giovedì 28 gennaio 2010

1 a 1

Circa un mese fa ha suonato alla porta una poliziotto municipale di Bogliasco per consegnare una multa, non era mia anche perché io non ho la patente quindi è difficile che possa prendere una multa. Dovevo firmare per testimoniare l’avvenuta consegna e sbarrare una casella per indicare chi ero. Le possibilità erano: familiare (specificare) … , addetto alla casa o al servizio del destinatario, portiere dello stabile, delegato dal direttore del … , delegato dal comandante del (corpo e reparto) … Io ho guardato la poliziotto e le ho detto: non sono niente di questo, c’è una casella altro? Lei mi ha detto di no e poi mi ha chiesto chi ero. Le ho risposto che io e il destinatario della multa viviamo insieme. Lei mi ha detto di barrare familiare e io, che non ho un buon carattere, ho cancellato familiare e scritto compagna. Ieri le poste italiane hanno mandato una lettera a Daniele dicendogli che in data 23 12 2009, a causa della sua assenza, avevano consegnato una sua multa nelle mani della signora Latteaigomiti che si è qualificata come convivente. (Hanno dovuto cancellare anche loro familiare ma compagna non è passato. 1 a 1 e palla in centro)

mercoledì 27 gennaio 2010

alla fermata dell'autobus

- Domani è venerdì.
- No, guarda che domani è giovedì. Oggi è mercoledì.
- Sono sicuro. Domani è venerdì.
- Ma come venerdì?
- Ho sentito le previsioni, sono sicuro: domani è venerdì.

(sentito alla fermata dell'autobus)

martedì 26 gennaio 2010

mai spedita

‘sta sera stavo mettendo un po’ d’ordine nel mio computer (che poi vuol dire per lo più buttare via dei file) e ho trovato una lettera, mai spedita, che ho scritto il 27 ottobre 2007. L’ho riletta. Ero realmente molto arrabbiata quando l’ho scritta. Mi ricordo benissimo dov’ero quando l’ho buttata giù (su uno scoglio a Nervi, erano le due o le tre del pomeriggio e c’era un bel sole caldo), perché l’ho scritta (riuscire a dire a una persona che è un pezzo di merda ma in maniera educata e molto circostanziata), perché non l’ho spedita (il destinatario è un amico del mio fidanzato). Mi ricordo la fatica tornata a casa per trascriverla al computer, rileggerla, correggerla, rileggerla di nuovo, ricambiarla, rileggerla.
Sono contenta di non averla mai buttata, di non averla spedita, ma soprattutto che il pezzo di merda si sia trasferito a Milano e che quindi non ci sia più occasione di incontrarci per sbaglio. Io poi la lettera non l’ho buttata nel cestino, è ancora lì dov'era.

lunedì 25 gennaio 2010

i genitivi della contessa

‘sta mattina ero già bella seduta sull’autobus, avevo già tolto i guanti, controllato dopo quanti minuti sarebbe partito (la maggior parte dei 45 ha ormai un coso luminoso, subito sopra il posto di guida e lì si può leggere l’orario di partenza o durante la corsa il nome della fermata successiva), trovato il libro poi il punto dove ero rimasta quando l’autista si è alzato e ha detto: Signori, c’abbiate pazienza. Non c’è di gasolio, andate sull’autobus davanti. Naturalmente l’annuncio è stato accolto con una serie di mugugni e naturalmente anche i porco belino non sono mancati. A me veniva da sorridere, quel tipo genitivo partitivo mi mette di buon umore, mi piace così tanto che a volte lo uso e a volte mi scappa quando dovrei stare attenta a quello che sto dicendo. è proprio bello, rende bene l’idea: vado a comprarmi un pezzo di focaccia perché non ho di pane, oppure aspetta che prendo carta e matita ché non ho di memoria. Va beh, lasciamo perdere l’uso e l’abuso del genitivo partitivo e torniamo a ‘sta mattina, ecco ‘sta mattina pensavo: siamo a lunedì mattina dovremmo avere tutti grandi dosi di pazienza, la settimana non è ancora iniziata e poi se l’autobus davanti partirà all’orario in cui doveva partire questo dov’è il problema?
Poi alle tre del pomeriggio avevo già esaurito la mia scorta e un Mah porco belino è scappato. Una vera contessa.

venerdì 22 gennaio 2010

nomi

‘sta mattina ero a pagina 140 quando ho scoperto che Igino non si chiama Igino ma si chiama Inigo. Scoperto, non l’ho scoperto, l’ho solo letto per la prima volta com’era scritto. A me questa cosa, cambiare i nomi, capita moto spesso solo che poi quando me ne accorgo è troppo tardi. Cosa posso fare? Ormai hanno quel nome, come faccio a cambiare il nome a un personaggio a metà libro. Non posso, allora continuo con l’altro nome, quello sbagliato, ma dalla pagina di quella scoperta suona strano perché so che è un nome sbagliato.

giovedì 21 gennaio 2010

sottrazioni

Oggi è passata una ragazza che si è appena laureata e che vorrebbe venire a lavorare con me, abbiamo parlato un po’, mi ha fatto una buona impressione chissà che impressione le ho fatto io. Guardando il suo CV ho letto la data di nascita. Eh. Ora pensavo che la prima settimana di febbraio devo fare esercitazioni di laboratorio a degli studenti del terzo anno di medicina, così mi sono messa a far di conto. Ho concluso che, dal momento che tra me e mia mamma ci sono ventiquattro anni, potrebbero essere miei figli.

mercoledì 20 gennaio 2010

rattopernugo

Ieri andando a prendere il caffé ho visto che qualcuno ha fatto un disegnato con un pennarello nero sul muro del corridoio del sotterraneo, che è giallo, dell’ospedale dove lavoro, che è un ospedale pediatrico. È a altezza adulto e sembra anche un disegno fatto da adulto. A me ricorda un rattopernugo. Sembra la testa e la parte alta delle ali di un rattopernugo, le ali sono chiuse come quando dormono ma non è a testa in giù, come dovrebbe essere, è a testa in su come un cristiano (un cristiano molto brutto se assomiglia a quel disegno). Ci pensavo ‘sta sera che è voltato al contrario e così mi è venuto in mente che molti anni fa in camera di mio fratello era entrato un pipistrello piccolo e ci è rimasto una settimana. Io e mia sorella eravamo schifate della cosa e volevamo che la mamma e il papà lo scacciassero ma loro non ci pensavano minimamente a fare la caccia al pipistrello e a sentire poi anche le urla di mio fratello così eravamo giunti all’accordo che mio fratello, che aveva una stanza tutta sua, dormiva con la porta chiusa e io e mia sorella, tanto per essere più sicure, facevamo lo stesso. La mattina però andavamo a vederlo il rattopernugo, che allora chiamavo pipistrello, che dormiva tra il soffitto e la tenda a testa in giù.

martedì 19 gennaio 2010

autografi

‘sta sera ho ripreso in mano un libro, volevo rileggerne una pagina. Quella copia è autografata dall’autore e così mi è tornato in mente quel pomeriggio, ma non un ricordo vago, un ricordo chiarissimo, come se fossero passati pochi giorni. Cosa aveva letto, come ero vestita, come era vestito lui, il fatto che mentre leggeva dondolava (cambiando gamba d’appoggio) e che mi era venuto il desiderio di alzarmi, spostare la scrivania e dirgli: se preferisci camminare mentre leggi fallo tranquillamente che c’è spazio. E anche il fatto che per riuscire a fare una parte delle mille domande che avevo in mente, lo avevo avvicinato con la scusa dell’autografo (anche se voleva dire ricomprare il libro, perché io l’avevo già e l’avevo anche già letto, solo che non l’avevo con me). Di quella presentazione mi aveva avvertito poche ore prima il mio fidanzato e ci avevo pensato molto se andare o no. Mi piacevano troppo i sui libri, non sapevo se rischiare o meno. Poi sono stata molto contenta di esserci stata. Quello è l’autografo che più mi è caro. Quello che più mi è piaciuto è di un altro autore, avevamo parlato un po’ dopo la sua presentazione e quando gli ho chiesto se mi firmava la mia copia lui ha scritto: grazie per la “simpatia” e poi la firma.

domenica 17 gennaio 2010

persa tra le unità di misure perse

Ho appena finito un libro di racconti di Sholem Aleichem che s’intitola Racconti della Shtetl e che ha per sottotitolo Scene di vita ebraica in un’Europa scomparsa. Molto bello. Tutto quello che ho letto (non è molto) di questo autore mi è piaciuto. Quando un libro mi piace poi faccio fatica a metterlo giù e così lo sfogliavo e mi rileggevo frasi qua e là. In questo libro c’è un racconto, Metter su papere, che finisce così: Ah, le donne sono una razzaccia, veramente. Non bisogna dargli nessuna considerazione. Ecco qui quello che ho fatto: ho mescolato assieme tutto quello che Dio manda sulla terra, fegati, penne e neve dell’ultimo inverno. Lo sapete? La donna fu fatta con nove staia di chiacchiere. La storia che vi volevo raccontare la metterò da parte per un’altra volta”. Anche se il senso della frase si capisce benissimo, dal momento che sono ignorante, ho cercato a quanto corrisponde uno staio.

Lo staio (pl. staia) è una misura di capacità per cereali ed aridi (grani ecc.), con il medesimo termine viene indicato anche il contenitore a forma cilindrica con il quale venivano effettuate tali misurazioni. Lo staio tradizionale in Italia corrispondeva generalmente l'ottava parte del moggio. Lo staio andava dai circa 20 litri dell'Italia nord occidentale (17,77 ad Alessandria, 18,27 a Milano) passando per i 35 litri di Cremona o, per esempio, ai 47,04 di Parma e i 63 litri di Modena, giungendo agli 83,317 litri di Venezia (dove peraltro era 1/4 del moggio). Così come il moggio, anche lo staio, era usato anche come misura di superficie, intendendo almeno in linea teorica la superficie che poteva essere seminata con uno staio di grano. Corrispondeva generalmente a 12 tavole, ed era usato in quelle zone dell'Italia settentrionale in cui non era usata la pertica superficiale per la misura dei campi. Generalmente otto staia formavano un moggio, mentre sei staia formavano una biolca. Nei territori della Provincia di Brescia e di Castiglione delle Stiviere, lo staio definiva l'unità di misura del peso usata per il commercio della calce.

Poi, dal momento che c’ero, sono andata a cercare anche moggio, pertica, tavola, biolca e mi sono persa. Chissà a quanto corrispondeva in quella zona uno staio.

mercoledì 13 gennaio 2010

tris

Oggi guardando il pavimento dell’ingresso, che è alla genovese, mi è venuto in mente che una bambina di otto anni qualche giorno fa mi ha detto: su questo pavimento si può giocare a Tris. Un Tris grandissimo. Da lì a lì, a lì, a lì. E nel frattempo col le braccia delimitava un tre per tre. Abbiamo deciso che la prossima volta che viene a trovarci porta dei cerchi e delle croci grandi, fatti di carta, li prepara lei e ci proviamo a giocare a Tris, sul pavimento.

martedì 12 gennaio 2010

risultato inatteso

materiale: carote, patate, cipolla, ricotta, sale e pepe q.b., una persona distratta e fondamentalmente disordinata.
metodo: far bollire carote patate e cipolle, tagliarle a pezzetti e frullarle il tutto. Aggiungere sale e pepe a seconda dei gusti (se vi manca la voglia c’è una passata a lunga conservazione della Knorr, è in una confezione di tetrapak e si trova in tutti i supermercati). Dividerla in due porzioni. Una la riscaldate subito e ci aggiungete del formaggio. L’altra, sempre aggiungendo formaggio la mettete in gavetto di quelli che tengono bene i liquidi.
risultato: una volta tanto mangiate qualcosa di sano che dopo lo strafogamento dei giorni natalizi ci sta anche bene.
risultato inatteso: portate sul lavoro la porzione rimanente, tanto c’è un microonde che si usa solo per alimenti e potete scaldarvela, ci penserete la sera a cucinare qualcosa di più gustoso e meno salubre. Ve la gustate mentre cercate di non rovesciarla sulla tastiera del computer, chiudete per bene il gavetto e andate a completare il pranzo con caffè e sigaretta (questa solo se siete fumatori). Tornati vi rimettete a lavorare aprite un quaderno, di quelli grandi ad anelli, e lo posate sul sacchetto del gavetto. Dopo quattro giorni vi rendete conto che già la scrivania è piccola così incasinata poi sembra ancora più piccola. Ritrovate il gavetto (l’esperimento viene molto bene se la passata la portate venerdì e ritrovate il gavetto martedì), lo portate a casa e quando lo aprite per lavarlo scoprirete che avete trovato il modo di fabbricare una bomba chimica.

lunedì 11 gennaio 2010

problemi con internet

Io a volte lascio la pazienza e la testa da qualche parte e sbuffo, ma forte. Mi piacerebbe anche saperlo dove le lascio così poi, se mi va, so dove andare a riprendermele. Non so se lo scoprirò mai però. Questo pomeriggio, sul lavoro, avevo problemi con internet. Mi connettevo, guardavo una pagina poi, appena la cambiavo, si disconnetteva. All’inizio non mi sembrava un gran problema e mi ricollegavo poi è diventato un problema perché stavo per finire la pazienza e anche perché ho iniziato a far casino con la password. Noi abbiamo una password per collegarci e se non usiamo internet per un po’ ci disconnettono in automatico, a volte sono lì che leggo un articolo, magari non lo capisco bene e vado lenta, poi voglio caricare la pagina dopo e non va più. La password, è inutile che c’ingannino con altri motivi ché noi lo sappiamo benissimo, siam mica nati ieri, l’altro ieri, è diverso l’altro ieri da ieri, molto diverso, la password dicevo serve soprattutto per rintracciare chi va dove. La mia password è lunghissima, per i miei gusti, sono i cinque numeri del cartellino, punto esclamativo, le prime due lettere del cognome, la prima minuscola la seconda maiuscola, le prime due lettere del nome, ‘sta volta la prima maiuscola e la seconda minuscola, di nuovo punto esclamativo e per finire il numero tre. Ecco, oggi scaricavo roba che mi serviva per lavorare (non stavo cazzeggiando in giro cosa a volte faccio anche se loro mi possono vedere) e ogni due per tre perdevo la linea e dovevo di nuovo connettermi e scrivere cognome nome, quella lunghissima password e ricercare la pagina. Dopo un po’ ho perso la pazienza. E poi ho peso anche l’attenzione e allora mi capitava di mettere la password della posta, o quella della libreria di aNobii o quella per entrare in questo posto e lì è arrivato anche lo sbuffo. Ma forte, facevo proprio rumore, buttavo fuori aria con forza e dicevo un uff contemporaneamente, un uff che si sentiva proprio bene. Poi all’ennesima volta che sullo schermo è comparsa la scritta: L’applicazione Safari si è chiusa inaspettatamente. Il sistema e le altre applicazioni non sono stati toccati. Vuoi inviare ad Apple un resoconto del problema? e sotto due caselle una con scritto Invia resoconto e una con scritto Annulla già bella evidenziata ché anche loro lo sanno già che non voglio inviare un resoconto, io voglio che la linea funzioni e lavorare più o meno in pace ecco quello, per me, è stato il momento giusto per alzarsi andarmene a prendere un caffé. Perché quello che si dice sul caffé è una bugia, è qualcosa di falsissimo, il caffé calma non è vero che agita. Se vi capita qualcosa di simile, date retta a me andate a prendervi un caffé dopo aver segnato su un foglietto che cosa stavate facendo e poi quando tornate belli calmi dal caffé fate dell’altro e continuate il giorno dopo che è meglio. Per voi e per chi lavora vicino a voi.

sabato 9 gennaio 2010

spettacolo delle otto

Una delle cose più belle dell’andare al cinema allo spettacolo delle otto è tornare a casa con la voglia di mangiare un panino col crudo. E farselo. E mangiarselo.

venerdì 8 gennaio 2010

solo qua

Solo qua può succedere. Oggi davano allarme neve. È da ieri che bombardano con scritte Allarme Neve in tutte le vie. Così tutti hanno iniziato a lamentarsi, che liguri sarebbero senza lamento? La gente guardava il cielo aspettandosi chissà che cosa già da ieri pomeriggio. Ognuno diceva la sua, c’era chi sentiva l’aria da neve, c’era chi vedeva colori strani in cielo. Poi hanno deciso di chiudere le scuole e mettere in allarme anche l’aeroporto. E così altri mugugni perché dove si mettono i figli se si deve andare a lavorare e si sono appena fatte le ferie? Come si raggiunge il posto di lavoro se gli autobus, che sono sempre in ritardo di loro, accumuleranno altro ritardo? Ci mancava solo l’assalto ai supermercati e poi c’era proprio tutto. Io intanto incrociavo le dite che avevo messo a crescere dei batteri ieri sera e dovevo per forza andare a toglierli ‘sta mattina che se no buttavo via anche del lavoro fatto a dicembre e non mi sembrava un bell’inizio e poi avevo anche la visita dal medico alle 12, ché bisognava darle gli esami e fare il piano d’azione della prima metà dell’anno, e quindi avevo anche un bel avanti e indietro a metà giornata. Non è successo niente, come diceva il sito che guardo quando voglio andare al mare e in altre rare occasioni, non è successo nulla: acqua e vento, come spesso succede d’inverno, ma niente neve. ‘Sta sera dall’autobus ho visto un cartellone nuovo, di quelli pseudopolitici: c’era scritto La Liguria merita di più. Di la tua su 3w.mugugno.tv. Solo qua si possono vedere certe cose. Di cosa mi meraviglio se poi mi capita di ridere sull’autobus, da sola.

giovedì 7 gennaio 2010

C.S.D.

Anno nuovo usanze vecchie. C’è una mia collega che inizia spesso le frasi con “Ci sarebbe da”. Non è un gran inizio ma non è neppure troppo orrendo. È che quel particolare Ci sarebbe da in realtà significa Devi. Uno dovrebbe aver un po’ più di coraggio quando parla, mi sembra. Comunque il punto non è questo, questo è una specie d’introduzione. Il punto è che oggi la mia amica C. ed io abbiamo aperto il regalo di natale che ci ha fatto Apez* una nostra amica e sigh ex-collega (che io sono molto contenta per il lavoro nuovo che ha trovato ma molto triste perché oggi era il primo giorno senza di lei in lab e mi manca già molto ché abbiamo lavorato insieme per otto anni). Tornando al punto, le istruzioni erano che C. ed io dovevamo aprirlo insieme, quindi C. doveva essere tornata dalla Spagna e io dalle lunghe ferie invernali, e che non doveva essere presente chi dice “Ci sarebbe da”. È una lavagna, con tanto di gessi e spugnetta, c’era scritto: lavagnetta dei C.S.D. (e ‘sta mattina avevamo già ricevuto un CSD a testa, uno C. e uno io). Io lo so già che se domani sento “Ci sarebbe da” devo a) evitare di guardare C. b) concentrarmi su qualcosa di molto triste.
Ora vado a fare un cordoncino per attaccare il gesso alla lavagna e metto anche un chiodo in borsa, magari nel portafoglio che è meglio.

*Apez viene dal fatto che lavora operosa come un’apetta operosa.

mercoledì 6 gennaio 2010

Logica

Latte: Cosa hai fatto oggi?
R: Sono andata agli autoscontri e c’era un bambino un po’ ciccione e abbiamo fatto lo scontro e poi avevo mal di schiena. Ma ora è passato.
Latte: Eh, succede quando si va agli autoscontri.
R: Certo, se non si chiamerebbero autoscontri-senza-scontri.
Latte: :D hai ragione.

befana

I am happy to report that the manuscript was favorably received and, provided an appropriate revision is prepared, can be accepted for publication.

(La befana mi ha mandato questo regalo, trovato oggi nella casella di posta. E non chiedono neppure la luna, come revisione)

martedì 5 gennaio 2010

saper vedere

‘sta mattina sono andata alle poste per pagare la bolletta della rumenta e poi alla mostra fotografica Russia di Henri Cartier-Bresson. C’erano degli scatti molto belli, è proprio bravo. Non parlo solo di inquadrature, luce, tempi d’esposizione e tutte quelle cose che non conosco anche se ho un padre e un fratello che fotografano bene e per osmosi a forza di sentirli parlare dovrei aver imparato qualcosa, parlo soprattutto della capacità di saper vedere. Di tutto quello che c’è prima del talento e della tecnica.

lunedì 4 gennaio 2010

Lech lechà / Lech le-chà

Vattene dalla tua terra natale
e dalla casa di tuo padre
verso la terra che io ti mostrerò

Sento risuonare dentro di me tale esortazione contraddistinta dall’ambivalenza sublime dell’ebraico biblico. Le sue prime parole, che designano l’intero paragrafo di questa celebre parashà, sono inequivocabili: Lech lechà! // Lech lechà si traduce “Vattene!” // Ma suddividendo le sillabe, in ebraico quel Lech le-chà significa ugualmente “Vai verso-te-stesso”.
Vattene! = Va verso te stesso. Non potevo sperare in un un espediente linguistico più felice per trasmetterci la visione dinamica dell’identità: solo andandocene via dalla casa del padre andremo davvero incontro a noi stessi.

Scintille Gad Lerner

domenica 3 gennaio 2010

Pokemon in giardino

Io ho provato a capirci qualcosa ma non ho capito nulla dei Pokemon, più mi spiegava meno capivo. È una cosa complicatissima il mondo dei Pokemon, forse l’unica cosa che ho capito è come fare gli abbinamenti delle carte con il personaggio che evolve, ma non son mica sicura che ci riuscirei senza un bambino paziente che mi dice dove guardare. Ho giocato anche per la prima volta con un giochino elettronico di un giardino. Si dovevano coltivare fiori e c’era anche un orto. Fino a che ci giocava lui mi sembrava tutto facile, quando me l’ha messo in mano e ho provato io ho fatto dei disastri niente male, allagavo coltivazioni, mettevo le piante fuori dal vaso, non toglievo bene la terra dalle radici prima di rinvasare, seminavo quando soffiava il vento. Io la scritta: perfetto non l’avevo mai. Io spesso avevo: impegnati di più, puoi fare di meglio. Poi però ho preso un ottimo piantando delle carote e ho deciso che bon andava bene così, era arrivato il momento giusto per ritirarmi.

sabato 2 gennaio 2010

aggiornamento

Il poncho è venuto bene (anche se chi si loda si imbroda è proprio così). Con la lana avanzata ho fatto una copertina per Cato, va beh ci sono anche delle righe di altri due colori ma solo perché tutta bianca era un po' troppo femminile e poi ci stanno bene quelle righe rosse e grigie. Che soddisfazioni che mi dà quel gatto, appena l'ho messa per terra ci si è disteso sopra e ha fusato, ha capito subito che era sua e io che ogni tanto dubito della sua intelligenza e gli dico che è un gattotonno. Solo che non ho ancora saldato i fili, pace, lo farò appena la lascia per andare a mangiare.

venerdì 1 gennaio 2010

modena è piccolissima

Non sono superstiziosa, però, tant’è … oggi faccio solo cose che mi piacciono ché se mai fosse vero poi allora capiterà che le faccio tutto l’anno. Così, anche se è una settimana abbondante che l’ho comprato, l’ho letto oggi. E devo ringraziare i miei due amici librai che quando ho visto il prezzo non ero mica tanto sicura di prenderlo senza vederlo e trovarlo a Genova non ci riuscivo. Loro, che sono gentili, lo hanno ordinato e poi quando sono passata mi hanno fatto la sorpresa e detto: Latte, senza impegno, se t’interessa lo prendi se no lo teniamo noi e se non lo vendiamo facciamo reso. Io me lo sono guardata un po’ in libreria lì da loro e ho deciso di portarmelo a casa e loro, che sono veramente gentili, hanno fatto finta che fosse uno dei libri della lista dei libri di Natale (ché avevano fatto questa cosa bellissima: tu gli mandavi una mail entro il 18 con i titoli dei libri che avresti comprato a dicembre e loro te li scontavano del 15 e non del 10 come mi fanno di solito). Ho fatto proprio bene a prenderlo ché è un gran bel libro e ora mi è venuta voglia di vederla quella città. Ho provato a vedere quanto ci si mette col treno a fare Genova-Modena, tre o quattro ore, a seconda che si passi da Piacenza o che si debba andare a Milano. Lo so che non bisognerebbe fare propositi sull’onda dell’entusiasmo ma mi sa che quando si allungano le giornate, io, un fine settimana lì me lo regalo.