa vista oggi



però, a vederla qua non so se rende o se solo a me sembra che la scopa l'abbia in mano (zampa) il leone

5 - vita da gatti


Una delle prime parole che ho imparato, dopo le classiche prime parole, è stata micio. Ho sempre avuto un’attrazione per i gatti e quando da bambina ero qua era la disperazione di mia mamma questa mia mania di andare ovunque c’era un gatto (e qualunque fossero le condizioni fisiche del gatto che avevo visto). La prima gatta che ho avuto me la ricordo poco ma la seconda, che è vissuta con noi da quando avevo otto anni fino a quando facevo il terzo anno d’università me la ricordo benissimo. Eravamo inseparabili e spesso, anche se la cosa non era permessa, dormivamo insieme. Studiavamo anche insieme. Le piacevano molto i vocabolari. Non potevo aprirne uno che lei si piazzava sopra. E con che cuore la si poteva spostare? Allora le facevo i tranelli, se mi serviva quello di tedesco le aprivo quello di latino e aspettavo che si sistemasse, se mi serviva quello di latino le aprivo quello di tedesco. Si chiamava Miciolina, il nome l’avevo scelto io. Sempre avuto una gran fantasia, fin da bambina.

4 - sulle meraviglie

Chissà perché è pieno di mamme che si chiedono che cosa mangiano i figli (e le figlie), anche i figli (e le figlie) grandini oramai. Sarà l’istinto, sarà parte dell’essere mamma. Forse. Va tu a saperlo.

Mamma di Latte: che cosa hai mangiato?
Latte: a pranzo fondi, crudo e ciliegie, a cena pomodoro, mozzarella, pesca e yogurt. Lo sai che ‘sta mattina mi sono dimenticata di chiedere il prezzemolo, mi è poi venuto in mente che ero sotto casa e non avevo voglia di tornare indietro. Quando ho preso in mano il sacchetto dei fondi per metterli in acqua e limone, il prezzemolo era lì, nel sacchetto.
Mamma di Latte: di cosa ti meravigli? non si danno i fondi senza prezzemolo.
Latte: eh, non sono abituata, mi meraviglio per quello.





A volte basta guardare una cosa da punto di vista differente e ti sembra di non averla mai vista. E ci si meraviglia.

lunedì 25 luglio 2011

3 - una delle cose belle viste oggi

Una sera, sarà passato quasi un anno ormai, mia mamma mi ha detto che le piacevano gli angioletti della Salute, io le ho chiesto se erano nella chiesa e lei mi ha risposto che erano fuori, sotto la scala. Ma guarda, le ho detto, non li ho mai notati. Oggi mi è tornato in mente e li ho cercati. Non sono sotto la scalinata che porta alla chiesa son sotto i primi gradini, quelli che partono dal canale, ecco perché non li avevo mai visti. Son contenta che me li abbia fatti scoprire, ha ragione, son molto belli. Sono due, uno per lato.



Se per caso siete passati da quelli parti ‘sto pomeriggio sul tardi, verso le sette, sette e mezza e avete visto una, mezza distesa su un pontile con un braccio fuori dalla balaustra che cercava di fotografare un angioletto anche se in quella posizione non riusciva a vedere bene nello schermo, beh quella ero io. E adesso son quasi soddisfatta di quello scatto.

2 - una cosa brutta vista oggi


Mentre attraversavo il ponte dell’accademia mi è scappato un: Uh signuuur anche qui.
(bisognerebbe leggere l’esclamazione con accento bergamasco, è una u con la dieresi e anche luuuuunga).

domenica 24 luglio 2011

1 - cambio di repubblica marinara



Ho cambiato città, ho preso un treno anzi due treni e me ne sono venuta un po’ qua

e dopo essere riuscita a togliere l’aria dal tubo del gas e ad avere l’acqua calda e la possibilità di farmi un caffé sono andata a farmi un giro. Era nuvolo poi si è aperto il cielo, ma poco, tanto da far passare il sole del tramonto e sono cambiati di colpo i colori, come se i rossi, gli arancioni e i gialli saltassero su con forza. C'erano dei colori e una luce, una cosa stranissima, non riesco a descriverla, molto bella.


poi è andato a dormire (il sole) e tra poco mi sa che andrò anch’io ma prima mi finisco il bicchierino d’acquavite che è stata una bella scoperta dal momento che stavo solo cercando un bicchiere per mettere lo spazzolino in bagno.

sabato 23 luglio 2011

sulle belle cose che tornano in mente

Opera n. 45
C’era un professore a una conferenza che mentre parlava mi era venuta voglia di tirargli un sasso.
(Le opere complete di Learco Pignagnoli pag. 28)

(antefatto: giovedì mattina ero una dei fortunati che esponevano che cosa avevano combinato e che cosa stavano combinando in laboratorio ai membri di una commissione. Tra i commissari c’era anche un americano, che bravo è bravo, è innegabile, è bravo, ma sembra che esista solo lui. Tanto per dare un’idea prima che iniziasse la sessione nella quale c’ero anch’io ha detto: io son qui per lavorare, e mi sono dovuta mordere la lingua per non rispondere che chi mi conosce lo sa che non è che io abbia proprio un bel carattere. Poi nel pomeriggio sono andata a sentire il suo seminario. Bello, non si può dire che non fosse bello, ché bello era bello ma a sentir quel tono mi saliva su un nervoso che dovevo continuamente ripetermi: da domani sera sei in ferie.
e fatto: ‘sta mattina mi è venuta in mente una cosa che avevo letto, volevo rileggerla ma non mi ricordavo dov'era il libro, poi mi sono ricordata)

venerdì 22 luglio 2011

esponenziale

C’è la bellezza del venerdì sera, quando si ha ancora tutto il fine settimana davanti, integro, lungo più di due giorni. Magari un finesettimana senza impegni, pieno di tempo da riempire come meglio si crede.
C’è la bellezza dell’ultimo giorno di lavoro prima delle ferie. Quando ci si sdraia sul divano e si fanno progetti. E magari il primo è: domani decompressione. Non si fa nulla, o quasi, tutto il giorno.
Se le vacanze iniziano il venerdì sera l’effetto non è additivo, è esponenziale.

giovedì 21 luglio 2011

è sbocciato


un fiore di ibiscus. Giallo, bellissimo. Non speravo tanto. Se si guarda bene se ne vedono altri, molto piccoli. Secondo me ce la faranno. Era una pianta un po’ sofferente, un bel po’ sofferente. L’avevamo tolta dalla tomba di famiglia l’ultima volta che ci siamo passati. Era il 10. Mia mamma pensava di buttarla, avevamo portato delle piante nuove. Saremmo partiti subito dopo, insieme, io tornavo a Genova e loro andavano in vacanza. Invece l’ho portata a casa, Buttarla per buttarla tanto vale provare a salvarla, ho detto a mia mamma. E adesso uno dei due rami si è ripreso e mi ha regalato un fiore. Quando l’ho raccontato ‘sta sera a mia mamma era contenta.

mercoledì 20 luglio 2011

il fascino dei fili

… perché in un libro non è importante ciò che accade, ma come accade, per non parlare della lingua che descrive questo come. // e non serve niente saltare all’ultima pagina per vedere come va a finire, perché, è quasi un peccato dirlo, non importa come andrà a finire. Non è che tutti i fili della trama portano verso la conclusione e si ricongiungano in modo sorprendente e affascinante, sono piuttosto i fili in sé il fascino, ogni filo è importante, ma la fine non è importante, e la strada verso la fine che non è importante è importante.

(Volvo Erlend Loe pagg. 144-145)

martedì 19 luglio 2011

sulla stupidera

La stupidera è uno stato fisiologico e non patologico come molti erroneamente credono. La stupidera è un modo di reagire a periodi di stress ma non di tutti, solo alcuni soggetti reagiscono così e non sempre. Perché la stupidera arrivi ci devono essere nella stessa stanza (o in contatto vocale, va bene anche il telefono o altre diavolerie più moderne del telefono) almeno due soggetti portati a questo tipo di reazione. Studi recenti hanno dimostrato quanto questo modo di reagire sia salutare, non bisogna esagerare però (come in tutte le cose). È ormai assodato che i soggetti che sono in grado di avere e superare un attacco di stupidera sono statisticamente più tranquilli di quelli che non lo sono. Se non si è una persona soggetta ad attacchi di stupidera e se non si è mai visto un attacco di stupidera si può rimaner sbigottiti vedendone uno ma non c’è da sbigottirsi, c’è da ridere in compagnia e poi riprendere a fare quello che si stava facendo con un deciso miglioramento dello stato d’animo.

Esempio:
Oggi, saran state le tre e mezza del pomeriggio, due persone hanno avuto un attacco di stupidera molto forte. Se si passava di là si vedevano queste due persone, due donne di età differente una molto giovane (ha appena iniziato la calcificazione della clavicola) e molto bella anche, l’altra decisamente più su d’età e con evidenti segni di crollo fisico e psichico, letteralmente piegate in due dal ridere, con le lacrime agli occhi e con le braccia intorno alla pancia (ogni soggetto si teneva la sua di pancia, meglio precisare che le relazioni scientifiche devono essere dettagliate). Un’analisi distratta della situazione poteva far pensare che avessero bisogno d’aiuto e invece no, si stavano già aiutando a vicenda, a modo loro. Con un attacco di stupidera appunto. Un’analisi attenta della situazione e uno studio che ha permesso di ricostruire l’accaduto, hanno rivelato che il tutto era iniziato con un’incomprensione nata forse dal rumore di fondo che c’era nella stanza. La prima (quella giovane e bella) ha raccontato una cosa alla seconda e ha concluso dicendo: ma ti pare il caso? ricevendo dalla seconda la risposta: sì, ti fa bene all’ego. Allora la prima le ha chiesto: cosa devo allegare? Ecco, quello è stato l’innesco dell’attacco. E più una diceva: a elle elle apostrofo e gi o, più ridevano. Poi quando sembrava avessero ripreso il controllo della situazione, che l’attacco fosse passato, la bella delle due ha detto: sai che quando me lo stavi ripetendo io vedevo gli omini del Lego? E si muoveva a scatti proprio come gli omini del Lego che insomma, poverini, non è che abbiano dei movimenti molto sciolti. Lì è partita la fase più forte dell’attacco, quella che le ha portate a tenersi la pancia (cosa che a volte capita quando si ride molto anche se non si è ancora compreso del tutto il motivo di quel gesto ma questo non ci deve distrarre dalla stupidera). L’attacco è poi passato, così come era venuto, di colpo. è stato infatti risolto brillantemente da tutti e due i soggetti che hanno ripreso a lavorare, belle tranquille. Quasi.

lunedì 18 luglio 2011

'sta sera sì

Ho ancora due giorni per cercare di trovare un compromesso. Son pochissimi due giorni, non so se ci riuscirò e se non ci riesco dovrò scegliere se fare una cosa come voglio o farla come mi è stata chiesta di farla. A volte vincere alla lotteria, o al superenalotto, insomma non dover per forza lavorare semplificherebbe la vita. O per lo meno aumenterebbe la libertà. Penso. Ogni tanto, non sempre. ‘Sta sera lo penso.

domenica 17 luglio 2011

delle volte

Ci sono delle volte che vorrei essere uno dei gatti della mia mamma.
Non c’è altro da aggiungere, va bene così.

sabato 16 luglio 2011

in modo simpatico

Certe vote le cose si combinano il modo davvero simpatico, altre volte si combinano in modo meno simpatico, o per niente.

(Volvo - Erlend Loe - pag.45)

giovedì 14 luglio 2011

la scancello

È finito. Peccato. Quando leggo un libro che mi piace poi arrivare all’ultima pagina mi dispiace. Son fatta così, non posso farci niente. Poi però mi son tirata su perché tornavano delle pagine. Poi, dopo ancora, mi son detta: bon fumiamo la sigaretta della buona notte, e distrattamente ho preso D, l’inserto di Repubblica, e ho cercato il mio oroscopo. C’era scritto: libertà di entrare e uscire nell’amorosa pasticceria. Ma come si fa a scrivere una vaccata del genere? Ora mi porto il libro a letto e mi metto a rileggere pagine a caso. Non si può dormire con quella roba nella testa come ultima cosa letta nella giornata. È impossibile dormire bene con quella frase in mente. Ora vado e la scancello.

mercoledì 13 luglio 2011

un metro e un ...

C’è questa collega del laboratorio vicino a quello dove lavoro io che è un po’ pazza. Non sono l’unica a sostenerlo, siamo in tante (siamo quasi tutte donne a quel piano). A volte pensiamo che sia dovuto agli sbalzi ormonali a volte siamo dell’idea che sia proprio il suo carattere. Sta di fatto che oggi mi ha incontrato per le scale e mi ha benedetto. Io l’ho guardata sgranando gli occhi, ho provato a risponderle, lei è andata avanti a urlare e così l’ho lasciata urlare. Tornata al mio bancone ci pensavo. Più ci pensavo più mi saliva il nervoso. Non riuscivo a non pensarci, era un continuo: ma non è possibile farsi svalangare così senza ragione. L’ho raccontato alla mia amica C. e lei mi ha detto che se fosse capitato a lei l’avrebbe rivoltata. Poi, dopo neppure un’ora, C. mi dice: stai sorridendo, a cosa stai pensando? Il potere salvifico delle belle pagine, le ho risposto, nel libro che sto leggendo quello che io dico alta un metro e un tappo è scritto alta un metro e un righello. Pensavo che la pazza è alta un metro e un righello ma il righello devi aggiungerlo dal lato corto. Ecco, a pensare al metro e un righello e alla pazza mi vien da sorridere.

martedì 12 luglio 2011

la casa di Carlo Goldoni



chissà com'era dentro

i muli e una bergamasca

Appena si parla di ferie saltano fuori cose che devono essere fatte prima di prenderle. E sono tante. E sono quasi sicura che se non avessi deciso di andare in ferie anche quest’anno dall’ultima settimana di luglio in poi non sarebbero saltate fuori tutte. Ma io me ne faccio un baffo, anzi due e di latte (di che cosa se no?). Cerco di fare tutto ma rimango fedele alla mia idea di andare in ferie dall’ultima settimana di luglio. Oggi io e il mio team (io e me stessa medesima) abbiamo fatto tanta di quella roba che non so, mi tocca persino farmi i complimenti da sola e anche se chi si loda si imbroda, pace, ci imbroderemo (sempre io e il mio team). E domani ci aspetta una giornata che non so come ne verremo fuori. Pace, pian piano faremo tutto. E giovedì arrivano cinque campioni, bene, faremo anche quelli. E bisogna andare alla riunione, andremo. E passa la commissione scientifica il venti e il ventuno, bene, se saremo tra chi deve esporrete i risultati esporremo. Ma io il 23 voglio prendere un treno (lasciare a casa il mio team) e cambiare repubblica marinara. E sarà difficile, molto difficile, farmi cambiare idea. Le bergamasche sono delle persone tremendamente cocciute. I muli? I muli non sono niente cocciuti se il termine di paragone è una bergamasca. Provare per credere.

lunedì 11 luglio 2011

domenica 10 luglio 2011

sui traduttori

Ieri sera mia nipote mi ha detto che da grande, se non l‘hanno ancora inventato, vuole inventare un traduttore dal uccellese “Che poi metti del sonnifero nel mangime, e quando l’uccello dorme gli metti il traduttore che è come un collare. Poi, se schiacci un tasto quando si è svegliato, tu senti quello che dice e canta in italiano”. Io le ho detto che la trovo una bella idea e lei ha aggiunto: però non deve essere facile che gli uccelli non parlano tutti la stessa lingua.

sabato 9 luglio 2011

anche

sei anni fa il 10 luglio era domenica.

venerdì 8 luglio 2011

la pianta di velluto


Ho una pianta grassa che è figlia della pianta grassa del terrazzo dei miei, mia mamma ha fatto una talea perché sapeva che mi piaceva. La prima volta, tre anni fa, non ha preso e non ha superato l’inverno che sarà anche mite in Liguria però nevica anche qui. Poco, ma nevica. Me l’ha rifatta due anni fa, le ho fatto fare l'inverno in casa, ha preso. Io la chiamo la pianta di velluto, Daniele la pelosa.

Quest’anno la pianta di velluto mi ha regalato un fiore.
E potrebbe essercene un altro in arrivo.

giovedì 7 luglio 2011

sull'essere persone orribili

Sto leggendo Seppellitemi dietro il battiscopa, che per me è un gran bel libro. Non so se è stato per una pagina di quel libro o meno ma mi son ricordata di uno scherzo che mi aveva fatto mio fratello una volta che avevamo fatto una gita in montagna. Eravamo tutti e cinque, famiglia Ai Gomiti al completo con tanto di pranzo al sacco. Poi quando ci siamo fermati per mangiare mia mamma ha steso la coperta (sia mai che ci fosse dell’umido per terra) e ci ha messo sopra i panini incartati nella stagnola (protezione anti formiche), la bottiglia dell’acqua e i bicchieri di plastica rigida (non quelli che si usano solo una volta). Prima di mangiare abbiamo giocato un po’, io e mia sorella da una parte, mio fratello da un’altra. Quando ho scartato il mio panino ci ho trovato dentro, tra la stagnola e il panino, una cavalletta. Di quelle marroni, che secondo me fan più impressione di quelle verdi. Ho mollato un urlo che ancora adesso me lo ricordo, seguito da qualche lacrima più da nervoso che d'altro. Dal momento che la cosa non destava le reazioni desiderate, ho preteso (e ottenuto) che fosse lui a mangiarsi quel panino e io mi sono presa il suo. La cosa lo faceva solo ridere e anche i miei (che poi sono anche i sui) ridevano. Più ridevano più diventavo nervosa e così mi sono vendicata dicendogli: adesso per colpa tua non riesce più a saltare, guardala, le hai rotto una zampa. Era vero. Mio fratello ha smesso subito di ridere.
So essere una persona orribile. Son proprio portata. Si vedeva bene fin da quando ero nanetta.

Se vi state chiedendo come faceva a sapere che quello sarebbe stato il mio panino ve lo dico. Intorno alla coperta (ma sempre sulla coperta) si lasciavano i maglioni che funzionavano un po’ da segnaposto.

mercoledì 6 luglio 2011

un suono strano

A volte ci sono dei pensieri che appena li fai ti rendi conto di quanti anni hai.
L’altra mattina ero lì che aspettavo il verde per attraversare quando dall’altro lato della strada sono arrivati dei bambini, tanti bambini. Saran stati una trentina. E degli adulti, giovani. Saran stati in cinque. E hanno messo in bambini che erano appena scesi dall’autobus in fila per due. Ognuno doveva dare la mano a chi era in fila con lui. Molti ridevano e si spintonavano. Un adulto ha detto: se non la smettete subito, niente bagno. E io dall’altro lato della strada ho pensato: una colonia.
Non sentivo la parola colonia da tanto. Sento parlare di campi, di CRE, poi l’altra mattina l’ho sentita dentro la mia testa. Aveva un suono strano.

martedì 5 luglio 2011

una zia gorgogliosa

Ogni tanto mi distraggo e mi dimentico di fare delle cose che una zia dovrebbe fare. Non lo faccio per cattiveria è che proprio passano le date e io non mi ricordo. Mi è venuto in mente ‘sta sera mentre ero al telefono con mia mamma e così le ho chiesto se mia nipote aveva già ricevuto la pagella. Sì, mi ha risposto lei (e si sentiva sotto quel sì che c’era un: nanin siamo a luglio, sveglia) poi ha continuato, è stata molto brava, tre nove e gli altri tutti dieci. Quando ho messo giù ho provato a chiamarla, mia nipote, ma non c’era a casa nessuno. Le ho lasciato un messaggio.
Non sono una gran zia ma son molto gorgogliosa dei successi di mia nipote.

lunedì 4 luglio 2011

cosa dice una pallina di spugna blu

Davanti a noi ieri c’erano una mamma, un papà, una bambina di tre/quattro anni e una coppia amica della mamma e del papà della bambina. A un certo punto la mamma e la bambina si sono messe a giocare con una pallina di spugna blu. La bambina era sotto l’ombrellone, seduta su un materassino, la mamma al sole. Quando era la bambina a tirare spesso la pallina finiva lontano. Dopo un po’ la mamma ha preso la pallina in mano, l’ha accostata all'orecchio e ha detto: vuoi riposarti? Va bene, adesso ti metto nel cappello. E poi l’ha tirata alla bambina chiedendole di metterla nel cappello. La bambina l’ha presa, se l’è messa vicino all’orecchio e ha detto: sì, giochiamo.

domenica 3 luglio 2011

sul fare pipì in mare

In quella spiaggia se entri in acqua e fai tre passi l’acqua ti arriva al collo. Non tre passi nel senso di pochi passi, tre nel senso di tre: uno due e tre. Io nei mari così faccio fatica a fare pipì. Ho bisogno di toccare, non riesco a fare pipì e nuotare. A volte ci riesco se faccio il morto, ma bisogna che non ci siano troppe onde. Daniele mi prende in giro per questo. E così quando stavamo tornando verso riva, alla fine del bagno delle quattro mi ha detto: è andata meglio ‘sta volta? Io gli ho risposto: no. Bene, mi fa lui, portiamo tutto a casa, e a me è venuto da ridere. Ha funzionato.

bianca latte

Oggi ho fatto il primo bagno della stagione, il primo e poi anche il secondo a voler essere precise.
Siamo stati in una spiaggia libera attrezzata che c’è subito dopo Spotorno (e per evitare il grosso del traffico abbiamo puntato la sveglia alle sette. Di domenica, alle sette). è un posto che ha sempre l'acqua pulita (spero di non essermela tirata ora). Andiamo spesso là quando andiamo al mare insieme, è un giusto compromesso. Io amo la sabbia, lui gli scogli. Là c’è della ghiaia, in certi punti abbastanza fine. A me piacciono i bagni attrezzati, la mia resistenza senza ombrellone (ma quello vero non quelli di tela leggerissima che nelle città di mare si trovano anche dal cartolaio) è sotto l’ora, lui può dormire sotto il sole dell’una come se fosse la cosa più normale del mondo. Là c’è la possibilità di noleggiare un ombrellone e piantarselo dove si vuole (poi se lo riprendono loro la sera). Così capita spesso che andiamo là e dopo anni conosciamo quelli che lavorano al bar e al noleggio ombrelloni. Quando siamo arrivati ci siamo messi a salutare e quello degli ombrelloni guardandomi mi ha detto: Latte che bel colorino bianco latte che hai, guarda che siamo a luglio. Eh, gli ho risposto, per me è il primo giorno di mare. Poi prima di rimetterci in macchina ci siamo fermati a bere una birretta. Mi piace molto bere una birra fredda dopo una giornata di mare, alle sette, quando non fa caldo e c’è quella luce bellissima che anche se si hanno gli occhi chiari si sta bene senza gli occhiali da sole a guardarsi il mare. Eravamo lì a bere quando l’amico degli ombrelloni è venuto al tavolino: non ti sei impegnata molto oggi, ha detto. E poi ridendo ha aggiunto: comunque il contratto come sponsor della Parmalat l’hai perso.

sabato 2 luglio 2011

a grande richiesta

e come promesso, eccolo.



(é un po' un casino non lasciare anche Latte nella foto, davanti c'è una porta a finestra e diventa tutto un fatto di specchi... va beh, accontentiamoci)

venerdì 1 luglio 2011

un perché

Schiacciando sulla pancia di un geco (trovato su aNobii) compare: Amo le bestie perché non hanno la presunzione di farti capire a tutti i costi quello che pensano.